La galleria Mazzoleni presenta Andrea Francolino

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“Venne all’esistenza lo Spazio beante” è la prima mostra personale di Andrea Francolino alla galleria Mazzoleni di Torino

Nella prima personale di Andrea Francolino alla galleria Mazzoleni di Torino affiora una sequenza di antinomie.

Da una parte, l’indagine per mappare viaggi che attraversano interi territori; dall’altra, la registrazione di minime tracce del terreno con millimetrica attenzione.

La mostra di Andrea Francolino

Nelle opere in mostra emerge questa continua dualità che ci circonda quotidianamente. Non solo gli elementi naturali, ma anche i percorsi di ricerca diventano forme irregolari che rispecchiano andamenti organici, frattali entropici che si diffondono attorno, nei tragitti e nelle crepe che assumono un infinito numero di possibilità.

Francolino è alla ricerca di un senso a questa casualità nella serie di opere in vetro Caso x caos x infinite variabili nelle quali la rottura viene replicata nella sua dimensione originaria generando un rapporto tra naturale e artificiale: il tentativo di ricostruire il percorso di una linea imprevedibile. Ogni crepa è una forma a se stante, come ogni itinerario è unico e irriproducibile.

La ricerca di questa riproducibilità diventa l’elemento che unisce tutte le differenti ricerche spazio-temporali.

Lo stesso principio viene mostrato in una serie di video che hanno come titolo Minuto in cui immagini di crepe, ogni secondo differenti, sono proiettate su segni di matrice casuale presenti su vari supporti nel tentativo impossibile di “giusta” sovrapposizione.

Nella serie dei Percorsi l’artista cerca di esaminare le tracce cartografando solchi precisione sette – sulle superfici della carta. Questo segno mostra il movimento della materia in precise e differenti tappe di un tragitto.

In questo modo lo spostamento da lui compiuto, da uno stesso punto di partenza il suo Studio alla sua conclusione, se disegnato genera una forma equivalente che ricorda, a sua volta, una fenditura.

Le sette tracce rimangono impresse nella o sulla carta Hahnemühle.

La ricerca di una serie infinita di elementi presenti in natura e legati ad una dimensione evolutiva portano Francolino a intitolare le opere in modo minuzioso legato allo spazio e al tempo.

Ne sono esempio il grande foglio 45.069920, 7.677337 – 14/06/2022 – 13:26:13 o in From 45.500761 9.224836 to 47.562640 7.601494 dei Percorsi.

Dalla terra al cemento alla terra al cemento e Zenone

L’installazione Dalla terra al cemento alla terra al cemento genera un dialogo tra i due materiali costruendo un lento dissolvimento da una sostanza all’altra attraverso una scala cromatica fatta dalle due materie che determinano molti paesaggi attorno a noi: un controllo matematico del caos che ci circonda.

Anche qui l’artista sembra incorrere in un paradosso di Zenone, come se tra un elemento e l’altro ci fosse una possibilità intermedia, e un’altra ancora.

Un percorso tra reale e artificiale viene identificato anche in A-Biotic, opera nella quale la rappresentazione antropica della natura cerca un continuo rapporto con le forme vegetali: il paradosso di competere con essa e cercare di imitarla o sostituirla.

Andrea Francolino, A-Biotic, 2015, Courtesy The Artist, Mazzoleni, London – Torino

In queste opere c’è un tentativo di riprendere la perfezione organica delle piante, quella serie di strutture di Fibonacci che hanno una loro geometria interiore.

Il rapporto tra natura e industria, tra lo spazio verde e le grandi metropoli, diventa sempre più dialettico. A-Biotic evidenzia questa relazione simbiotica tra queste continue dualità.

In mostra sono presentate le nuove opere del ciclo cosiddetto delle crepe d’acqua.

Il luogo e il tempo sono impressi su carta utilizzando solo questo elemento inorganico che definisce immagini in grado di aprirsi, anche qui, a possibili e ampi riferimenti dal macro al micro.

L’intima riflessione sulle connessioni suggerite dalla crepa rimanda anche alla fragilità е all’impermanenza. Utilizzando solo l’acqua, a volte raccolta dai ghiacciai e dai fiumi delle Alpi, dal mare o da fonti, la sequenza di queste nuove opere è allo stesso tempo effimera e ferma nel tempo e nello spazio, attraverso le coordinate che ne fissano l’esistenza in un preciso istante
scelto dall’artista.

A differenza delle opere in cui polvere di terra e di cemento definivano le crepe impresse sulla carta qui la resa finale è una sorta di positivo scultoreo dei solchi del suolo, il supporto ne “assorbe” la tridimensionalità.

Francolino prosegue e amplia le sperimentazioni sullo spazio espositivo già avviate in passato con la sola crepa d’oro, ne è un esempio l’opera site-specific nella chiesa dei Santi Giusto e Bartolomeo a Legoli, frazione di Peccioli (Pisa).

Le crepe di Andrea Francolino

La mostra si conclude infatti con un ambiente in cui viene esemplificata la preziosità, sia fisica che simbolica della crepa, segno del
tempo e del movimento delle zolle continentali, qui realizzata in terra sul pavimento, in oro sulla parete, e in lapislazzuli sul soffitto.

Oro e blu oltremare, in sottili foglie e in pigmento finemente macinato, materiali preziosi che nella memoria richiamano i capolavori del medioevo italiano, le figure ieratiche su fondo oro della pittura, danno corpo alla ricerca di Francolino sulla crepa: come
squarci di Universo, ricongiungono terra e cielo, materia e spirito, testimoniando la preziosità celata di quanto è, ma solo ad un primo sguardo, un vuoto.

L’artista rende omaggio a questa forza della natura che segna, anzi disegna gli spazi circostanti: che siano lo spazio pubblico stradale di fronte alla galleria, oppure la faglia che separa le placche della Terra.

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