La memoria dei Bambini della Shoah in mostra a Milano

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Sono i bambini a rendere testimonianza di uno dei periodi più bui dello scorso secolo attraverso i loro ricordi arrivati fino a noi e così toccanti. “Stelle senza un cielo | Bambini nella Shoah” è la mostra ospitata da SEA all’aeroporto di Linate. Uno degli appuntamenti della settimana della Memoria di Milano, è visitabile sino all’11 febbraio. 

A venticinque anni dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, l’Associazione Figli della Shoah presenta la mostra itinerante realizzata dall’Istituto Yad Vashem di Gerusalemme e curata da MEIS/Fondazione CDEC per l’edizione della sezione italiana.

Posizionati nell’area food court (zona imbarco), ventisei pannelli ripercorrono una selezione di testimonianze, disegni, poesie, lettere e giocattoli che offrono un toccante e coinvolgente spiraglio sulle esistenze dei bambini ebrei nei tragici anni della Shoah. Otto temi per proporre argomenti che sono simbolo dell’infanzia drammaticamente spezzata in quell’Europa sconvolta dal Nazismo. 

I bambini furono ovviamente tra i più esposti alle violenze dell’Olocausto. I Nazisti sostenevano che l’uccisione dei figli di persone ritenute “indesiderabili” o “pericolose” fosse giustificata dalla loro ideologia, sia quella basata sulla “lotta di razza”, sia quella che considerava l’eliminazione dei nemici una misura preventiva necessaria alla sicurezza. Da un lato, quindi, i Tedeschi e i loro collaboratori uccisero i più giovani con queste motivazioni ideologiche; dall’altro ne eliminarono molti come forma di rappresaglia agli attacchi partigiani veri o presunti.

In tutto, si calcola che almeno un milione e mezzo di bambini e ragazzi sia stato ucciso dai Nazisti e dai loro fiancheggiatori; di queste giovani vittime, più di un milione erano Ebrei, mentre le altre decine di migliaia erano Rom (Zingari), Polacchi e Sovietici che vivevano nelle zone occupate dalla Germania, nonché bambini tedeschi con handicap fisici e/o mentali provenienti dagli Istituti di cura. Le possibilità di sopravvivenza degli adolescenti compresi tra i13 e i 18 anni, sia Ebrei che non-Ebrei, erano invece maggiori, in quanto potevano essere utilizzati nel lavoro forzato.

Proprio perché i bambini sono il futuro molti si mossero in Europa per cercare di salvarli dalla furia nazista.

Tra il 1938 e il 1940, ebbe luogo una grande operazione di salvataggio chiamata ufficiosamente “Trasferimento dei Bambini” (Kindertransport); un’operazione che – dalla Germania e dai territori occupati dai tedeschi – portò in Gran Bretagna migliaia di bambini ebrei profughi e senza genitori. In tutta Europa, inoltre, persone non-Ebree nascosero giovani ebrei. In Francia, quasi l’intera popolazione di Le-Chambon-sur-Lignon, insieme a molti preti cattolici, a suore e a laici cattolici, nascosero i bambini ebrei della città dal 1942 al 1944. In Italia e in Belgio, infine, molti sopravvissero nascondendosi in luoghi diversi.

Questa esperienza è stata raccontata anche in una pellicola “One Life”, da James Hawes, sbarcata nelle sale italiane il 21 dicembre del 2023. È la storia di Nicholas Winton, interpretato magistralmente da Antony Hopkins, un agente di Borsa londinese che negli anni Trenta salvò centinaia di bambini ebrei dallo sterminio nazista proprio nell’ambito dell’operazione “Kindertransport”, riuscì a mandarne 669 in Gran Bretagna prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. È’ un racconto toccante e struggente, che restituisce un po’ di fiducia nell’umanità. 

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