La realtà virtuale applicata all’arte

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La realtà virtuale applicata all’arte è una novità degli ultimi anni che sta rivoluzionando non solo l’esperienza ma anche il mercato.

Khora Contemporary è una casa di produzione danese che, su commissione di artisti, si occupa di realizzare, o meglio programmare, opere d’arte in realtà virtuale . Khora Contemporary è nata per creare un ponte tra artisti e programmatori. La sua mission è di portare questa nuova tecnologia nelle gallerie di tutto il mondo: lo si legge sul loro sito.
In effetti il team che sta dietro al progetto non è molto distante dal suo obiettivo.
La casa di produzione quest’anno si è infatti occupata della realizzazione di due delle opere più chiacchierate della Biennale di Venezia: L’Apparizione di Christian Lemmerz e C.S.S.C. Coach Stage Stage Coach VR experiment Mary and Eve di Paul McCarthy, in mostra presso la Fondazione Cini a Venezia fino al 27 agosto. Entrambe fruibili solo tramite un dispositivo apposito, la prima installazione (?!) permette di avvicinarsi ed osservare un Cristo crocifisso che sussulta dal dolore sotto una pioggia di gocce dorate, la seconda, per certi versi ancora più “spinta”, fa si che lo spettatore si ritrovi in una stanza piena di donne che si abusano e maltrattano a vicenda.

Cristian Lemmerz, L’apparizione. via artsy

La stanza in cui è esposta L’Apparizione di Cristian Lemmerz a Venezia , via CNN.

Oltre Khora Contemporary, abbiamo scoperto che Sotheby’s lo scorso giugno ha tenuto presso la sua sede di New York un evento chiamato “The Art of Virtual Reality at Sotheby’s”. Tra gli invitati c’erano direttori di musei, galleristi, giornalisti, ma anche sviluppatori e dirigenti delle più importanti aziende in campo tecnologico.

Abbiamo messo insieme le persone più influenti dell’arte ed alcuni partner tecnologici per aiutarci ad esplorare questa nuova forma artistica” ha dichiarato la casa d’asta.

Al coro si è voluto aggiungere anche Marc Spiegler, storico Global Director di ArtBasel, rilasciando un’intervista alla Cnn in cui si è dichiarato entusiasta della rivoluzione introdotta dalla realtà virtuale in campo artistico.

Sento che finalmente siamo arrivati al momento che sto aspettando da vent’anni” ha affermato.

La locandina di “the Art of Virtual Reality” at Sotheby’s, via Sotheby’s

Il momento in questione pare sia quello in cui non solo le case d’asta e le fiere d’arte inizino ad interessarsi e a diffondere progetti in realtà virtuale, ma quello in cui addirittura nascano aziende la cui offerta si rivolga unicamente a questo settore e a questo tipo di collaborazioni. Il momento in questione dunque pare proprio essere il 2017.
Visto l’interesse generale e le novità introdotte non abbiamo potuto fare a meno di chiederci quale impatto avrà la realtà virtuale sul mercato dell’arte. Non essendo (né noi né il mondo dell’arte in generale) riusciti a fornire una risposta netta e condivisa ci limitiamo ad elencarvi “the goods and the bads” della realtà virtuale applicata all’arte, ovvero cose che ci piacciono e ci fanno sperare in bene e cose che ci fanno preoccupare e storcere il naso di questa grande rivoluzione.

THE BADS

La determinazione del prezzo
Non sarà facile appendere “l’Apparizione” in salotto ma, statene certi, l’opera è già in vendita. L’artista l’ha infatti realizzata con tiratura di 5, ognuna al prezzo di circa 100,000$. Paul McCarthy ha invece prodotto 11 edizioni, in vendita ad un prezzo che si aggira intorno ai 300,000$ ciascuna, per via dei costi di produzione più alti. La valutazione di un’opera in realtà aumentata pone i dealer di fronte ad una grossa sfida. In primis generalmente le gallerie possono visionare il lavoro di un artista prima di metterlo in vendita, o per lo meno consultare alcune reference di terzi. Le opere di McCarthy e Lemmerz però non potevano essere realizzate senza il prezioso (e caro) aiuto di Khora Contemporary. Inoltre i galleristi devono preoccuparsi di fornire l’hardware attraverso cui è possibile fruire dell’opera e dei relativi aggiornamenti necessari a mantenerla nel tempo. Questa componente senza l’aiuto di aziende come Khora Contemporary può costituire un grosso scalino per dealer di medie dimensioni.
Infine l’opera in realtà virtuale pone anche il collezionista in una posizione scomoda: “se non la posso appendere in salotto, a cosa mi serve quest’opera? L’Apparizione di Lemmerz può essere paragonata alla sua scultura in bronzo del 2013 Jesus?”. Di conseguenza il dubbio che assilla i dealer è “il pubblico è pronto a lasciare l’oggetto per acquistare l’esperienza?

