Infrasottile : l’ir-reale peso di un frammento

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Intervista agli artisti Valery Franzelli e Samuele Bartolini i cui lavori erano in mostra presso SPAZIO15 con “Infrasottile”

Rendere udibile un suono impercettibile, essere in grado di percepire un singolo granello di sabbia, riuscire a porre la giusta attenzione verso quell’elemento, apparentemente inesistente, che necessita di un suo spazio, di una zona da occupare per affermare la propria identità.

Spazio15, progetto nato da una collaborazione artistica tra Valery Franzelli e Stefano Riboli, inaugura Infrasottile: mostra collettiva – curata da Andrea Barda e Francesca Bresciani – che vede protagonista l’artista Samuele Bartolini in dialogo con Valery Franzelli.

La mostra “Infrasottile” allo SPAZIO15

Un giovane spazio espositivo, nato nel 2021 nella città di Brescia, aperto al confronto periodico con artisti esterni, una relazione semi-temporanea che vede la partecipazione alterna dei due fondatori Franzelli e Riboli.

Entrambi si ritrovano così a condividere il proprio spazio con la poetica di artisti in grado di entrare in perfetta simbiosi con le loro opere e le loro idee. 

Infrasottile accosta opere concettualmente simili ma formalmente differenti.

Il tema del vuoto, della mancanza, della necessità di affermare la propria presenza all’interno di uno spazio, viene indagato dai due artisti con una delicatezza tale da rendere Spazio15 luogo ideale in cui far sì che avvenga questo simbiotico scambio, labile ed evanescente, in grado di portare il fruitore a riflettere sul peso del vuoto, sulla consapevolezza di una mancanza che emerge nel momento in cui, anche l’oggetto più impercettibile, necessita di un suo spazio. 

Abbiamo parlato con Samuele Bartolini (Livorno,1998) e Valery Franzelli (Chiari, 1998) per entrare nel vivo della mostra e del loro immaginario artistico. 

L’intervista a Samuele Bartolini e Valery Franzelli

Come descriveresti il tuo lavoro relazionandolo ad un concetto, tema cardine della mostra, che sfiora l’evanescenza e l’inafferrabilità?

Valery Franzelli: Il mio lavoro entra in simbiosi con il tema scelto principalmente grazie all’utilizzo della parola in relazione alla messa in pratica della “tecnica del nascondino”. La parola per me è il mezzo con cui raggiungere tutti, con cui interagire nel mondo e con il mondo. Le parole colpiscono, spaventano, feriscono, rasserenano, confortano, possono smuovere emozioni contrastanti nel destinatario. Un testo stampato è, tecnicamente, astratto ed inafferrabile, visivamente inanimato, ma, nella pratica, si comporta come un essere composto da un’anima in grado di muoversi ed interagire con coloro in grado di coglierlo e farlo proprio. La “tecnica del nascondino” permette loro di celarsi agli occhi dei meno attenti e di stabilire intime relazioni tra osservatori e osservati.

Samuele Bartolini: Questi sono temi che cerco di estrapolare dalle mie opere attraverso l’uso dello spazio e la sua decostruzione. La realtà è costituita da una moltitudine di elementi inseriti in un determinato contesto spaziale ed io, cercando di trovare un collegamento tra tutte le individualità, preferisco agire sul contesto unitario e complessivo piuttosto che sulle singole entità. Lo spazio quindi è inteso nelle mie opere come una sorta di scatola, un contenitore che racchiude ciascuno di noi. Mi affascina portare al limite la sua funzione di sostegno, di supporto che si riversa in strutture come pareti o pavimenti. Queste ultime, nelle mie opere, vengono defunzionalizzate. Per esempio sui pavimenti che costruisco è impossibile camminare e le pareti sono fittizie poiché sono collassate a terra, in mille pezzi.

Il tema del vuoto, della mancanza, dell’affermazione del proprio sé come presa di coscienza di possedere un microscopico posto nel mondo, in che modalità viene affrontato nelle tue opere?

Valery Franzelli: Il tema del vuoto e della mancanza cerco di sviscerarlo nei miei lavori attraverso una rappresentazione che si potrebbe definire scarna, caratterizzata da una cromia neutra (bianco e nero). Il superfluo viene eliminato per lasciare spazio all’essenza. Parole, frammenti di poesie, di memorie passate raffigurate al limite del percepibile. Si creano superfici apparentemente vuote, composte da piccole particelle spezzettate. Un apparente latenza che si rivela ricca e gremita solo nel momento del confronto.

Samuele Bartolini: Le mie opere rispecchiano i miei molteplici interessi che cerco di direzionare anche verso altri tipi di elementi, artificiali, come gli schermi illeggibili dei monitor, o naturali che conservano in sé un’identità architettonica. La mancanza e la difficoltà di trovare un posto stabile nel mondo viene indagata mediante l’unione di questi tre elementi, architettura, tecnologia e natura, che conducono ad un continuo ripensamento circa la posizione occupata da ciascuno di noi, esseri che vagano tra sentieri incerti, alla continua ricerca di una maggiore stabilità. 

Samuele Bartolini, dettaglio di Shell drip, 2021, silicone e pigmenti

Condividere uno spazio intimo e personale con un altro artista, specialmente in occasione di una mostra avente una tematica così complessa e al contempo delicata, si è rivelato difficoltoso? Quali sono stati gli elementi che secondo te hanno reso funzionale questo scambio artistico e poetico?

Valery Franzelli: Condividere questo mio spazio non è stato affatto difficoltoso. Fin da subito si sono creati legami e connessioni tra tutti coloro che hanno collaborato per la realizzazione di questa mostra sviluppatasi in maniera quasi automatica, di comune accordo. I lavori esposti e le ricerche di entrambi si sono fusi in armonia tra di loro. Si sono create connessioni molto strette tra le due ricerche artistiche e non solo. Ho avuto modo di conoscere non solo una ricerca affascinante e stimolante come quella di Samuele ma una persona altrettanto coinvolgente. Gli elementi che, a mio avviso, hanno reso possibile questa relazione sono proprio le affinità artistiche e personali ritrovate con l’artista invitato.

Samuele Bartolini: Nel momento in cui Valery Franzelli mi ha contattato ho percepito una connessione, una sensibilità che, fin da subito, si è rivelata essere decisiva per la realizzazione della mostra. La scelta di una tematica così delicata ed intima penso sia stata non la parte difficoltosa ma il punto di forza che fatto virare il tutto verso una coerenza generale sia per quanto riguarda la realizzazione delle singole opere sia per quanto riguarda il testo critico annesso. Spazio15 è un luogo quasi magico… così intimo e raccolto che permette una lettura delle opere lenta e delineata, chiara e personale, una modalità difficile da trovare e sperimentare altrove.

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