I Miaz Brothers: “L’osservatore, con la sua immaginazione, è il vero artista”

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Nell’era dei megapixel, degli schermi HD e degli smartphone a quintupla fotocamera, loro hanno fatto dello sfocato il loro marchio di definizione estetica, in un ribaltamento concettuale che sfida lo spettatore a ricostruire l’immagine. I fratelli Roberto (1965) e Renato (1968), in arte i “Miaz Brothers”, ridefiscono l’esperienza percettiva dell’opera d’arte, indagando sul concetto stesso di realtà, ma, al contempo, mettendo al centro “l’uomo e la percezione di noi stessi”. E, in questi termini, non hanno nessuna paura di confrontarsi con i grandi maestri del Novecento nella loro nuova mostra ”Reality: Optional. Miaz Brothers con i Maestri del XX Secolo”, aperta da oggi fino al 26 maggio 2024 nelle sale della Galleria d’Arte Moderna di Roma.

In questa occasione, noi di Artuu li abbiamo intervistati per scoprire come il loro approccio alla pittura non solo rompa le convenzioni visive, ma anche solleciti una riflessione profonda sulla natura stessa dell’arte e della realtà che ci circonda.

Le vostre opere “sfocate” sfidano la “percezione” dell’oggetto-opera. In un’epoca in cui ancora, forse, si “interpreta” troppo l’arte, senza renderla, come diceva Susan Sontag, “più reale ai nostri occhi”, voi chiedete concettualmente uno sforzo di co-creazione allo spettatore. Spiegateci come dovrebbe, secondo voi, avvenire questo processo percettivo-creativo.

Nei nostri ritratti il vero ritrattista non è l’artista con la sua tecnica ma l’osservatore con la sua immaginazione. Per noi è un modo per esprimere lidea di noi stessi come esseri umani, sensibili all’ambiente, alle esperienze in continua evoluzione e adattamento. Rimuovendo i dettagli, l’occhio non può concentrarsi sull’immagine come fa con gli oggetti di uso quotidiano. Si è costretti a fermarsi, a pensare e creare da soli un’immagine, una somiglianza. Un volto sfocato è come una parola cancellata in un documento, diventa subito la “chiave” dell’intero testo, dove fissiamo lo sguardo e l’attenzione. La nostra mente è disposta a tutto pur di “riconoscere”, di vedere i contorni di un volto che forse non sappiamo di sapere identificare. Non importa. “Focus” è una necessità: significa riprendere il controllo del reale, che misura le percezioni di sé stessi, calcola le distanze, colloca le persone nello spazio e allo stesso tempo dà allo spazio una dimensione. A differenza della fotografia, dove è sempre possibile estrarre la realtà di un volto, la pittura sfocata è inesorabile e quel volto sarà indecifrabile per tutta l’eternità.

Parlateci del vostro percorso creativo: come scegliete l’opera da cui partire per poi renderla completamente fuori-fuoco?

Le opere le scegliamo per la composizione dei colori e delle forme che ci danno un’emozione artistica ed estetica sin dall’inizio e, di conseguenza, ci viene una naturale volontà di ritrasmetterle al pubblico.

Avete viaggiato letteralmente in tutto il mondo, per poi arrivare al vostro apice. Come siete stati influenzati dalle varie culture che avete incontrato?

Viaggiare ci ha dato sicuramente un’apertura mentale e un livello di coscienza che prima non avevamo. Durante le varie esperienze umane, ci siamo fatti un’idea chiara di quello di cui volevamo affrontare artisticamente e, soprattutto, di quali fossero i punti importanti da sviluppare nella nostra ricerca artistica. Fondamentalmente si tratta di un interesse filosofico, dove l’uomo è al centro del mondo e l’intento è quello di riflettere su come quest’ultimo percepisca la realtà che lo circonda.

Il titolo della mostra “Reality: Optional”, sembra dichiarare che la realtà, così come la conosciamo, sia soltanto un’addizione, un’opzione spuntabile ma non più indispensabile. È davvero così?

Assolutamente no. Il titolo si riferisce al fatto che la realtà viene sempre più distorta, la verità dei fatti sempre più manipolata e messa in dubbio. La legittimità insita e la stessa riconoscibilità viene compromessa, fraintesa, si può dire sfocata.

È la prima volta che le vostre opere vengono giustapposte a quelle di grandi maestri? Sentite il peso della loro “aura”, oppure per voi questa connessione è sempre stata naturale, data la vostra pratica? Vi sentite anche voi, in qualche modo, dei “maestri”?

Modestia a parte, ci sentiamo a nostro agio. Il fatto che si tratti di epoche diverse e lontane non significa che non condividiamo gli stessi problemi, le stesse incertezze e quindi le stesse soluzioni. Pensiamo che i “maestri”, pur essendo ormai famosi, non facciano parte di una categoria distinta dalla nostra. Anzi, crediamo che se fossero ancora vivi, potremmo tranquillamente berci qualcosa insieme e capirci senza difficoltà, avendo gli stessi problemi intellettuali ed esistenziali, tipici delle persone che scelgono di intraprendere una vita dedicata all’arte.

Avete affrontato delle sfide particolari nel realizzare questo “progetto espositivo concettuale”?

Come sempre, ogni progetto artistico sottintende una moltitudine di sfide intellettuali e pratiche di vari livelli e anche questa volta ne abbiamo affrontate diverse. Scelte di allestimento e di comunicazione fanno sempre parte di un processo difficile. La mostra che ne risulta è il frutto dell’incontro e della comprensione reciproca fra noi, la Galleria d’Arte Moderna di Roma e Wunderkammern.

Da anni ormai collaborate con la galleria Wunderkammern, quanto è importante per un artista avere una galleria che lo rappresenti?

La galleria dovrebbe essere il messaggero, il palco sul mondo. È il primo canale attraverso il quale le opere dell’artista escono dallo studio ed entrano in contatto con il pubblico. È importante collaborare con una galleria avendo un obbiettivo comune. L’artista dovrebbe occuparsi delle idee, dei concetti e delle opere che saranno poi esaltate dal gallerista con delle scelte espositive sapienti e con la diffusione di queste ultime a livello nazionale ed internazionale.

Altri progetti all’orizzonte?

Guardiamo sempre al futuro con entusiasmo, ma lo vediamo sfocato. Sembra che si delineino all’orizzonte grandi installazioni di forme colorate e luminose, ma non sono per ora definite…

Per cui, pur essendo sicuri che faremo altri progetti che abbiano un significato per noi e per il prossimo, non siamo in grado di dire esattamente di cosa si tratti.

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