Milano Drawing Week, il disegno come pratica

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Milano Drawing Week, presenta la terza edizione del viaggio intorno alle opere su carta

“Disegnare è pensare. Il disegno ha un grado di autenticità che gli altri linguaggi non hanno. È un mezzo autonomo d’arte e strumento di conoscenza”, spiega Irina Zucca Alessandrini, curatrice della Collezione Ramo alla conferenza stampa di presentazione della Milano Drawing Week 2023. Una manifestazione arrivata alla sua terza edizione, il cui scopo è quello di far conoscere a un pubblico sempre più ampio, la collezione di opere su carta del XX e XXI secolo (a oggi circa 700). Ma l’obiettivo è anche quello di diffondere la cultura del disegno, alimentando la consapevolezza del suo ruolo all’interno del dibattito artistico e di mercato, come pratica indipendente. 

Spazio Lima: Benni Bosetto e Tomaso Binga, Milano Drawing Week 2023, installation view, foto Marco Cappelletti

Un progetto fortemente voluto, che quest’anno prevede un premio in denaro agli artisti, per sostenere una continuità di produzione. L’iniziativa si sviluppa attraverso una mostra diffusa che coinvolge alcuni musei civici e gallerie private della città, visitabili (gratuitamente) dal 25 novembre al 3 dicembre 2023. Patrocinata dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano comprende una serie di eventi collaterali, tra performance, un concerto in collaborazione con l’Orchestra Sinfonica di Milano, un laboratorio per bambini, e uno sketchmob. 

Gli artisti selezionati hanno avuto la possibilità di visionare (on line) il catalogo della collezione, scegliendo un’opera con cui confrontarsi. L’esito è quella di una mostra che seppur ramificata nel tessuto cittadino, diventa in una dimensione più ampia, un dialogo unico tra due secoli. E sono proprio i rami degli alberi di Luca Gioacchino Di Bernardo (Napoli, 1991) che legano la minuziosa natura di Gianfranco Baruchello, alla Galleria Tiziana Di Caro, così come le opere dell’artista francese Mad Meg (Villeurbanne (Fr), 1976), ospitate al Museo di Storia Naturale, raffigurano umani con la testa di insetti ispirati alla collezione di entomologia del museo, richiamando gli ibridi di Giorgio De Chirico. Ibridazioni con la natura anche nelle figure femminili di Juul Kraijer (Paesi Bassi, 1970) da Monica De Cardenas, che predilige le partiture poetiche di Betty Danon. Benni Bosetto (Merate, 1987) opta per il Dattilocodice di Tomaso Binga da Spazio Lima, ricreando un nuovo linguaggio fatto di una rappresentazione esplicita dei corpi, che riproduce sulla carta da parati. Un rimando a una performance di Binga, e a un modo di dire tipico degli anni ’60, (ricorda Irina Zucca Alessandrini) “non fare la carta da parati” (in riferimento alle donne che non venivano invitate a ballare). È ancora un’opera legata alle pratiche verbo-visuali dell’artista Mirella Bentivoglio, un collage che richiama la poesia visiva futurista, a affiancare il lavoro di Brandi Twilley Oklahoma City, 1982), “attratta dall’esplorazione dell’inconscio”, alla Galleria ZERO. Una mostra sui disegni prima e dopo il futurismo di Umberto Boccioni è proposta dal Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco, con una serie di ritratti femminili (la madre, la vicina di casa), e un’immagine della periferia che lentamente stava cambiando. 

Umberto Chiodi, Bestiario, 2023, matite colorate su carta, 143 x 107 cm In mostra presso OPR Gallery: Umberto Chiodi e Lucio Fontana, Milano Drawing Week 2023, installation view, foto Marco Cappelletti

Dal collage di Bentivoglio della Collezione Ramo a quelli elaborati da John Bock (Germania, 1965) per Giò Marconi, che sceglie Carte d’authenticité – Libretto delle matrici, del 1961 di Piero Manzoni, artista, quest’ultimo protagonista anche da Loom Gallery con i frammenti di linea, che hanno affinità con le Hanging Lines tracciate a mano libera da Vadim Fishkin (Penza, 1965). Segni come espressione di una gestualità artistica, che in Serena Vestrucci (Italia, 1986) da Renata Fabbri tocca il fondo della materia, attraverso una prova di resistenza della stessa, in cui fronte e retro risultano entrambi opera. Accosta il suo lavoro a Alighiero Boetti perché, ci dice “due pratiche indipendenti e di generazioni diverse partono da un terreno comune, che a mio avviso, è quello del pensiero e dell’idea”. Propende per aspetti più formali invece, la scelta di Valerio Nicolai (Gorizia, 1988) che seleziona un’opera di Alik Cavaliere (riscoperta nei cassetti dalla moglie dell’artista), da Clima, in cui l’uomo panino del primo, ha analogie con la ricerca di metamorfosi umano-vegetale del secondo. Il Bestiario di Umberto Chiodi (Bentivoglio, 1981) da OPR Gallery  fiancheggia il bozzetto di Lucio Fontana, concepito per la pubblicità della Olivetti Studio 42. La macchina resta sullo sfondo, ma emergono una “natura morta pulsante, quasi grottesca, e una figura femminile angelicata”, come scrive l’artista. Più geometrica, invece, la donna di Massimo Campigli in dialogo con il lavoro di Adrian Paci (Albania, 1969), da kaufmann repetto, che lo aveva ispirato per la sua freschezza durante le sue visite al Museo del Novecento, per colmare il “vuoto storico” della formazione accademica ricevuta precedentemente (come racconta il podcast). 

L’indagine sulla realtà o su porzioni di essa (anche la realtà del pensiero) che il disegno consente, genera lo sviluppo di un immaginario variegato in cui tensioni (tecniche e emotive) e questioni (soggetti e argomenti), restituiscono un senso di autenticità e di concretezza che questo linguaggio è in grado di dare. 

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