Guerra in Ucraina: è giusto censurare l’arte e la cultura russa?

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In Italia l’appoggio al popolo ucraino drammaticamente sotto attacco della Russia da sette giorni non è mancato, ma le decisioni di interrompere i rapporti con l’arte e la cultura russa hanno fatto sorgere delle domande.

Il settimo giorno di invasione dell’Ucraina gronda del sangue di migliaia di vittime – si stimano 2mila morti tra i civili – con bombe russe che hanno squarciato e quasi raso al suolo intere città colpendo obiettivi civili, stazioni tv, università e siti di interesse culturale.

Il mondo intero ha gli occhi puntati su un conflitto che fino ad una settimana fa sembrava impossibile potesse iniziare, e mentre manifestazioni a supporto dell’Ucraina si diffondono in ogni città – Berlino, Tolosa, Istanbul, Sidney e molte altre – in Italia hanno fatto scalpore alcune decisioni prese da importanti istituzioni accademiche e culturali di interrompere i rapporti con l’arte e la cultura russa.

È notizia di ieri che l’Università di Milano-Bicocca ha tentato di mettere in standby un corso su Fëdor Dostoevskij a cura dello scrittore Paolo Nori, uno dei massimi esperti di letteratura russa. 

Lo scrittore dal suo profilo Instagram ha denunciato il tentativo dell’ateneo milanese, che gli aveva inviato una mail per comunicargli il rinvio del corso con lo scopo di “evitare ogni forma di polemica soprattutto interna in quanto momento di forte tensione”.
Poche ore dopo la denuncia social di Nori, il dietrofront dell’Università Bicocca, ma senza ottenere l’esito sperato perché sempre lo scrittore ha dichiarato che terrà il corso altrove.

RUSSIA E UCRAINA ALLA BIENNALE ARTE DI VENEZIA 2022

Pochi giorni prima la decisione, da parte del team del Padiglione Ucraina, di sospendere i lavori di preparazione per la prossima Biennale Arte di Venezia – che apre il 23 aprile 2022 – e le dimissioni del curatore e degli artisti del Padiglione Russia.

Dal suo profilo la Biennale Arte dichiara: “La Biennale di Venezia ha appreso la decisione del curatore e degli artisti del Padiglione Russia, i quali, rassegnando le dimissioni, annullano di fatto la partecipazione alla Biennale Arte 2022. Esprimiamo piena solidarietà per questo atto coraggioso e nobile e condividiamo le motivazioni che hanno portato a questa scelta, che drammaticamente raffigura la tragedia in cui si trova l’intera popolazione dell’Ucraina.

La Biennale resta il luogo di incontro fra i popoli attraverso le arti e la cultura e condanna chi impedisce con la violenza il dialogo nel segno della pace”.

In una nota stampa diffusa ieri l’organizzazione della Biennale Arte 2022 comunica «che sta collaborando e collaborerà in ogni modo con la Partecipazione nazionale dell’Ucraina alla 59. Esposizione Internazionale d’Arte. La Biennale di Venezia intende manifestare anche in questo modo il suo pieno sostegno a tutto il popolo ucraino e ai suoi artisti, insieme alla ferma condanna dell’inaccettabile aggressione militare messa in atto dalla Russia.

La Biennale è altresì vicina a tutti coloro i quali in Russia si stanno coraggiosamente opponendo alla guerra. Fra di loro, artisti e autori di tutte le discipline, molti dei quali sono stati in passato ospiti della Biennale. La Biennale di Venezia non chiuderà la porta a chi difende la libertà di espressione e manifesta contro l’ignobile e inaccettabile decisione di aggredire uno Stato sovrano e l’inerme sua popolazione».

E aggiunge: «La Biennale rifiuta – finché permane tale situazione – ogni forma di collaborazione con chi ha invece attuato o sostiene un atto di aggressione di inaudita gravità, e non accetterà pertanto la presenza alle proprie manifestazioni di delegazioni ufficiali, istituzioni e personalità a qualunque titolo legate al governo russo».

