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A sessant’anni dalla sua scomparsa, Giorgio Morandi (Bologna 1890 – 1964) continua ad esercitare la sua influenza sull’arte contemporanea. Esistono innumerevoli progetti scaturiti dall’urgenza di confrontarsi con il grande maestro bolognese, che sfugge alle classificazioni del modernismo e delle avanguardie storiche, non può essere ricondotto al Futurismo o alla Metafisica e tanto meno alla pittura informale.
L’artista non ebbe mai un vero atelier, al contrario viveva e lavorava in uno studio-appartamento, circondato dall’arsenale delle semplici cose che abbiamo imparato a conoscere grazie alle numerose nature morte e i lasciti del suo studio in Via Fondazza: brocche, bottiglie recipienti, utensili da cucina, scatole e libri. Sono proprio questi oggetti i protagonisti delle reinterpretazioni fotografiche offerte da Mary Ellen Bartley e Joel Meyerowitz. Dietro alla loro apparente semplicità possiamo cogliere lo sguardo meticoloso e mai superficiale di Morandi. Di primo acchito, i quadri del pittore felsineo potrebbero essere etichettati come banali dettagli domestici, ma prestando maggior attenzione è impossibile non cogliere l’atmosfera pacata e sospesa che circonda gli oggetti raffigurati, l’incredibile cura nella scelta delle tonalità, nella resa chiaroscurale, nella disposizione e nell’incastro dei volumi. È una pittura riflessiva e riservata quella di Morandi, un universo visuale intimo da preservare con cura, difficile da interpretare e riprodurre senza profanarne la delicatezza o intaccarne l’armonia compositiva.
Le serie fotografiche, esposte come parte dei cinque progetti speciali dedicati al pittore nel programma di Art City 2024, sono riuscite a restituire a pieno l’approccio del maestro agli oggetti comuni, allo spazio e al colore. Rigorosi e perfettamente composti, i suoi dipinti individuano geometrie elementari come cubi, cilindri, sfere e triangoli dove si manifestano visibilmente le qualità innate di queste forme semplici.
“Morandi’s Objects” è un progetto fotografico realizzato da Joel Meyerowitz, a cura di Giusi Vecchi e visitabili dal 30 gennaio al 25 febbraio 2024 a Palazzo d’Accursio, capace di introdurci nell’universo oggettuale di Giorgio Morandi presentando una selezione di 18 scatti che omaggiano il pittore riproducendo in still-life alcune sue opere.
La serie nasce nel 2013 quando Meyerowitz ebbe l’opportunità di aver accesso da prima alla casa di Paul Cezanne ad Aix-en-Provence e poi nel 2015 alla stanza-studio di Casa Morandi, dimore dove sono conservati gli ambienti di lavoro di cui i pittori disponevano e i tavoli su cui organizzavano le loro nature morte. Il percorso intrapreso dal fotografo scaturisce dalla necessità di fornire un catalogo degli oggetti che i due artisti hanno utilizzato nel corso delle loro carriere, mostrando al pubblico e agli esperti quanto possono essere interessanti le cose, le forme, umili e basiche da cui hanno tratto ispirazione.
Meryerowitz ha pazientemente catalogato con 700 fotografie, rigorosamente scattate con luce naturale, tutti gli oggetti conservati nello Casa Morandi lasciandosi guidare dai fiori secchi, i pigmenti colorati, le ciotole, i vasi e la carta lasciata dal pittore sul muro, ormai fragile e ingiallita dal tempo. Seduto sullo stesso tavolo del maestro, l’artista instaura un confronto dialettico osservando l’esatta scena che era stata osservata in precedenza da Morandi con uguale inclinazione luminosa. Joel Meyerowitz ha ripreso le scene tanto amate e riprodotte dal maestro con un’accuratezza quasi pittorica. Queste immagini sono veri e propri ritratti, nei quali le cose sono animate da una propria volontà espressiva che valica quella dell’artista. Sembrano esercitare un potere su chi guarda, che non può che essere incantato dalla pacifica e allo stesso tempo energica presenza dei colori caldi, avvolgenti, perfettamente armoniosi tra loro eppure rigorosamente divisi per toni e contrasti, in una sorta di tonalismo che è solito appartenere esclusivamente alla pittura.
