Il giudizio universale secondo Jorge R. Pombo: dialogo con Michelangelo tra dissolvenza, uguaglianza e inclusione

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By Matteo Pacini

Nella suggestiva cornice di villa da Porto Barbaran, a Montorso Vicentino (VI), dal 2 al 31 marzo sarà in mostra uno dei quadri a olio più grandi della storia recente: composta di 13 pannelli di 3 per 3, e 3 per 6 metri ciascuno, l’opera ha una superficie totale di 180 metri quadrati di pittura, l’equivalente di una palazzina di 5 piani.   

Si tratta della rivisitazione in scala 1:1 del Giudizio Universale di Michelangelo realizzata dall’artista spagnolo Jorge R. Pombo, primo passo per il compimento di un ambizioso progetto pluriennale volto all’esecuzione di una variante “in dissolvenza” dell’intera Cappella Sistina.  

Realizzata, in questa prima fase, con la collaborazione di pittori non professionisti provenienti da situazioni disagiate, la mostra si inserisce nel contesto del Movimento Arte Etica, curato dal 2016 da Sandro Orlandi Stagl e ARTantide Gallery di Verona. 

Il Giudizio Universale è uno dei concetti fondamentali della religione cattolica. Sarà il premio o la condanna, il Paradiso o l’Inferno, ciò̀ che ognuno riceverà da Dio dopo la morte. Il tema, un classico dell’iconologia cristiana, ha dato vita a innumerevoli interpretazioni artistiche, ispirando capolavori dalla rappresentazione apocalittica e drammatica, caratteristiche a cui la variante di Jorge R. Pombo di certo non si sottrae. 

Commissionato da papa Clemente VII a Michelangelo Buonarroti nell’anno 1534, il Giudizio Universale fu inaugurato nel 1541 e divenne ben presto l’affresco più grande al mondo, arrivato ai giorni nostri superando guerre, terremoti e censure, come quella che, alla morte del Buonarroti, vide impegnato Daniele da Volterra per ricoprire gran parte delle nudità dei personaggi, commissione che valse al Volterra il soprannome di Braghettone.

Carico di tutti i significati insiti nel concetto di Dies irae, con il crollo delle certezze che ha caratterizzato il XX secolo, il Giudizio non è più visto un evento che ci attende, è piuttosto l’occasione per un’incessante quotidiana revisione di ogni nostra azione, almeno così dovrebbe essere, nella consapevolezza che le religioni altro non sono che percorsi direzionati verso la stessa meta. “È possibile che Dio esista” sostiene R. Pombo “e, se così fosse, sarebbe troppo umano e mediocre pensare che ce ne sia uno per i cristiani, un altro per gli ebrei, un terzo per i musulmani e via dicendo”.

“Affrontare il prossimo con la convinzione che un cammino sia più degno dell’altro significa andare nella direzione sbagliata” e, consapevole dell’urgenza di attualizzare un concetto antico, R. Pombo si misura con Michelangelo attuando una dissolvenza delle forme (foto Fabio Fantini)  che, attraverso la cancellazione dell’identità dei personaggi, li rende ancora più universali, “così che chiunque professi una religione diversa dal cristianesimo possa identificarsi con la scena e sentirla propria”, sostiene sempre l’artista. 

Unico artista vivente scelto nel 2018 per esporre le sue opere alla cinquecentesca Scuola Grande di San Rocco di Venezia, Jorge R. Pombo ha scelto di vivere in Italia per seguire le orme dei grandi maestri del Rinascimento. Lo accomunano al grande genio fiorentino una sconfinata ambizione e un’interiorità tormentata che gli fa temere, più che il “giudizio di Dio” o il confronto con Michelangelo, il proprio giudizio nei confronti di sé, sulla riuscita di un progetto tanto ambizioso, sul suo filtro espressivo e sulla soggettività del suo codice. 

“Una volta copiata, lascio l’opera sul pavimento inondandola con litri di solvente che ne scioglierà i contorni e libererà le forme dalla loro funzione narrativa. Nei miei quadri non c’è neanche un gesto che sia mio, nessuna delle macchie fluide che formano il Giudizio Universale sono soggiogate dai miei criteri; è un dipinto autodeterminato, provoco gli incidenti e li accompagno” 

Il progetto tiene conto, inoltre, di uno dei temi più urgenti della nostra contemporaneità, uno sguardo alle categorie fragili e all’inclusione poiché, grazie all’aiuto del Comune di Reggio Emilia, l’Agenzia USL e la Caritas, l’artista si è avvalso dell’aiuto di pittori d’eccezione cercando la collaborazione di gente esposta all’intensità di una “vita irregolare”, e di conseguenza a rischio di esclusione sociale, offrendo loro un regolare contratto di lavoro. 

“Ho contattato Adem (tunisino, 19 anni), Ray (ghanese, 35 anni) e Mirka (italiana, 49 anni). Tre persone con un percorso di vita complesso, per periodi abitanti della strada e testimoni del lato oscuro dell’esistenza, che io, come la maggioranza delle persone a me vicine, abbiamo visto solo nei film. Tra chi l’ha dipinto ci sono cristiani, musulmani, atei, e chi crede in energie che non necessariamente si chiamano Dio, e comunque abbiamo potuto collaborare condividendo un obiettivo pacificatore”. 

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