Cattelan, Equazioni Postmoderne (1+1=&)

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Prendi “Until the End” (2003) di Adrian Tranquilli per sentire il (dis)senso del taglio spazialista sul presente multicentrico; poi prendi i grandi topi neri di Katharina Fritsch per trovare un animale non protetto su cui vomitare colpe e retorica, caricando sul sorcio tutta la sregolatezza interpretativa dell’arte postmoderna. Trovate le radici in un taglio nero e un topo nero, sommiamo le parti e non avremo un due ma una strana creatura polifronte che trattiene la complessità nel proprio unicum campionato e campionabile.

Adrian Tranquilli, Until the end, resina, gesso e stampa su tela, dimensioni reali, 2002. Collezione Permanente IGAV.

Da queste due radici figurative parte la riflessione sull’ultimo lavoro di Maurizio Cattelan, presentato ad Arte Fiera Bologna 2024. Sul muro vediamo il quadro nero che reinventa Fontana in uno spazialismo del taglio a forma di zeta; a giusta distanza, sul pavimento della camera, un gatto nero in posizione d’attesa ma che fa subito pensare ad una punizione scolastica dopo quel danno su tela; infine osserviamo la stanza dove avviene questo sketch ottico da tableaux vivant: siamo in uno spazio minimalista di sole pareti, basato sul modulo di ceramica firmato MUTINA (sponsor illuminato dell’operazione) che “annulla” la partnership nella maniera più elegante possibile (Fuorisalone docet).

Katharina Fritsch, Rat-King, 1993. © Katharina Fritsch/Artists Rights Society (ARS), New York. Photo: Bill Jacobson Studio, New York.

Il risultato dei tre elementi scenici è un perfetto motore semantico di Cattelan che rende il campionamento silente la sua cifra da killer del plagio (se non rivela nulla sulle sue ispirazioni vince comunque per una questione di peso nel Sistema Arte). Tutto ben fatto e ottimamente comunicato, operazione virtuosa che condensa un tema morale (e un rito commerciale) in uno spazio installativo dove è passato il grande pubblico da weekend fieristico. A scanso di equivoci, le due opere “straniere” che hanno “ispirato” Cattelan non perdono nulla da questo processo semantico, si tratta semmai di equazioni postmoderne che nascono dalla somma (integrale o modificata) di altre opere con storie diverse e, finora, inconciliabili.

Maurizio Cattelan, It (2023; marmo nero del Belgio, 37 x 19 x 41,5 cm Collezione Massimo Orsini). Maurizio Cattelan, Untitled (1991; acrilico su tela, 110 x 110 cm; Collezione Massimo Orsini).

Maurizio Cattelan definisce il canone acquisito di un campionamento (sample) che ha ragioni storiche nella musica elettronica, in architettura e design, nella letteratura e filosofia, ma che merita un processo più consapevole nell’arte contemporanea, così avanzata nei propri percorsi tematici ma così “lenta” nel suo rinnovamento valoriale e tecnologico. L’equazione postmoderna (1+1=&) sta plasmando un ponte significativo tra analogico e digitale, sta evolvendo le vecchie astrazioni in una ragione iperfigurativa, sta codificando la grammatica delle opere native digitali, sta creando nuovi spettatori e nuovi palcoscenici di fruizione e vendita, sta ampliando la scultura polimaterica di ultima generazione, sta trasformando il volto periferico delle città e la cosmesi dei suoi centri pregiati.

1+1=& è l’equazione visiva del XXI secolo, la formula che raccoglie le infinite radici di riferimento in un serbatoio attuale che permette cose una volta impensabili. L’arte contemporanea ha sconfitto molte volte (in apparenza) la morte con il suo cinismo d’avanguardia e la sua sfrenata libidine dissacrante; oggi la ricerca di un eterno replicabile passa sul mondo AI che apre sconfinamenti per gli umani e che, per paradosso, riporta l’arte all’altezza degli sguardi collettivi, verso un pubblico di ogni fascia e apertura, per un’opera che prova a rendersi più inclusiva, meno criptica ma altrettanto radicale nei risultati. 

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