Le donne di Helmut Newton

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Uno scatto di Helmut Newton

Helmut Newton, al secolo Helmut Neustädter, è stato uno dei personaggi più controversi e geniali di tutta la storia della fotografia di moda. 

Nato a Berlino nel 1920 da una famiglia di imprenditori ebrei benestanti, Newton cresce in un ambiente raffinato e intellettualmente stimolante, coccolato non solo dalla madre ma anche dalle donne della servitù: quelle domestiche vestite delle loro irreprensibili divise bianche e nere andranno a solleticare le fantasie erotiche e mentali di un adolescente prima e successivamente quelle di uno tra i più celebrati fotografi di moda del mondo. 

La prima macchina fotografica, un’Agfa Tengor Box, entra nella sua vita a dodici anni ed è subito amore. Il primo rullino ha sette pose: le prime sei, scattate nei vagoni della metropolitana, vengono scure ma la settima che ha come protagonista un’antenna radio, seppur non perfetta, lo folgora e gli apre le porte della fotografia. 

Per perseguire il suo obiettivo il giovane artista entra nello studio della fotografa di moda e ritratti Ili de Yva, dove impara i trucchi del mestiere e inizia a delineare le basi della sua poetica, dando vita a quell’immaginario fortemente erotico, erotizzato e erotizzante che caratterizzerà poi tutta la sua carriera.

Nel 1938, tuttavia, la famiglia è costretta a fuggire dalla Germania in seguito all’emanazione da parte del governo nazista delle leggi razziali: si rifugerà dapprima a Singapore per poi stabilirsi in Australia, terra dove Helmut Neustädter diventerà definitivamente Helmut Newton, guadagnandosi un posto d’onore nella storia delle fotagrafia grazie al sue inedito modo di mostrare il corpo femminile. 

HELMUT NEWTON © THE HELMUT NEWTON ESTATE / MACONOCHIE

Le sue non sono solo infatti foto di moda patinate utili a riempire le pagine dei magazine più autorevoli: Newton con le sue immagini sfrontate e provocatorie modifica l’immagine della donna moderna che dal bravo angelo del focolare domestico degli anni ‘60 si trasforma ora in una donna nuova, seducente, sicura di sé e ben consapevole del proprio potere.

Nei suoi scatti il corpo femminile è mostrato senza alcun pudore, trattando in maniera disinibita temi, per l’epoca, scandalosi come l’emancipazione sessuale femminile, il voyeurismo, il sadomasochismo e l’amore saffico. Il suo lavoro cattura immediatamente l’attenzione del mondo dell’arte e divide la critica tra grandi ammiratori che ne apprezzano l’audacia, la ricercatezza e la gelida sensualità e detrattori che lo accusano di misoginia e oscenità, considerando i suoi lavori al limite della pornografia. 

Ma qual era la sua intenzione principale? Dare potere alle donne liberandole dai finti perbenismi di una società ipocrita o ridurle a meri oggetti sessuali, bambole inermi di un mondo dove è l’uomo a dettare legge?  Probabilmente non vi è una vera e propria risposta a questa domanda, ma quel che è certo è che nelle opere di Newton manca l’emozione. 

Nelle sue immagini tutto è controllato, l’atmosfera gelida è perfettamente disturbante, le sue modelle delle valchirie in tacchi alti che non mostrano alcun accenno alla sfera emotiva: Newton sciocca volutamente l’osservatore con questa mancanza totale di sentimenti, affinché ne venga sedotto e vi resti intrappolato. Dichiara infatti: “Il mio lavoro come fotografo ritrattista è quello di sedurre, divertire e intrattenere. Nelle mie foto non c’è emozione. È tutto molto freddo, volutamente freddo.” 

Nel 1976 pubblica “White Women”, la sua prima monografia, in cui raccoglie e narra la sua personale visione della donna all’interno della società occidentale. Sono questi gli scatti che trasformano il concetto di fotografia di moda, che da questo momento si apre al nudo e all’erotismo. Con questo libro Newton si aggiudica il prestigioso premio fotografico Kodak Photo Book Award ma la scelta del titolo gli procurerà non poche accuse di razzismo, a cui egli risponderà beffardamente: “Ma quale razzismo… è un bellissimo titolo, tantopiù che non c’è neanche una donna nera in tutto il volume […] Bisogna essere sempre all’altezza della propria cattiva reputazione.” 

A “White Women” segue poi “Sleepless night”: un volume dal carattere più introspettivo che raccoglie le numerose foto scattate fino a quel momento tra Parigi, New York e Los Angeles per diverse riviste del settore (soprattutto “Vogue” e “Vanity Fair”). In queste immagini il tono di perversione e il senso di pericolo aumenta a dismisura: più che normali ritratti sembra di avere di fronte dei reportage di alcune scene del crimine. I soggetti sono solitamente modelle seminude che indossano corsetti ortopedici, stampelle, bende, protesi, pellicce, stivaloni di vernice oltre la coscia o bardate di tutto punto con selle, morsetti e frustini in un gioco di rimandi tra eros e pericolo che lascia pochissimo spazio all’immaginazione. 

Glamour, eleganza ma anche una certa dose di perversione e voyeurismo: Newton, grazie a questi elementi, ha aperto la strada ad un modo di fare fotografia che se all’epoca ha fatto gridare allo scandalo oggi viene considerato “porno-chic”. Il suo tentativo di spostare sempre più in là il limite del lecito e dell’accettabile ha fatto breccia nell’immaginario collettivo educando e assuefacendo l’occhio e la mentalità dell’osservatore specializzato ma anche di quello comune. 

E sebbene oggi si stiano prendendo sempre di più le distanze dal prototipo inattaccabile e inarrivabile della “donna alla Newton”, il suo lavoro continua a rappresentare un punto di riferimento per la fotografia contemporanea.

Cover Photo Credits: Helmut Newton; Thierry Mugler (Monaco 1998) © Helmut Newton Estate

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