Veneziano in Germania: Difficile essere santi al giorno d’oggi

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I suoi personaggi più iconici ci sono tutti. Ecco Pippo, triste e desolato, un istante dopo aver ammazzato Topolino; ecco Spiderman, nell’improbabile ruolo di buon padre di famiglia, con a fianco l’altrettanto improbabile moglie, una Wonder Woman sovrappeso, portare in passeggino un piccolo Spiderboy. Ecco Batman baciarsi con Spiderman, così come, in un altro quadro, fanno Catwoman e Wonder Woman. Ecco Trump sventagliarsi un colpo di phon sul suo famoso parrucchino, e Cappuccetto Rosso – udite udite! – farsi praticare un cunnilingus… indovinate da chi? Nientemeno che dal lupo cattivo! (e il titolo, va da sé, è In bocca al lupo).

Giuseppe Veneziano, In bocca al lupo, 2018.

Stiamo parlando di Giuseppe Veneziano, la cui ultima mostra, dal titolo “Being Holy Nowadays” (“Essere santi al giorno d’oggi”), appena apertasi in Germania, a Monaco di Baviera, presso la galleria LaArt, ripropone molte delle sue opere più celebri, che nel tempo gli hanno valso di volta in volta fama, ammirazione, articoli sui giornali di mezzo mondo, ma anche scandali, polemiche roventi e persino editti, censure e interrogazioni parlamentari: come quando, nel lontano 2006, dipinse una delle sue opere rimaste più celebri (dal titolo Occidente), che rappresentava la testa di Oriana Fallaci, giornalista di lungo corso dal mordace piglio toscano, divenuta in vecchiaia veementemente anti-islamica al limite della xenofobia, decapitata e grondante sangue, prefigurando certe oscene pratiche di decapitazione trasmesse in diretta TV targate Isis: opera che, esposta in una galleria a Milano, suscitò le veementi proteste della Lega, con tanto di presidi, picchetti e volantinaggi davanti alla galleria che la ospitava, nonché un’interrogazione parlamentare (e lui, con aria innocente, a spiegare che l’opera, in realtà, “non voleva affatto essere la prefigurazione della morte della Fallaci… L’arte si occupa spesso di paure collettive, e io ho utilizzato l’immagine della Fallaci per rappresentare simbolicamente la paura del mondo occidentale nei confronti del terrorismo islamico”); o quando, ancora, nel 2009, mise Hitler bambino in braccio alla Madonna di Raffaello (titolo, La Madonna del Terzo Reich), e la Curia convinse la Fiera di Verona – da sempre città “bianca”, cattolicissima e conservatrice –, a censurarla.

Giusppe Veneziano, Solo un amico ti può tradire, 2013.

Non si prevedono censure, oggi, a Monaco di Baviera (o perlomeno ce lo auguriamo vivamente), ma certo è che, di tale santità quotidiana, a metà strada tra gioco, sberleffo e colta citazione di taglio ancora postmoderno, Veneziano fa tutt’ora un grande uso, potremmo dire a piene mani: divertendo, giocando coi continui rimandi tra storia dell’arte “alta” e cultura popolare, tra ammiccamenti al cinema, al fumetto, alla cronaca di tutti i giorni, e alla memoria profonda del nostro bagaglio artistico e visivo occidentale, quello che abbiamo saldamente infisso nella mente per averlo visto decine e decine di volte nelle chiese e nei musei, o, quando non dal vivo, certamente in riproduzione, poiché ci appartiene nel profondo.

Giuseppe Veneziano, La Madonna degli Influencer, 2021.

