Le “storie incompiute” di Paz Errazuriz, tra ribelli, prostitute e transessuali

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“Historias Inconclusas” è la prima mostra personale dell’artista cilena Paz Erràzuriz (Santiago del Cile 1944) in una istituzione parigina, la Maison de L’Amérique Latine (fino al 20 dicembre, a cura di Beatrice Andrieux), nella quale sono esposti oltre 120 lavori tratti da diverse serie fotografiche: come “Próceres”(1983), scattata in un magazzino governativo in Cile, che cattura le ultime testimonianze di statue cilene rovesciate durante il periodo della dittatura di Augusto Pinochet, “Sepur Zarco” ( 2016), dove sono ritratte donne indigene di alcune comunità in Guatemala, che negli anni Ottanta, nel pieno della guerra civile guatemalteca, sono state vittime di crimini brutali da parte dei militari, e “Ñuble” (2019), oltre alla serie “La Manzana de Adàn” (1983/1987), celebre serie di fotografie di transessuali che l’artista scattò all’interno dei bordelli del quartiere Vivaceta di Santiago e di Talca, mentre osservava la vita quotidiana delle persone di queste comunità intente a truccarsi per la sera, o quando erano semplicemente nelle loro case o stanze, spesso squallide.

Ruby. Los luchadores del ring (les lutteurs). Serie de 2000-03. Courtesy galerie Mor Charpentier, Paris

La pratica di Paz Erràzuriz (Santiago del Cile, 1944) è indissolubilmente legata all’aver vissuto in prima persona gli anni tragici del regime di Pinochet (11 settembre 1973-11 marzo 1990), all’epoca era un’insegnante di scuola elementare e non credeva certo di diventare una fotografa, è infatti autodidatta, e racconta: “I miei inizi come fotografa professionista hanno coinciso con quelli della dittatura. La fotografia mi ha permesso di esprimermi a modo mio e di partecipare alla resistenza”.

La sua riflessione è sempre stata tesa al cercare di comprendere un paese fratturato dalle politiche repressive messe in atto dal regime e ciò l’ha spinta a intraprendere un cammino attraverso il quale ha ritratto le storie e le vite delle persone che ha incontrato sulla sua strada. Uno sguardo agli invisibili, ai vagabondi, ai lottatori, ai transessuali, alle prostitute che posano con orgoglio aprendo uno spiraglio verso la propria intimità. Paz ha sempre stabilito dei rapporti e delle relazioni coi suoi modelli e, cogliendone il vissuto, le è sempre risultato difficile concludere una serie, per questo le sue sono “storie incompiute”, come se l’artista non volesse veder scomparire le persone che ha incontrato.

“Mago Capriario”. Serie El Circo 1982.

E ne ha incontrate davvero molte, viaggiando molto nel suo Paese, da Santiago del Nord alla Patagonia del Sud, immortalando con uno sguardo potente i volti e le vite di coloro che sono stati dimenticati, relegati in un angolo senza apparente via di salvezza. Il rapporto della fotografa con le persone immortalate è sempre stato improntato al rispetto e all’empatia per coloro che generalmente non hanno accesso al potere o non sono in grado di esprimere il proprio malcontento. Paz Erràzuriz ha visto purtroppo molte persone a lei care imprigionate, uccise o mandate all’estero per fuggire dalla violenza del regime di Pinochet, e, attraverso l’uso della metafora nelle sue fotografie ha saputo cogliere con uno sguardo unico la fragilità ma anche la forza della condizione umana in una società repressiva. L’ intento della fotografa è sempre stato quello di incoraggiare il pubblico a guardare quella parte di realtà che la società si rifiuta di menzionare, non in termini di fotorealismo giornalistico, ma piuttosto nel tentativo di sovvertire le convenzioni dell’ordine visivo e i suoi valori tradizionali.

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