LA DECISIONE DELLA TRIENNALE MILANO SULLA RUSSIA

A Milano invece si diffonde la notizia – sempre su Instagram – che la Triennale Milano per decisione del Presidente Stefano Boeri, ha comunicato: “Stante l’attuale drammatica situazione in Ucraina causata dalla folle, violenta e ingiustificata aggressività dell’esercito russo è stato ritirato l’invito al Governo russo a partecipare con un proprio padiglione alla prossima Esposizione Internazionale“.

Dalla Triennale fanno sapere che “si tratta di una risposta specifica al Governo russo, referente diretto per il padiglione russo”.

In poche ore sotto il post in molti commentano di non essere d’accordo con la decisione:

L’arte dovrebbe unire i popoli e farli dialogare”.

Ma in una nota divulgata pochi giorni fa l’istituzione milanese dichiara: 

In occasione della 23a Esposizione Internazionale, che aprirà all’inizio dell’estate, Triennale Milano intende garantire, insieme a quella di molti altri Paesi che hanno aderito alla prossima Esposizione, la presenza del Padiglione dell’Ucraina.

A questo scopo, Triennale – unica istituzione culturale internazionale a far parte dal 1928 del BIE Bureau International des Expositions – intende promuovere una serie di iniziative (incontri, riflessioni, dialoghi) di preparazione del Padiglione ucraino. A queste iniziative, che verranno presentate in un incontro pubblico mercoledì 9 marzo in Triennale, parteciperanno artisti, intellettuali, scienziati ucraini e internazionali impegnati nella difesa dei valori della libertà, della democrazia, del dialogo tra i popoli di tutto il mondo”.

Planeta Ukrain, la piattaforma preparatoria del Padiglione dell’Ucraina alla prossima Esposizione Internazionale, sarà curato dallo scrittore Gianluigi Ricuperati con Lidiya Liberman, attrice, e Anastasia Stovbyr, pianista, e sarà attivo durante i sei mesi della prossima Esposizione Internazionale di Triennale Milano.

Per comprendere meglio quello che sta accadendo a livello culturale e le scelte prese dalle istituzioni, abbiamo interpellato lo scrittore e curatore del Padiglione Ucraina Gianluigi Ricuperati, la critica d’arte, curatrice indipendente e art writer Maria Chiara Valacchi e la curatrice e critica d’arte Mariacristina Ferraioli.

IL PENSIERO DI GIANLUIGI RICUPERATI

In quanto co-curatore del Padiglione Ucraino alla Triennale sono stato non solo partecipe ma vicino e fiero sostenitore della decisione.

Bisogna isolare il governo russo a ogni livello.

Così come bisogna sostenere i dissidenti russi.

I padiglioni delle Biennali e Triennali importanti sono emanazioni dei governi. 

Non si può collaborare con un governo che minaccia la nostra vita, la nostra democrazia, la nostra cultura”.

IL PENSIERO DI MARIACRISTINA FERRAIOLI

“La scelta del team del Padiglione Russo di non prendere parte alla prossima Biennale di Venezia in seguito all’invasione dell’Ucraina impone, a mio avviso, più di una riflessione. 

Pur comprendendo le motivazioni ideologiche di Raimundas Malašauskas e le difficoltà umane degli artisti russi Kirill Savchenkov e Alexandra Sukhareva, non posso evitare di chiedermi se la scelta così radicale di eclissare la propria presenza in quella che è la manifestazione d’arte più importante del pianeta sia la migliore delle scelte possibili. Se usciamo dalla logica dell’arte come puro oggetto decorativo e ne riconosciamo la capacità di smuovere coscienze e immaginazione anche come azione politica e strumento di indagine sociale, è quanto mai urgente, in un momento così complesso in cui muoiono tanti innocenti, che l’Arte “parli” e si esprima rispettando le “voci” di tutti. 

La chiusura del Padiglione Russo rappresenta una sconfitta non solo per la Biennale, ma per l’intero sistema dell’arte internazionale”.

IL PENSIERO DI MARIA CHIARA VALACCHI

“«Non c’è posto per l’arte quando i civili stanno morendo sotto il fuoco dei missili, quando i manifestanti russi vengono messi a tacere».

