Restituire luce: le “donne lanterna” di Claudia Barana-Ranaba

Il 20 maggio è stata inaugurata la mostra Le donne lanterna di Claudia Barana-Ranaba nelle sale della Biblioteca italiana delle donne, sita in via del Piombo 5 a Bologna. La biblioteca, già centro di documentazione e ricerca sugli studi di genere e femminismo, nonché ente promotore attivo dell’inclusività e dell’abbattimento della diversità, diviene il luogo della mostra dell’artista ceramista Claudia Barana-Ranaba. Una mostra diffusa, un percorso di scoperta storica e culturale che restituisce agli spettatori la conoscenza di un evento storico poco noto: il primo genocidio del ‘900 compiuto per mano tedesca, ovvero quello perpetrato nei confronti della popolazione Herero. 

La guerra contro gli Herero, popolo africano appartenente al gruppo etnico dei bantu, fu portata avanti dai coloni tedeschi nell’Africa tedesca, zona dell’attuale Namibia, nel periodo della spartizione. La politica dei coloni provenienti dalla Germania ridusse in breve tempo i nativi herero in schiavi, comportando una sottrazione delle loro terre e delle loro risorse. Ben presto si generò un conflitto che portò gli Herero con il loro condottiero Samuel Maharero, a sferrare i primi attacchi nel 1904. Fu nell’agosto del 1904 che le truppe tedesche guidate da Lothar von Trotha attaccarono l’esercito Herero, sconfiggendolo. Iniziò il genocidio degli Herero a causa della politica tiranna di von Trotha che, incaricato di sopprimere la ribellione, dette invece inizio a un genocidio perpetrato per via di pratiche disumane di sterminio, quali l’avvelenamento del sistema acquifero, la razzia del cibo e la conseguente malnutrizione e lavori forzati nei campi di concentramento. 

Samuel Maharero via Wikipedia

Nonostante molti storici contemporanei considerino questo evento storico come il «primo caso di genocidio del XX secolo», lo sterminio herero pare passare inosservato, obliterato dagli eventi bellici mondiali accaduti nel secolo breve. 

La scultura materica di Claudia Barana-Ranaba – che si definisce “atelier di ceramica creativa” – si propone di ridare luce e sostanza alla presenza obliterata della popolazione herero. Il mezzo mediante il quale si esprime è la terracotta, o meglio attraverso la costruzione di sculture che plasmano le fisionomie dei corpi delle donne Herero e dei loro coloratissimi abiti tradizionali. Si tratta di materiche sculture di dimensioni ridotte, che formalmente sembrano conservare la gestualità scultorea della creazione, l’indicalità peirceiana della loro genealogia creativa. Le sculture vengono cotte ad alte temperature, che raggiungono fino i 1260 gradi. La terracotta diviene qui un materiale indispensabile che attraverso l’essenzialità della sua composizione, ricorda la terra sottratta. Lavorarla significa riconquistarne lo spazio e rivendicarne la presenza. 

“Le donne lanterne vivranno in una mostra in cui saranno le narratrici della vicenda storica» scrive l’artista. Il vestiario diviene aspetto identitario della popolazione africana. Gli sgargianti colori e le cromie accese dell’abbigliamento delle donne divengono “simbolo di una vittoria postuma” spiega Claudia Barana. La presidentessa della Ovaherero, Ester Muijangue, così afferma: “In Africa, il cacciatore indossa la pelle dell’animale che ha ucciso, così come il soldato s’impossessa dell’uniforme del nemico. […] Dopo il genocidio, l’uniforme per l’uomo e l’abito lungo per le donne sono diventati il simbolo di una lotta intensa, la volontà così forte di portare avanti una richiesta di giustizia.” Metri di stoffa che danno vita il corpetto, alle maniche e all’ampia gonna, così anche al copricapo, di una forma che sembra ricordare le corna delle mucche, fonte di sussistenza per il popolo herero.

Claudia Barana rivendica storie e presenze sottratte dalla storia e dalla memoria, e lo fa a partire dalla ricostruzione dei corpi, della terra, della tradizione. Matericità e corporeità, vestiario e identità sono le tematiche centrali della sua creazione artistica, tesa al recupero storico di eventi che non è ammissibile dimenticare. Il suo è un gesto di restituzione, un tentativo, come lei stessa dichiara, di “voler chiedere scusa in quanto donna europea”. 

Arte e azione sono i fulcri centrali della mostra diffusa Le donne lanterna, infatti oltre che la fruizione artistica dell’«esercito di luce» modellato dall’artista, è possibile contribuire alla realizzazione di donne lanterna in argilla tramite due laboratori: uno tenuto il 21 maggio, l’altro lunedì 10 giugno dalle ore 17.00 alle 19.00, a cura di Ranaba. 

L’intento della mostra promossa e organizzata nella biblioteca delle donne di Bologna, è espressa direttamente dal loro scritto che accompagna l’evento: “ripercorriamo insieme la lotta, celebriamo una vittoria postumana!”.

Come le donne Herero indossarono l’orrore della storia per superarla e al contempo non dimenticarla, fabbricando abiti segno di una disumanità vissuta, allo stesso modo la costruzione artistica delle donne lanterna si propone di far luce su una storia obliterata dei primi del Novecento e al contempo restituire corpi di luce alle donne Herero che, con i loro vaporosi abiti tradizionali, si ergono a simbolo di ricostruzione e riscrittura storica e culturale. 

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