Virtually the same
Virtually the same” virtualmente lo stesso. Così Tim Schneider, autore del celebre blog The Gray Market, si è espresso parlando del mercato dell’arte virtuale in relazione a quello reale. “Mentre (alla Biennale ndr) applaudevo il lavoro di Lemmerz e McCarthy mi rendevo conto di come anche questa innovazione, che pone al centro l’esperienza anziché il valore, fosse governata dalla stessa logica della scarsità degli altri prodotti artistici”. Secondo Schneider anche se la realtà virtuale nasce come software e quindi come prodotto atto ad essere fruibile da chiunque, le logiche economiche stanno limitando la rivoluzione che questo mezzo può introdurre. Questo non vuol dire che l’arte digitale non è in grado di stravolgere le regole del mercato, dimostra solo che chi ce l’ha a disposizione è più interessato a trarne profitto piuttosto che a iniziare una rivoluzione.

Minaccia della pirateria
Come abbiamo detto anche il mercato dell’arte virtuale per sopravvivere si basa sulla formula della scarsità, ovvero meno pezzi esistono più costano e più sono richiesti. Tuttavia, a differenza delle altre forme d’arte, quella digitale può essere esponenzialmente soggetta alla falsificazione digitale dell’opera. A livello teorico infatti chiunque disponga di un dispositivo di visualizzazione per realtà virtuale può fruire dell’opera. Se un artista può facilmente limitare la diffusione di una sua scultura producendone un numero molto limitato, è molto difficile limitare la diffusione di un file digitale craccato, basta pensare a quello che è successo al mercato della musica o dei film. “In pochissimi anni chiunque avrà a disposizione un set per realtà virtuale” sostiene Sandra Nedvetskaia di Khora Contemporary. “E’ impossibile pensare di riuscire a limitare la diffusione legittima, fornendo prezzi più accessibili, o illegittima, attraverso la pirateria”.

THE GOODS

Infinite possibilità
“Quello che ritengo più interessante della realtà virtuale applicata al mondo dell’arte è che tutto il processo di creazione, dall’ideazione alla realizzazione, avviene nel digitale, un mondo dove qualunque cosa è possibile” afferma Marc Spiegler alla CNN. “Se pensi ad artisti come Iang Chang o Jon Rafman, loro non creano opere d’arte, ma mondi con le proprie regole che si materializzano davanti ai tuoi occhi. Questo non ti fa pensare ad un artista solo nel suo studio davanti ad una tela, ma ad una persona totalmente coinvolta da quello che sta producendo. Quando guardi un’opera in realtà virtuale senti una connessione molto forte con l’artista che l’ha creata”. Scordandoci di quello che abbiamo scritto prima in “the bads”, l’idea di Marc Spiegler è condivisibile ed apprezzabile. Questo nuovo mezzo ci regala la possibilità di entrare fisicamente/virtualmente nella mente dell’artista.

Il futuro ed i nativi digitali

Una bambina prova la realtà aumentata via virtualrealitytimes

I nativi digitali, che hanno una grossa familiarità con le tecnologie, sono in grado di lavorare e vivere in una dimensione completamente digitale tramite cui riescono ad esprimere le loro emozioni, preoccupazioni e pensieri” continua Marc Spiegler nella sua intervista. Quello che vuole dire il direttore di Art Basel è che le future generazioni non avranno problemi a fruire di questo mezzo di comunicazione, né tantomeno a produrre contenuti digitali che ci faranno emozionare tanto quanto una tela di Van Gogh.

Un mercato emergente

Primal Tourism Island by Jakob Kudsk Steensen (2017) via vimeo

Sempre più giovani artisti si stanno approcciando alla realtà virtuale e non tutti fanno prezzi a cinque zeri come Lemmerz o McCarthy” afferma Murat Orozobekov, fondatore della fiera d’arte Moving Image. “Durante l’edizione di quest’anno abbiamo visto esposti moltissimi pezzi digitali (tra tutti cita “Primal Tourism: Island” di Brenna Murphy”) con prezzi tra i 2.500$ e i 6.500$. La differenza nei prezzi (con le opere di McCarthy) non è solo dovuta alla reputazione degli artisti, ma anche ai costi di realizzazione. L’opera esposta alla biennale è stata realizzata con il supporto del miglior team di sviluppo nel campo. Questo ostacolo costringe gli artisti emergenti a mettere in campo una dose sempre maggiore di creatività, che il visitatore riesce a percepire ed apprezzare. Per questo sono sicuro che il futuro della realtà virtuale nell’arte sia molto fertile”.

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