Rebecca Horn e l’arte delle estensioni corporali

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Rebecca Horn, Finger Gloves, Performance, 1974

Artista famosa per le sue estensioni corporali che conferiscono al suo corpo forme surreali che prendono vita attraverso la performance art.

Rebecca Horn inizia il suo percorso artistico con il disegno. Dopo il secondo conflitto mondiale, la sua lingua madre tedesca non le permetteva di esprimersi oralmente senza sentirsi odiata ovunque andasse. Il disegno, invece, era un linguaggio universale, che le ha restituito la libertà d’espressione. 

A diciannove anni si trasferisce ad Amburgo per frequentare l’Accademia di Belle Arti.

Solo un anno dopo, per un grave avvelenamento ai polmoni dovuto al suo lavoro con materiali come la fibra di vetro avvenuto senza protezioni, è costretta a lasciare l’Accademia. Segue un periodo oscuro per l’artista tedesca, segnato dalla morte dei genitori, dal forte trattamento antibiotico e dal lungo periodo di degenza in ospedale.

Dopo l’isolamento iniziò a creare opere d’arte utilizzando materiali più sicuri. Creare sculture è stato il suo modo per sconfiggere la “solitudine comunicando attraverso le forme del corpo

Da ora in poi, Rebecca Horn prosegue il suo percorso con le estensioni corporali: sculture protesiche, prolungamenti di parti del corpo umano, costruite in balsa e tessuto, che conferiscono al corpo dell’artista forme inaspettate e surreali e che prenderanno vita attraverso la performance art. L’artista mette in atto, quindi, una profonda riflessione sul corpo in tutti i suoi aspetti. 

Una delle più famose estensioni corporali dell’artista è sicuramente Einhorn (Unicorno)

Si tratta di un vestito-protesi composto da fasce di tessuto bianco che si prolungano in alto con un lungo corno, posizionato sulla testa di chi lo indossa. L’opera è utilizzata in una performance: è indossata da una donna che cammina in una campagna. Attraversando campi di spighe e sentieri in modo incerto, il corpo ibrido è costretto a trovare un nuovo baricentro. Le fasce orizzontali conferiscono sostegno e struttura al corpo femminile e ricordano quelle che imprigionarono per tutta la vita la pittrice Frida Kahlo. Le due artiste, infatti, hanno in comune proprio il trauma giovanile della sofferenza del corpo, che per entrambe ha rappresentato un punto di svolta e una presa di coscienza per le loro carriere artistiche.

Rebecca Horn, Einhorn, performance, 1970

Un’altra estensione corporale è Pencil Mask (Maschera di matite). Composta da sei cinghie orizzontali e tre verticali in cui sono inserite delle matite, conferiscono al corpo la possibilità di disegnare attraverso il movimento del capo. 

Rebecca Horn, Pencil Mask, performance, 1972

Una funzione simile è attribuita all’opera Finger Gloves. Il titolo indica sia la performance che l’estensione corporale che ne costituisce il soggetto. Si tratta di guanti, in cui la forma delle è prolungata con strutture in balsa e tessuto, per permettere al performer di raggiungere punti e oggetti distanti nello spazio, toccandoli. 

In occasione delle feste natalizie del 2002 e del capodanno del 2003, Antonio Bassolino, presidente della Regione Campania, decise di commissionare all’artista tedesca un’opera che sarebbe stata esposta in Piazza del Plebiscito a Napoli.

Quest’opera era Spiriti di Madreperla: 333 teschi in ghisa posizionati nel selciato della piazza e 77 cerchi al neon sospesi come una sorta di aureole, fortemente in contrasto. Per quanto riguarda i teschi, l’artista afferma di essersi ispirata al celebre Cimitero delle Fontanelle di Napoli. 

L’opera, che scatenò diverse reazioni nella popolazione locale e anche nei turisti, fu poi rimossa a fine gennaio dello stesso anno. Alcuni teschi oggi fanno parte di un’installazione, intitolata Spiriti, esposta al Museo Madre di Napoli.

Rebecca Horn, Spirits, 2005. Courtesy Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee, Napoli. Foto Amedeo Benestante

Le opere di Rebecca Horn, controverse, provocatorie, incisive, ci parlano corpi a metà fra realtà e immaginazione, umano e animale. I corpi ibridi, con funzionalità alterate, aumentate o limitate artificialmente, sono il soggetto principale dell’artista tedesca. 

Cover Photo Credits: Les Amants, 1991

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