Andrea Ravo Mattoni: recuperare il classico con il contemporaneo

Intervista all’artista Andrea Ravo Mattoni, che deve la sua fama al recupero del classicismo mediante l’utilizzo della bomboletta spray, facendolo coesistere con la Street Art.

Andrea Ravo Mattoni è nato sotto la buona stella dell’arte: figlio dell’artista concettuale Carlo Ravo Mattoni, cresce circondato dallo zio Alberto illustratore e insieme al nonno Giovanni Italo, pittore e autore di alcune delle più importanti creazioni per Lavazza.

Andrea Ravo Mattoni (photo courtesy Artrust)

Si forma all’Accademia di Belle Arti a Brera, dove approfondisce la sua ricerca sugli oli e gli acrilici su tela, fino alla sperimentazione nel corso degli anni della tecnica pittorica su tela trasposta sui muri di cemento.

Il suo interesse per l’arte classica è sempre stato molto forte, un bagaglio culturale trasmessogli dalla sua famiglia così come dai suoi studi, fino al 2016 quando inizia a progettare con la sua ricerca artistica il recupero del classico in chiave contemporanea.

L’intento è chiaro: realizzare sui muri i capolavori della classicità utilizzando bombolette spray, accorciando così le distanze tra il pubblico, i musei e le grandi opere d’arte.

Oggi Andrea Ravo Mattoni è stato in grado di creare un ponte tra l’arte classica e contemporanea: in questa intervista racconta i suoi inizi e i futuri progetti.

Caravaggio, Bacco, Maroggia, CH, 2021 (photo courtesy Artrust)

Ci racconti riguardo la tua formazione e la tua ricerca artistica?

La mia formazione artistica parte dalla mia infanzia. Sono figlio d’arte: mio padre era un’artista di arte comportamentale concettuale e mio zio era un illustratore e pittore.

La mia formazione parte negli anni ’90: a cavallo tra il ’94 e il ’95 inizio a fare graffiti e appartengo alla seconda generazione di writer italiani.

Lavoravo con la mia crew sia nella legalità che nella illegalità, come consono per il mondo del writing e del graffiti writing. La mia zona di riferimento è il varesotto – Ticino arrivando da Varese.

Ho successivamente studiato a Brera e ho abbandonato parzialmente l’utilizzo delle bombolette spray per dedicarmi allo studio della pittura ad olio, acrilico e ciò che concerneva l’arte classica in generale.

Ho sempre lavorato a progetti differenti tra loro: avevo un progetto in particolare che tenevo nel cassetto e che ho sviluppato nel 2016. Si trattava dell’idea di conciliare l’utilizzo della tecnica delle bombolette spray e una tradizione antica che è quella della copia rendendola contemporanea.

Ho fatto così fuoriuscire dai musei queste opere, portandole su strada. Il lavoro ha una correlazione con il territorio, il media è la bomboletta spray, le dimensioni sono monumentali. Non si può proprio parlare di copia, ma di traduzione.

Questo aspetto mi ha spinto ad evolvere il mio lavoro. Inizialmente la “traduzione” si è focalizzata sui particolari o sulla riproduzione delle opere intere, fino ad arrivare poi a ritagliare i lavori e inserirli su fondi rosso acceso molto contemporanei.

Negli ultimi tempi mi sono approcciato alla tecnica del collage, ricreando porzioni di grandi capolavori e associandole insieme sullo stesso muro.

Inoltre mi sto approcciando al digitale e nello specifico all’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale. Questa tecnologia mi permette di sperimentare tra immagini e testi di riferimento dell’arte classica che metto a confronto. Il risultato lo rielaboro attraverso la bomboletta spray su muro, traducendo ciò che l’AI ha creato su mia indicazione.

Come ti definisci in base ai tuoi lavori e al tuo stile

Semplicemente sono un artista di arte contemporanea.

Ovviamente, provenendo dai graffiti e lavorando su pareti pubbliche, attraverso l’utilizzo di bombolette spray, vengo inserito nel grande mondo della Street Art o dell’Urban Art.

Urban artist, street artist o pittore con le bombolette – che tante volte ho detto in molte interviste – sono le diverse etichette che mi hanno assegnato.

Le accetto perché servono a identificare, sia per il pubblico di addetti ai lavori che per il grande pubblico, a che corrente io possa appartenere.

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Hai ricreato diverse opere di Caravaggio. Oltre a lui ti sei dedicato ad altri artisti rinascimentali?

Lavoro sulla Storia dell’Arte. Caravaggio è stato il primo artista con il quale mi sono confrontato, poi sono seguiti altre traduzioni dei suoi capolavori, ma non è l’unico o il principale protagonista, ricopre forse il 5% della mia produzione.

Ho lavorato anche su altre epoche, ricoprendo l’arco temporale che va dal 1100 – 1200 fino al 1800.

Se devo fare una classifica dei miei pittori preferiti partirei da Guido Reni, di cui ho realizzato una splendida opera alla Cattedrale di Somma Lombardo, lo spazio eventi che, insieme a Paolo Rovelli, si è aperto nel 2021 ed è dedicato a un’idea di residenza per artisti legati alla Urban e Street Art.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Sono molteplici e principalmente all’estero. Lavoro per la maggior parte del tempo in Francia, ho inoltre progetti in Brasile e Asia. Si tratta della realizzazione di opere site specific, ma anche di arte pubblica monumentale, inoltre diverse mostre mi terranno impegnato anche in atelier per molto tempo.

Mi sono concentrato nella fusione sulla pratica della traduzione attraverso l’AI, con la fusione di vari stili. Ad esempio sto lavorando sulla fusione di Pieter Claesz, Velazquez e Caravaggio dandogli delle indicazioni e poi mettendoli a confronto con altre opere d’arte che questi Maestri hanno ricreato.

Immagine di copertina: Peter Paul Rubens, due Satiri, Bruxelles, BE, 2018 (photo courtesy RAVO)

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