Il percorso di ricerca condotto dal fotografo statunitense è confluito nel volume “Morandi’s Objects” pubblicato da Damiani nel 2015, nelle cui pagine viene esaltata la forza espressiva di ogni singolo oggetto, rivelandone le singolarità e il magnetismo che hanno affascinato Morandi. Da un certo punto di vista simile e dall’altro completamente differente, l’analisi condotta da Mary Ellen Bartley durante il progetto “MORANDI’S BOOKS” assume una posizione più intima e sottile mettendo a fuoco un altro amore dell’autore bolognese: quello per i libri. Volumi e parole che hanno occupato gran parte dell’esistenza di Morandi, lettore vorace capace di collezionare e sottolineare un’incredibile quantità di manuali di storia dell’arte dedicati ai grandi maestri della pittura come: Piero della Francesca, Rembrandt, Ingres, Corot e Cézanne.
Bartley realizza una serie fotografica costituita da sue personali composizioni costruite con i libri appartenuti a Giorgio Morandi, anch’essi conservati nella casa-museo di via Fondazza. Le opere esposte sono nature morte fatte di carta, divenute nelle mani della fotografa muti interlocutori dei dipinti di Morandi che abitando le inquadrature affianco di oggetti e scatole di latta rinvenuti nella biblioteca personale dell’artista e rispolverati per riconquistare uno spazio, quello dell’inquadratura, che ne valorizza la misurata dignità estetica e l’intrinseco valore formale.
La fotografa newyorkese mette in mostra la stessa cura verso le cose semplici amate da Morandi. Bartley si spinge oltre alla riproduzione fotografica delle nature morte attraverso i libri, aggiunge al perfetto incastro di volumi e bilanciamento dei colori, tipici della pittura morandiana, elementi di collage sovrapponendo ritagli di carta e di glassine invecchiate simili a quelle che rivestivano i volumi nella libreria del pittore alterandone la profondità spaziale e stratificando i livelli competitivi ed interpretativi. Questi accorgimenti diventano filtri utilizzati per modulare la luce e confondere gli oggetti fondendo le loro forme che oscillano tra ciò che sta di fronte e ciò che si cela sullo sfondo.
Le immagini lasciano intravedere i titoli dei manuali tramutandoli in indizi lasciati dall’artista per avvicinare lo spettatore a Morandi. Dietro a questo intervento artistico è evidente un profondo studio dell’attività del pittore, reso manifesto dalle scelta di Bartley di usufruire della sfocatura come strumento estetico evocando le atmosfere sospese e le modalità addottate da Morandi negli ultimi anni della sua vita, in particolare nell’acquarello. Le caratteristiche stilistiche dell’autore sono state rispettate nel minimo dettaglio concorrendo a restituire luci, colori e geometrie tanto cari a Morandi, per comunicare ed evidenziare quei valori di semplicità, pace, silenzio, meditazione e ordine apprezzati dal pittore e sempre più rari nella società attuale.
La mostra «Mary Ellen Bartley: MORANDI’S BOOKS», fruibile dal 30 gennaio al 7 luglio 2024 presso il Museo Morandi, presenta anche un video girato dalla stessa fotografa e realizzato per raccontare il percorso e il dialogo sviluppato dall’artista con l’opera e gli averi di Giorgio Morandi, mostrando l’esperienza vissuta e il modus operandi utilizzato nel corso della sua ricerca.
Il progetto si inserisce in una pratica espositiva collaudata ormai da anni dal museo, che coinvolge artisti contemporanei mettendoli in relazione con la produzione di Giorgio Morandi allo scopo di ribadire il ruolo fondamentale assunto dall’autore nell’immaginario artistico internazionale, nonché il suo ascendente sulla cultura visiva globale.
L’esposizione è affiancata da un catalogo bilingue italiano/inglese edito da Danilo Montanari Editore, con testi a cura di Alessia Masi e Lorenza Selleri, arricchito dalla riproduzione di tutte le fotografie in mostra.