La collezione multiforme di Gian Enzo Sperone al Mart di Rovereto

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“L’uomo senza qualità”, una mostra omaggio alla carriera, al gusto e alla militanza di una delle personalità più influenti dell’arte contemporanea internazionale: Gian Enzo Sperone. Egli può essere considerato, al pari di figure come Leo Castelli, uno di quei galleristi che non sono stati semplici mercanti, bensì animatori della scena contemporanea. Torinese, classe 1939, è stato per sessant’anni un gallerista militante e un collezionista insaziabile nonché una delle figure di spicco del mercato dell’arte. Personaggio poliedrico, amico e compagno di avventura di artisti come Michelangelo Pistoletto, Sperone ha intrapreso una grande attività espositiva sostenendo le tendenze più rivoluzionarie della sua generazione: Arte povera, Arte Concettuale e Minimalismo.

“L’uomo senza qualità”, a cura di Denis Isaia con Tania Pistone da un’idea di Vittorio Sgarbi, presenta con un’operazione ironica e audace una vasta selezione della collezione privata di Gian Enzo Sperone mettendo a confronto opere d’arte contemporanea e antica, in un percorso che narra la vita e il gusto di un personaggio controverso che sembra tradire i propri principi a causa di una passione inarrestabile: il collezionismo. 

Francesco Hayez, “Atleta Trionfante”, 1813, Collezione Gian Enzo Sperone

Fino al 3 marzo 2024 sarà possibile visitare la mostra che ripercorre le tappe della carriera del gallerista a partire dagli esordi, quando nel 1963 porta per la prima volta le opere di Roy Lichtenstein in Italia. Solo un anno dopo Sperone apre una sua galleria a Torino, la Gian Enzo Sperone-Arte moderna, destinata a diventare un centro di raccolta per i movimenti più innovativi, che gli permetterà di inaugurare, nel 1972, la sede di Roma con Konrad Fischer e poi di New York, tutt’ora punto di riferimento per l’arte contemporanea. Il successo lo ha portato oltreoceano per rappresentare esponenti dell’arte concettuale come Douglas Huebler, Robert Barry e Richard Long. 

Sperone è un collezionista vorace che si aggiudica capolavori e opere minori nutrendo una collezione di oltre 800 pezzi. Si tratta di una selezione che non conosce limiti temporali o geografici, all’interno del quale figurano opere e manufatti di epoche differenti, a partire dal II secolo a.C. sino ai giorni nostri, provenienti da tutto il mondo. Nella sale è possibile imbattersi nei maestri della storia dell’arte accostati ai grandi nomi del contemporaneo, dal Cavalier d’Arpino, a Julian Schnabel, da Francesco Hayez a Vik Muniz. 

Julian Schnabel (1951) Eddie Stern (Shiva), 2007, Collezione Gian Enzo Sperone

Fin dall’ingresso il pubblico viene catapultato nell’eclettica visione di Sperone, la mostra si apre con un’opera del duo statunitense McDermott & McGough che recita: “Ho visto il futuro e non ci sono andato”. L’opera può essere considerata un ritratto ideale del collezionista che, dopo aver contribuito alla diffusione dei movimenti d’avanguardia, è divenuto un amante dell’arte antica. Il percorso entra nel vivo con due grandi quadrerie: la prima dedicata al ritratto, mentre la seconda incentrata su miti e allegorie. Non si può che essere sopraffatti dalla quantità incredibile di ritratti che rivolgono il loro sguardo all’osservatore. La parete presenta 74 opere tra cui si celano cardinali e gentiluomini del Settecento, ma anche artisti come Andy Warhol e Francesco Clemente. Le scelte curatoriali presentano paragoni apparentemente casuali che nascondono affinità visive, cromatiche e di soggetto. 

Andy Warhol (1928-1987) Knives, 1981-1982, Collezione Gian Enzo Sperone

L’allestimento dei tesori speroniani è guidato da un desiderio puramente estetico che ha origine nell’accumulo e nella ricerca della bellezza senza differenze tra artisti acclamati e non, scavando negli angoli bui della storia dell’arte. Similitudini, assonanze e confronti “quasi eretici” animano le sale, arrivando a presentare l’installazione “Senza Titolo (Fibonacci)” di Mario Merz accanto a due statue di cavalli in terracotta dipinta risalenti alla dinastia Han (206 a. C.- 220 d.C).

Colpisce nella sua originalità la vasta parete dedicata all’arte grafica, dove immersa nelle incisioni di artisti come Piranesi, Dürer e Goltzius si può scorgere “Il nido” di Xavier de Maistre, opera realizzata nel 2002. Dinamica che si ripete nella sala dedicata alla statuaria, nella quale tra i marmi dello scultore neoclassico Antonio Gai e le terrecotte dei busti antichi si trovano sculture di Ontani e Bolla.

L’uomo senza qualità” è un sapiente gioco di incastri studiato nel minimo particolare, la collocazione di dipinti, ritratti, statue, installazioni apparentemente casuale, riflette il genio di Sperone sottolineandone le stravaganze, ma allo stesso tempo mantenendo un’eleganza fatta di virtuosi accostamenti formali e riferimenti iconografici. La narrazione trova la sua naturale conclusione nei paradossi delle performance “Tentativo di volo” e “Tentativo di far formare dei quadrati” filmate da Gino De Dominicis nel 1969. Due opere capaci di riassumere il carattere di un uomo partito dai movimenti d’avanguardia, dal futuro, per giungere al passato, senza mai rinunciare alla ricerca dell’impossibile.

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