La scultura robotica di Quayola a Carrara

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Una pratica che esplora l’intersezione tra software e iconografia classica, tra robotica e artigianato: è questa “Plutone / Proserpina”, la mostra dell’artista Davide Quayola presso il mudaC | museo delle arti Carrara fino al 3 marzo 2024, curata da Laura Barreca.

Quayola, romano di nascita ma londinese di adozione, è uno di quegli avanguardisti silenziosi che si prende la scena con opere e installazioni sensazionali. La sua è una ricerca che si definisce con termini nuovi, ovvero robotic sculpting e computational painting: da una parte il medium è un grande braccio meccanico che scolpisce “fisicamente” in base agli input dati da un software, mentre nel secondo caso si tratta di dipinti astratti paesaggistici e in movimento creati attraverso un algoritmo. Partendo da un immagine statica, la natura non è trattata come un soggetto, ma piuttosto come uno spazio per esplorare nuovi metodi di osservazione del mondo: il processo è il vero soggetto. Simulando le pennellate (per esempio in Jardins d’Été sono quelle di Monet), le pitture digitali richiamano chiaramente le tecniche tradizionali, tuttavia, ciò che Quayola affronta in ultima analisi è l’insieme di diverse rappresentazioni emergenti dall’osservazione fatta in collaborazione con la tecnologia.

Quayola – Ultima Perfezione

Quayola sente anche il peso della tradizione nella sua indagine scultorea, con un chiaro bisogno di storicizzare e interpretare quel bagaglio inglobandolo in nuove forme ed espressioni. In questo senso, oggi a Carrara, terra del marmo più rinomato al mondo, l’esplorazione di Quayola ci porta ad una nuova vivificazione di un materiale industriale e dozzinale, il poliuretano espanso, che, solo per la sua candidezza, diventa marmo (e quindi preziosità) apparente.

Quayola. Plutone – Proserpina, mudaC, Carrara, 2023. Ph. Giuseppe D’Aleo

“Pluto #F_03_S4”, una serie di quattro sculture e il “Pluto and Proserpina Frieze #I_01” sono ispirate all’arte incompiuta di Michelangelo e al dinamico mito ovidiano del Ratto di Proserpina dell’opera di Bernini, un atto brutale e concitato che qui però si ferma e viene vanificato, trasformando la narrazione tradizionale in un contesto contemporaneo. La tecnica del “non-finito”, un tempo emblema di un processo artistico interrotto, qui acquisisce un nuovo significato attraverso l’uso innovativo della robotica: se l’uomo si ferma, e decide di fermarsi, la macchina deve fare ugualmente, non avendo una sua indipendenza totale. L’artista-uomo è sempre e comunque il “demiurgo” che dà sostanza alla forma e crea dunque per livelli, imponendo alla macchina la sua imperfezione di essere vivente non computazionale.

La mostra diventa così un laboratorio di sperimentazione, dove la robotica e la creatività umana convergono per esplorare nuovi orizzonti estetici. Il braccio robotico, guidato da algoritmi, non è più un mero strumento, ma diventa un’estensione della visione artistica di Quayola, svelando così non solo il prodotto finale, ma anche il processo creativo, offrendo agli spettatori una finestra unica sulle infinite possibilità della scultura contemporanea, oggi aperta anche ai “Top Brand” come Bulgari e Samsung, interessati anche (ma non solo) al carattere sensazionalistico di tali pratiche.

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