Il lavoro stratificato di Matthias Bitzer alla galleria Francesca Minini

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È un lavoro stratificato quello che attende il pubblico di canary chorus, l’ultimo progetto di Matthias Bitzer (Stuttgart, Germany, 1975) presentato da Francesca Minini, visitabile fino al 9 marzo 2024. La mostra raccoglie quasi tutte nuove produzioni, in prevalenza pittoriche, ma chi conosce la sua pratica sa che l’artista utilizza vari linguaggi, con opere più scultoree e installative, e che la pittura non è mai solo pigmento e tela. Per Bitzer la tela si espande, si dilata, ingloba elementi e supporti racchiusi nella cornice (spesso dipinta), altre volte invece restano isolati. E così l’opera esplode nello spazio della tela (con il gesso che crea matericità), con inserti tridimensionali come spilli e sfere, e con interventi anche sulle pareti che tracciano il percorso della mostra. Un modo per superare la superficie pittorica che racconta tecniche e storie.

La pittura stessa è evocativa di un contenuto complesso con riferimenti spesso al mito, alla storia, alla letteratura. Nella mostra un Proteus con più fisionomie, Echo la ninfa innamorata di Narciso. A volte è un nome come Aletheia che ritrae una figura che sembra costituirsi con porzioni di visi diversi. Una parola di matrice filosofica che rimanda al concetto di disvelamento che “non è ancora verità, È dunque l’Aletheia qualcosa di meno della verità”?, scrive nel saggio del 1927 “Essere e Tempo”, il filosofo Martin Heidegger. Le opere di Bitzer sono esse stesse disvelamento, sorpresa e scoperta. Perché davanti e dietro a ognuna di loro si rivela qualcos’altro. Narrazioni, identità multiple, dipinti nascosti, specchi che svelano altre prospettive. Forme in cui identificare nuove immagini, box che contengono oggetti, ambienti che diventano parte dell’opera. 

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canary chorus, 2024, exhibition view at Francesca
Minini, Milan
Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milan
Ph. Andrea Rossetti

Rappresentazioni che sono l’esito delle interrogazioni dell’artista sull’uomo, sull’identità, sulle figure del passato e del presente. Se in alcuni casi i riferimenti sono concreti, da Emmy Ball-Hennings e Joseph Conrad, da Fernando Pessoa a Emily Dickinson, in altri i soggetti non sono riconoscibili o sono privi di un genere. Ciò che risulta interessante è la possibilità di un’indagine intorno a ciò che il concetto identitario porta con sé. Volti che si scoprono nei numerosi specchi, che mostrano dipinti sul retro della tela ma che possono essere nascosti dietro la stessa, che si può chiudere come nella serie Not titled yet.

Volti occultati come in Springer che mostrano ibridazioni tra uomo e animale. O ancora formalismi geometrici, come nelle opere Hope e No in bianco e nero, inquadrati nelle cornici colorate. In Aletheia è un volto frammentato in cui appare un volatile giallo, in Ispiration Station sono le righe verticali del wall drawing, che incorniciano una sedia e una scatola nella parte alta del muro. È ancora la parete su cui interviene l’artista colorandola di un blu cobalto, in cui colloca un dittico in cui le linee dei fasci luminosi nella raffigurazione delle luci della città di Berlino (unica opera del 2021), illuminano un ritratto specchiante. 

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canary chorus, 2024, exhibition view at Francesca
Minini, Milan
Courtesy the Artist and Francesca Minini, Milan
Ph. Andrea Rossetti

Se le immagini della contemporaneità scorrono velocemente, l’artista raccoglie e stampa ciò su cui la sua attenzione si posa, per custodirle in un archivio fatto di quadri che sono spesso esposti nei box, come in questo caso in Tooth of a comb. In altre occasioni coprono invece le pareti come nelle mostre Vertigogue (2021, Kunsthalle Göppingen) o nella più recente cosmic rational (2023, Galería RGR, Mexico City). Intorno a Vigilia si sviluppa e si costruisce la mostra canary chorus, un ritratto con a fianco un volto stilizzato che lo scherma per una metà, mentre dalla parte opposta un canarino giallo è collegato attraverso una serie di linee all’orecchio. Il canarino giallo è memoria di un reale evento accaduto all’artista (una visita inaspettata del volatile dalla finestra del suo studio a Berlino), ma è anche simbolo di ascolto. 

E con lo stesso spirito le opere di Bitzer ci invitano all’ascolto, e a avere uno sguardo che non si fermi alla superficie delle cose. Del resto, sarebbe difficile farlo con il suo lavoro fatto di continue sovrapposizioni formali, linguistiche e narrative. La sua è un’esplorazione ambientale totale in cui gli elementi (umani, non umani, gli oggetti) partecipano alla formazione di nuove visioni e di nuove consapevolezze, laddove le identità sono sempre in formazione, tra apparenze, realtà e mascheramenti. O forse dovremo dire disvelamenti. 

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