Queste le parole ufficiali con le quali il curatore lituano Raimundas Malasauskas e gli artisti Kirill Savchenkov e Alexandra Sukhareva – chiamati a rappresentare la Russia ai giardini della Biennale di Venezia – spiegano la loro scelta di ritirarsi dalla manifestazione internazionale;  come se questo fosse puro intrattenimento, un circo chiassoso da silenziare, come se non fosse, proprio ora più che mai, urgente gridare un dissenso utilizzando uno tra i mezzi più potenti mai avuti nelle nostre mani: l’arte. 

Ma quella che sembrava essere un’eccezione di stampo politico si è invece confermata la prima di una fastidiosa deriva socio-culturale; un affranto Paolo Nori – noto scrittore di “Sanguina Ancora. L’incredibile vita di Fëdor M. Dostojevskij” – tramite il suo Instagram ci informa che con un’email, l’Università Bicocca di Milano, decide di sospendere il suo percorso di lezioni su Dostoevskij, ricordandoci inoltre che il fotografo russo Alexander Gronsky (persona arrestata e rilasciata due giorni fa proprio per aver protestato contro la guerra…) e inoltre aggiungo Anaïs Chabeur, Olya Ivanova, Evgeny Khenkin, e Dimitry Sirotrin, sono stati esclusi in blocco dal festival di fotografia di Reggio Emilia. Tutto ciò mentre La Triennale di Milano, per bocca di Stefano Boeri, ritira l’invito alla Russia dalla prossima esposizione internazionale, promuovendo, di contro, una muscolare serie di iniziative (incontri, riflessioni, dialoghi) di preparazione al Padiglione Ucraino. 

Parafrasando lo stesso Nori, oggi in Italia essere russi sembra stia diventando una colpa; e a quanto pare non solo essere un russo vivente è una colpa, ma anche essere un russo morto. Il diktat odierno sembra quello di dover applicare delle “sanzioni” anche alla cultura, non per quello che dice – attenzione – ma colpevole solamente dell’essere, o essere stata, germinata da una nazione ben precisa; come se in un colpo la grande tradizione letteraria di Puškin, Gogol, dello stesso Dostoevskij ed ancora Nabokov, Turgenev, e forse perché no anche i quadri di Kandinskij, possano essere, da oggi, portatori sani di uno stigma dittatoriale. Perché trasformare la loro cultura in ambasciatrice, suo malgrado, di un pensiero “anti–democratico”? Perché renderla arbitrariamente intollerabile o provocatoria all’opinione pubblica? La cultura che spaventa, che non getta ponti per la comprensione, la dove le vie diplomatiche sembrano interrotte, e che per adesso è bene tenere segregata nei confini di un paese “guerrafondaio”

Credo che per tutti noi sia lapalissiano essere contro la guerra, contro le morti innocenti, contro la prepotenza dittatoriale, contro il governo Russo che invade l’Ucraina con tanta ferocia, ma può la cultura essere messa a tacere per una battaglia giocata su altri fronti? Da sempre il germe dell’ignoranza genera violenza e il pregiudizio verso l’altro non fa altro che erigere torri altissime ma lontane dal vero, dalla terra. La cultura è verbo, non serve solo per distrarci dalle facezie della vita, ma può fornirci proprio quella lente di ingrandimento per arrivare a guardarla più da vicino quella terra. Invece nell’aria aleggia un certo moralismo, una frenetica censura che – forse inconsapevolmente – non avrà altro risultato che produrre preconcetti generalistici e collegare la cultura a meri fini propagandistici, annichilendo la sua portata, la sua complessità, la sua necessità, la sua bellezza. Silenziare la cultura non può essere la risoluzione dei problemi del mondo, anzi, è proprio quella che ci costringe a guardare le cose in maniera complessa, non offrendoci risposte ma instillando sani dubbi

Siamo diventati dei giudicanti professionisti, interessati a scindere il bene dal male senza veramente capirne le ragioni; e per capirle – non passione ci vuole – ma compassione, capacità di estrarre dall’altro la radice prima del suo dolore e di farla propria senza esitazione…ma questa frase mi sembra di averla già sentita, ah sì, l’ha scritta Dostoevskij!”.

Cover Photo Credits: Courtesy SkyTg24

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