“Scaldato dal sole della vita vera”: il disegno di Amedeo Bocchi

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L’innovativo centro culturale ed espositivo APE di Parma ospita fino al 14 gennaio 2024 una mostra dedicata ad Amedeo Bocchi, in occasione dei 140 anni dalla sua nascita. L’esposizione, curata da Carla Dini, si costituisce di 120 pezzi, opere grafiche e disegni di proprietà di Fondazione Monteparma, che da vent’anni si occupa della promozione e della valorizzazione della straordinaria produzione artistica del pittore parmigiano.

Amedeo Bocchi in punta di matita” presenta, con uno sguardo nuovo e arricchente il nutrito corpus di disegni che Bocchi ha realizzato nell’arco della sua esistenza. Allo spettatore è offerto un vasto insieme di opere databili dal 1897: Il fratello Antioco bambino, fino a Nudo femminile sdraiato collocabile nel 1975. La proposta espositiva si focalizza dunque sulla perfezione formale e la sapiente plasticità del disegno dell’artista, che fa dello studio preparatorio, dello schizzo e della grafite potenti alleati per l’abile realizzazione della sua idea artistica. La solidità formale delle figure in mostra, i volumi dei corpi, la veridicità delle carni, i loro pallori e il loro dinamico equilibrio plastico suggeriscono uno studio che Bocchi deve aver coltivato sin dall’infanzia. Nato a Parma nel 1883, terzo di sette fratelli, viene mandato dal padre Federico a studiare al Regio Istituto di Belle arti di Parma (oggi Liceo artistico statale Toschi) allo scopo di formarlo come decoratore per lavorare nell’azienda di famiglia. Studia disegno con Cecrope Barilli, che una volta preso il diploma nel 1901, gli consiglia di frequentare la Scuola del Nudo, a Roma, dove poi vivrà per il resto della sua vita.

Segnata da una calma costante, l’esistenza di Bocchi procede con il matrimonio con Rita Boraschi, sua compagna di studi superiori e la nascita nel 1908 della figlia Bianca. L’universo imperturbabile di Bocchi subisce un duro colpo con la morte conseguente della moglie Rita, soggetto prediletto della sua arte. Lo spazio espositivo del Museo APE accompagna lo spettatore tra i disegni dei vari anni, i ritratti accademici, gli schizzi preparatori, il tutto ambientato in uno spazio bianco quasi pneumatico. Un’attenta illuminazione rende punti di riferimento i disegni, illuminati con faretti spot, conferendogli una vitalità e un realismo senza precedenti. Sono ritratti di vita, un museo di volti, di occhi, di corpi che osserviamo nei loro tentativi dinamici, nella loro concreta presenza.

La prima parte dell’esposizione si incentra sugli schizzi, sugli studi preparatori, come La Sorella Merope, che Amedeo Bocchi realizza per il dipinto il Battesimo, o per La rivolta, nel 1904; il Ritratto della madre (studio per il dipinto La colazione del mattino); Viso di donna con testa reclinata in cui su carta emerge il capo inclinato di una figura femminile la cui lucentezza sulle mani è il frutto di un elaborato studio cromatico che affida al gessetto bianco il candore della luce chiara. E ancora i ritratti degli affetti, fermati attentamente con pastelli e gessetti colorati, come Viso di Bianca, o ancora il ritratto della madre e della moglie. La ricchezza dell’esposizione curata da Dini risiede nella convivenza dialogata e spontanea tra due aspetti della produzione artistica di Bocchi: la narrazione esistenziale della quotidianità e le committenze private affidate all’artista.

La stanza del caveau 40 presenta 35 lavori preparatori, anch’essi bozzetti e disegni, realizzati per la decorazione musiva del Duomo di Messina, ricostruito dopo il violento terremoto del 1908. Proponendosi, come sostituto dell’artista Giulio Aristide Sartorio incaricato dell’impiego e scomparso prima della sua realizzazione, l’impresa non vedrà luce poiché, in seguito, il progetto di Bocchi, che seppur rivela un attento e complesso lavoro di progettazione e ricerca iconografica ed estetica, incontrerà l’insoddisfazione dell’arcivescovo di Messina, Angelo Paino.

Il grandioso lavoro progettuale è testimone della oculata capacità di Bocchi di attualizzare le iconografie non tralasciando la lezione ereditata dai grandi maestri del passato. Nel caveau 20 è presente un’altra commissione di Bocchi ovvero i lavori preparatori che riguardano la decorazione per la Sala del consiglio della Cassa di Risparmio. Il fil rouge che risulta determinante nella costruzione della trama espositiva è la centralità che ha per Amedeo Bocchi il disegno progettuale. Si tratta per lui di «un linguaggio nel quale si vanno a sovrapporre organicamente tutti i momenti del processo di definizione dell’idea». A testimoniarne l’importanza è il blocchetto di fogli, con cui Bocchi va sempre in giro per poter, come scrive la nipote Emilia Bocchi, «all’occorrenza abbozzare qualche schizzo (annotava anche colori e punti luce degli scenari che lo ispiravano)».

Nonostante Bocchi abbia abitato il secolo breve, resta talora estraneo alle poetiche artistiche che si succedono nei vari decenni. Così anche nel suo periodo romano, egli non ama misurarsi con le avanguardie: il progresso futurista, la decostruzione cubista non tangono il suo lavoro solitario, appartato. La sua è una produzione che sembra ignorare la realtà, che quasi mira a destituirla. È un mondo immacolato quello che propone Bocchi, nei suoi quadri e nei suoi disegni. «Egli è dentro la propria coscienza, davanti agli affetti domestici, alla lentezza dei pomeriggi di Parma e della luce incantata di villa Strohl-Fern» scrive di lui Vittorio Sgarbi. «Dipingere in libertà e in solitudine» secondo Luciano Caramel sono le volontà dell’artista parmigiano, che guarda alla vita e alla semplicità, agli affetti e alla luce interiore dei personaggi che ritrae.

Amedeo Bocchi, in punta di matita restituisce in modo autentico la visione di un artista che filtra, purificandola, la realtà, concedendo allo spettatore di soffermarsi, almeno per un po’, su semplici cose, costanti e affetti di una vita, sulla bellezza e sul sentimento. L’estetica della semplicità è ribadita in una lettera indirizzata a Guido Guida in cui il pittore scrive: «La fatica vera, il vero tormento dell’artista responsabile e cosciente della sua missione, non è quello di sbalordire con complicate composizioni, ma quello di arrivare all’espressione più profonda con mezzi più semplici e chiari».

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