Thiriez, un mondo incantato. Per dare magia alla realtà

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È davvero un “paradiso in terra” quello messo in scena da Ludovic Thiriez, artista francese trasferitosi da anni in Ungheria (ma con un periodo di permanenza in Brasile), che nei suoi quadri (oggi esposti alla galleria Gare 82 di Brescia nella mostra Lost Paradise) ricrea situazioni di gioco, di svago, di riposo o di divertimento di gruppi famigliari, di ragazzi e ragazze, di bambini. Eccoli infatti in riva a un fiume, o in un bosco, alle prese con animali e uccelli dai colori improbabili – grandi coccodrilli gialli o rosa, un cane azzurro, un ippopotamo, un orso, e poi uccelli, fenicotteri, pellicani, gufi. È un’umanità libera, apparentemente felice e spensierata, che sembra uscita da uno strano sogno, il sogno di una comunità che non ha più costrizioni, obblighi, lavoro, tecnologie.

Ludovic Thiriez, Idoles never die in paradise, 140×195 cm, tecnica mista su tela, 2021.

I giochi dei bambini sono semplici e arcaici – una barca a vela da far navigare sul fiume, il ramo di un albero, un cappello di carta, una ciotola e un secchiello. Gli adulti, presenze sfuggenti, fanno parte di quel paesaggio naturale aperto e fluido, privo, anche dal punto di vista stilistico, di regole, di obblighi e di architetture troppo definite. Un’umanità rimasta, o tornata, a uno stadio infantile, o a uno “stato di natura”, per dirla con Rousseau.

Ma da dove nasce questo “mondo perfetto”, creato da Thiriez con uno stile molto originale, fluido, che sembra mutuare la grande libertà e scioltezza del segno e del colore da certe esperienze di pittura europea, come quella di Neo Rauch e di Adrian Ghenie (ammorbidite, però, come sottolinea la curatrice della mostra, Alessandra Redaelli, da una sorta “di gioia primordiale, di ottimismo profondo”, che in molta pittura contemporanea sembra fatalmente mancare)?

Ludovic Thiriez, The new shephered, 140×110 cm, tecnica mista su tela, 2023.

“La mia attenzione al tema dell’infanzia è iniziato intorno al 2012, quando ero in Brasile”, ci racconta l’artista. “In quel periodo dipingevo tele di grandi dimensioni dove natura, animali e paesaggi si mescolavano. Poi, via via che con la mia opera approfondivo queste tematiche, mi sono avvicinato a un’idea di lavoro che prendesse spunto dai racconti per bambini e a un tipo di pittura dal forte taglio narrativo… così mi sono trovato a lavorare specificatamente sulle tematiche legate all’infanzia, iniziando a giocare con tutti questi contrasti che troviamo nell’infanzia e che la rendono bella ma a volte anche un po’ triste…”..

Ma perché proprio il tema dell’infanzia? Qual è la molla che fa scattare nell’artista l’idea di queste misteriose situazioni di gioco, di svago, dove bambini, ragazzini e animali – con qualche presenza del tutto marginale degli adulti – sembrano vivere in perfetta armonia e in un’atmosfera di eterna vacanza, immersi in strane occupazioni apparentemente senza scopo, sotto cieli eternamente limpidi e in mezzo a una natura rigogliosa e tropicale?

Ludovic Thiriez, New worlds, 160×110 cm, tecnica mista su tela, 2022.

“Mi interessa l’infanzia”, spiega ancora l’artista, “perché è un mondo fatto di gioco, fantasia, scoperta, ma che può essere anche duro e crudele. Una situazione di poesia piena di ossimori, con la quale ho cominciato a divertirmi. Oggi mi piacciono questi giochi, queste incertezze e questa fantasia che ci fa sognare e ci ricorda anche di non dimenticare questa parte di noi”. Una parte di noi che sembra affondare nella nostra memoria più antica e più profonda, nei giochi lontani delle nostre estati lunghe e spensierate, che sembravano non aver mai fine. Ma da che cosa parte ogni quadro? Da situazioni vere o immaginarie?

“Di solito”, ci racconta ancora Thiriez, “per realizzare i quadri traggo ispirazione dalle foto che scatto ai miei figli o agli amici dei bambini: a volte queste scene o le mie idee possono prendere spunto da una situazione e a volte è solo la mia fantasia alla ricerca di situazioni divertenti, metaforiche, tenere o violente. Riposiziono scene, colori, luci per creare una situazione, una storia, un sogno…”.

Ludovic Thiriez, The pelican king, 110×70 cm, tecnica mista su tela, 2023.

Storie che prendono spunto anche dalla memoria dell’artista, magari da certi suoi giochi e ricordi infantili? “Io ho avuto un’infanzia fantastica”, spiega il pittore, “con due genitori molto premurosi, condivisa con due sorelle e un fratello. Ero un bambino molto socievole, ma ero sempre un po’ sulla luna e stavo nel mio mondo. Ero, e sono tuttora, un grande fan dei fumetti, soprattutto storie di viaggi e di pianeti immaginari… da Tintin ad Asterix a Black and Mortimer, e poi Valerian, Les Tuniques bleues, Marsupilami…”. Ricordi e ispirazioni che, in una maniera o nell’altra, possono avere influito sull’origine delle singole opere: basti guardare certe scene ambientate in riva a fiumi o in mezzo alla giungla che, con tutte le differenze del caso, potrebbero far pensare a certe scene di fumetti o di libri d’avventura. “D’altro canto”, ci confessa l’artista, “ho vissuto invece un’adolescenza piuttosto movimentata, con periodi piuttosto bui e incontri con persone di ogni tipo, di ogni età e di ogni provenienza. Sabato potevo andare a un rave party e domenica in chiesa, avevo amici in gruppi punk, incontravo eroinomani, spacciatori con cui andavo a bere ma andavamo anche a giocare a bocce con i vecchi del villaggio. La rottura con il mondo dell’infanzia in questo periodo della mia vita è stata piuttosto violenta”.

Ludovic Thiriez, I wish I was an indian, cm 90×60, tecnica mista su tela, 2023.

Ma, al di là degli spunti e dei riferimenti narrativi, che significato hanno queste scene, dal punto di vista metaforico? Si può forse leggere, sottotraccia, una sorta di metafora della contemporaneità, un desiderio di ritornare all’idea di umanità libera dai vincoli, dal lavoro stressante e dalla schiavitù della tecnologia e della burocrazia? “Penso che il mio lavoro possa riguardare molte delle figure retoriche presentate nella poesia, ma io lo vedo legato soprattutto a un’idea politica più profonda su come dovrebbe essere l’umanità”, dice ancora l’artista. “In genere, però, la mia è una critica alla società contemporanea piuttosto blanda: più che altro dipingo perché mi piace dipingere, e trovo nell’infanzia un formidabile serbatoio di fantasia, poesia, gioco e talvolta violenza che riflette parte della nostra umanità e situazioni che, seppure immaginarie, possono ricordarci la nostra infanzia e i nostri mondi immaginari”.

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