I quadri di Giuseppe Veneziano, infatti – nato a Mazzarino, Caltanissetta, nel 1971, laureatosi in architettura a Palermo, e poi trasferitosi a Milano, città dove avrebbe spiccato il volo verso il successo (ma oggi la sua casa è invece ai piedi delle Alpi Apuane, tra Pietrasanta e Forte dei Marmi) –, sono sempre stati, a dispetto dell’aspetto apparentemente semplice e dei colori piatti, tipicamente pop, insieme ipercolti e ultrapopolari, coraggiosi e a volte spericolati negli accostamenti e nella libertà immaginativa, serissimi ma giocosi e parodistici al limite della burla e della barzelletta, e, soprattutto, ricchi di citazioni colte, di rimandi, di raffinati giochi a rimpiattino visivi e intellettuali tra icona storica, immagine contemporanea, parola e significato sommerso. E, soprattutto, pieni zeppi (se li si vuole leggere, e se li si sa leggere) di riferimenti, di ripetute strizzate d’occhio allo spettatore (che, è bene ricordarlo, dopo il postmoderno non è mai neutro, ma sempre coinvolto nel gioco di citazioni, di riferimenti e di rimandi di cui è naturalmente permeata la cultura contemporanea) affinché si sforzi di ricordare, di riconoscere ciò che i quadri stessi nascondono, ovvero i mille riferimenti ad altri quadri, ad altri ambiti e periodi storici.

Giuseppe Veneziano, La Madonna della sanificazione, 2020.

È quello che avviene, qua a Monaco, con le molte prove pittoriche della cosiddetta “Serie oro”, fino ad ora inedita: rielaborazioni, tutte rigorosamente a fondo oro appunto, come antiche tavole medievali, di celebri quadri del passato in chiave iperpop. Ecco allora che, ad esempio, la Madonna del Granduca di Raffaello, conservato nella Galleria Palatina a Firenze, viene rielaborato dall’artista mettendo sul volto di entrambi i due protagonisti una bella mascherina azzurra, retaggio del periodo pandemico; mentre la Madonna del Cardellino, sempre di Raffaello e oggi conservata agi Uffizi, anziché avere ai piedi Gesù e il San Giovannino, ospita invece due inaspettati Batman e Superman in formato baby.

Giuseppe Veneziano, La Madonna dell’Elvis, 2009.

Ecco, sempre da Raffaello, una rielaborazione della Madonna Bridgewater, conservata nella National Gallery of Scotland di Edimburgo, che questa volta tiene in braccio un piccolo Elvis Presley, già precocemente abbigliato con uno dei suoi celebri abiti bianchi con tanto di cintura dorata; mentre la Madonna di Alzano, di Giovanni Bellini, oggi conservata nell’Accademia Carrara di Bergamo, tiene invece in braccio, indovinate un po’ chi?, nientemeno che Montgomery Burns, il perfido e diabolico nemico di Homer Simpson, proprietario della centrale nucleare che dà lavoro a mezza Sprinfield.

La Madonna del libro di Sandro Botticelli, conservata al Museo Poldi Pezzoli di Milano, è invece reinterpretata con il volto di Chiara Ferragni (la cui prima versione era stata realizzata, va pur detto, ben due anni prima di quando lo fotoscioppò invece Francesco Vezzoli nel 2020 per Vanity Fair), con, al posto del bambinello, il piccolo Leone, già destinato alla più tenera età a un’eterna vita da social.

Giuseppe Veneziano, La Madonna del Cannolo, 2019.

Infine, che dire della rielaborazione del capolavoro di Antonello da Messina, l’Annunciata? Veneziano, anziché farla tendere una mano verso l’osservatore, in quel gesto insieme misterioso, pudico e consapevole del proprio destino nel quale la immortalò per l’eternità il genio di Antonello, le mette tra le dita… due bacchette cinesi, con le quali la Vergine afferra, icasticamente, un bel cannolo siciliano (il riferimento, va detto, era ad un vecchio spot pubblicitario di Dolce & Gabbana del 2018, vero e proprio scivolone commerciale dell’azienda, che costò il boicottaggio del marchio e la chiusura dei negozi in Cina, sfiorando quasi l’incidente diplomatico, dove si mostrava una modella cinese alle prese, tramite bacchette, con un grande cannolo siciliano, mentre una voce fuori campo, vedendola in difficoltà, le chiedeva, con un malcelato riferimento sessuale: “È troppo grande per te?”).

Non c’è che dire. Veneziano, ovunque va, non le risparmia a nessuno. E ci dimostra che è davvero difficile essere santi, al giorno d’oggi. O forse, in fondo, semplicissimo: basta prenderla con un po’ di leggerezza e di sense of humour.

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