Eugenio Tibaldi e Maria Calderara, moda e arte vissute sul margine

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Gran parterre alle sfilate milanesi, nonostante la pioggia intensa dei giorni scorsi, che rischiava di scoraggiare anche i più temerari. Nel nostro peregrinare tra una sfilata e un’inaugurazione abbiamo trovato un interessante connubio tra moda e arte: si tratta di SPEAKING BIRDS FW 24/25, la collezione presentata da Maria Calderara in occasione della Fashion Week milanese, ispirata all’immaginario di Eugenio Tibaldi. Attratto dal rapporto fra economia e paesaggio contemporaneo, dalle relazioni tra dinamiche e forme della marginalità, Eugenio Tibaldi ha sviluppato la sua ricerca artistica concentrandosi sul margine, considerandolo come una condizione mentale prima che geografica. 

E così gli abiti di Maria Calderara diventano un mezzo per trasmettere messaggi forti, ironici e dissacranti. La sua è una donna libera che si esprime al di là del politicamente corretto, che sa affrontare sé stessa e il mondo con ironia, per una narrazione che sovverte l’equilibrio tra margine e centro.

In questa collezione è possibile scorgere un’infinità di parallelismi tra le ricerche di Maria Calderara ed Eugenio Tibaldi: la trama dei copertoni nelle increspature dei tessuti, le crepe della periferia nei rammendi fatti a mano sui colletti delle giacche, le geografie informali nell’ecopelle stropicciata.

Unitamente agli abiti e ai gioielli, sarà esposta, fino al 7 marzo, anche una selezione di opere di Eugenio Tibaldi: dalle visioni degli spazi periferici “Landscape Geografie economiche”, alle ricerche sulle architetture informali del cuore di Napoli “Questione d’appartenenza”, fino agli uccellini “Pin”, che l’artista ha scelto nelle sue ultime produzioni per narrare le dinamiche ed i margini della società contemporanea.

Noi abbiamo approfittato dell’occasione per raccogliere dalla voce dei due protagonisti le impressioni su questa esperienza e come sono arrivati a questa collaborazione.

Eugenio Tibaldi e Maria Calderara.

“Io e Maria siamo prima di tutto amici”, ci racconta Eugenio Tibaldi, “amicizia nata dopo l’acquisto di Maria e del suo compagno di una mia opera sulle Edicole votive napoletane. Maria è molto attenta nelle relazioni e con delicatezza si è sempre interessata alla mia ricerca di artista. E così è nata l’idea di questa collaborazione, sfociata in abiti che contengono le mie opere, come ad esempio quello che ha come trama le edicole votive. Interessante anche il fatto che in alcuni abiti non si vedono palesemente le opere ma le trame di queste e quindi Maria anche in questo ha saputo interpretare il mio lavoro.”

In mostra in questo ambiente di grande suggestione, architettonica, c’è un grande tableaux con una delle opere più significative della sua ricerca sulla marginalità, le porte e le finestre abusive di Napoli, che per molti anni l’artista ha abitato. Ed è proprio dalle marginalità territoriali individuate nelle periferie che parte la ricerca di Eugenio Tibaldi la cui scelta, come ci ha raccontato, denuncia già il suo punto di vista: perché le periferie a suo avviso non sono dei non-luoghi come spesso si definiscono, ma sono dei super luoghi, dove non c’è la frizione al passato, per cui sono liberi disincantati veloci, al contrario del centro delle città che sono bloccati su sé stessi.  

Quello che affascina Tibaldi, come ci svela lui stesso, è quello che si cela dietro quelle porte e finestre abusive, o quello che ha innescato la costruzione delle edicole votive, altro suo significativo lavoro, sempre legato alla sua permanenza napoletana.

Altro aspetto fondamentale delle sue opere è legato a quello che lui definisce la geometria delle sottrazioni: “penso che non sia necessario aggiungere ulteriori immagini al mondo, mi piace l’idea di togliere e quindi per sottrazione sono state fatte le opere dedicate alle uscite dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria a questo cantiere mai finito, ho pensato che dipingerlo gli dava almeno un’identità formale, visto che quella funzionale non c’era”. La stilista partendo da queste geometrie ha creato dei suggestivi gioielli, dalla realtà le cose diventano quindi altro.

Altro felice connubio tra arte e moda lo troviamo nel tessuto utilizzato da Maria Calderara, che richiama il lavoro di Tibaldi, tessuto che ricorda le gomme delle automobili.

“I copertoni per me sono una specie di mantra”, ci racconta ancora Tibaldi, “perché io avevo lo studio di fronte ad un gommista che regolava il mio paesaggio, la mattina fotografavo le gomme e da questa architettura dipendeva la mia visione della giornata“.

Lo stesso titolo Speaking Birds FW 24/25 è legato a una serie di acquerelli realizzata da Tibaldi, che per un anno intero ad ogni risveglio dipingeva un uccellino accompagnato da un messaggio, che la stilista ha riprodotto su magliette nere; la presenza degli uccelli è poi anche nell’installazione al centro della sala con un ramo d’albero che funge da stampella per un abito bianco, simbolo della collezione.

Ogni uccellino porta la frase che io scrivevo ogni mattina, dice l’artista, per esempio: un buon drink, alza più dei tacchi, a volte, o ancora da quando ci sono i Led le idee non sono più quelle di una volta. Scrivo queste frasi, a volte anche sciocche, tenendo presente che è facile complicare le cose, la cosa difficile è semplificarle. Come diceva sempre Munari è difficile fare una cosa semplice”.

Maria Calderara ci racconta il suo punto di vista: “il mio intento è stato quello di creare una sorta di dialogo con chi indosserà i miei capi. Costruire questa connessione attraverso l’arte e gli artisti è un privilegio. Con Eugenio mi lega un’amicizia sincera, fatta di dialoghi intensi e di stima reciproca. Interpretare le sue opere è stato naturale perché i suoi lavori sono presenti da anni nel mio quotidiano, ma allo stesso tempo è stato un processo lungo e complesso. Forse perché la conoscenza della sua meticolosa ossessione mi ha imposto una ricerca profonda non solo sui modelli, ma anche su materiali, lavorazioni, rammendi e trame dei tessuti; nulla poteva essere lasciato al caso. Così come i materiali dialogano con la luce e con lo spazio, ridefinendo le linee del corpo, allo stesso modo le pennellate bianche e nere non cancellano, ma coprono qualcosa che è celato sotto”.

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