Pittura Punk (Pt. 2)

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di Vincenzo Profeta

Seconda e ultima parte del pamphlet “Pittura Punk”, scritto da Vincenzo Profeta, artista del Laboratorio Saccardi con Marco Leone Barone, e autore di libri corrosivi e provocatori.

Vincenzo Profeta.

La Pittura è una ed è sempre outsider, un unico corpo astrale atemporale, che spinge il cavernicolo odierno a scendere nelle grotte più oscure, a imprimere quel segno macchiato ed inutile alla sopravvivenza, quel segno macchiato che oggi non è più utile neanche alla ritrattistica, neanche ad arredare casa, quel segno macchiato su tela che è tornato libero a volare sulle nostre teste, che sta tornado a casa, dentro le grotte, dove è nato, nel buio della caverna Platonica, dal sangue del corpo di Cristo.

Laboratorio Saccardi.

Da quando il pop ha abbandonato i pittori

Da quando il pop ha abbandonato i pittori, la pittura torna a casa, e va affanculo tutta quella fiction della trasgressione, la pittura ritorna gesto serio, contenuto, virilmente autarchico, si nasconde dai riflettori, vive nel corpo morto dei pittori veri e dei bambini dell’asilo, tra le dita dei vecchi nell’ospizio, nelle case di recupero per ragazzi down, e dei pochi outsider che se ne fanno possedere.

Pure le opere scompaiono, oggi nessuno è in grado di citare un quadro di un pittore vivente, il sistema dell’arte è in fase terminale, ha avuto diversi momenti per lanciare; il famoso lagnoso e lisergico motto de “il ritorno della pittura” sul mercato e nei musei è un vecchio repertorio della critica che viene ripetuto ciclicamente ogni dieci anni, dagli anni Ottanta in poi muore e ritorna la pittura, dagli Enzo Cucchi e Sandro Chia in poi, e l’evocazione del ritorno è spesso un tentativo, un censimento addomesticato, un punto della situazione, fatto in una mostra-ricognizione, e la pittura che vuole essere diffusa risulta obnubilata invece da idee di mancati arredatori, biennali con nomi di critici e curatori a fare da star, architetture che si “integrano ai quadri” sempre più “scaffalati”, non siamo reganiani in questo 2024 con le croste alle pareti, quadri di bitume ed è rigurgito informale condito da subconscio e cocaina, siamo squallidi arredatori da Ikea evoluta, finto-stupida, quindi finto-intelligente.

Laboratorio Saccardi, De Studio, 2019.

Quando la pittura animava ancora i pittori

Quando la pittura animava ancora i pittori, le mostre se le faceva da sola a casa, da quando l’arte dai re ai borghesi è passata alla piccola borghesia punto casa, la pittura vive altrove. Chiudo gli occhi e vedo i miei quadri del laboratorio Saccardi passarmi sopra la testa, espressione di me volare nel cielo tra Palermo e Milano, ma senza la mia firma, i miei quadri tuoi, come le persone che ami e ti amano, che le capisci totalmente sempre dopo anni.

La pittura, un’ottimistica visione di una futura compassione estetica, un orgiastico prana che ti nutre e ingrassa nell’atto d’amore, masturbatorio prodotto dalla tua stessa aura. Caravaggio, l’assassino, che col suo amante messinese Mario Minniti alla corte di Giulio Secondo o Terzo fate voi, “insomma amico mio, allievo, fidanzato, amante mio, ho sfondato! Sono il pittore del Papa dipingo buttane che sono la Madonna, vieni a Roma, lascia Messina che ci divertiamo, mi scappa un delitto, forse muoio a porto D’Ercole, un giorno ci faranno uno sceneggiato Rai, una fiction, una telenovelas, una serie su di me”, inquadratura dall’alto mini spot. È la crisi del 2008 l’ultimo eterno ritorno della pittura, la pittura torna di moda, torna nuda, serve concretezza servono opere, croste da appendere in case di merda, in Accademia tornano i pittori, molti insegnano, non io, i poeti si statalizzano di nuovo, tornano all’università, si torna a studiare pittura, nessuno la sa insegnare, si ricomincia, si azzera tutto, la pittura è li sola ora, ora che i pittori hanno lo stipendio da insegnati, mentre in Triennale a Milano va di moda il cafonal pittorico.

Laboratorio Saccardi, Pret à porter, 2006.

Oggi va la pittura che si lamenta di se stessa

Oggi va la pittura che si lamenta di se stessa che non la caga nessuno, allora qualcuno si occupa di lei, l’accudisce, la tranquillizza, ne fa un censimento, come se in passato qualcuno della massa l’avesse cagata, allora l’assistente asociale le fa alzare la mano, l’addetto di turno alla cura del suo eterno ritorno la accudisce, gli manda gli sbirri pensa che strana è la gente. È la pittura dei goccioloni e delle colature che non rispettano i margini, e dice finto sguaiata; eccomi sono qui, gocciolo, sono pittura non mi vedi? Sono dipinta, tocca i miei coloracci marroncini, e marronacci, il mio nessun rispetto della forma, il mio fumettismo manierista, senza ironia e tutto bitume.

Laboratorio Saccardi, Maria Teresa Bacon, 2006.

La pittura astrattizza

La pittura astrattizza, esplode, emulsiona, arrugginisce, che la ruggine è pure pittura, entropia, entropia, luddismo, giochiamo ai cartoni animati? Che la pittura ci fa tornare bambini? L’esortazione è toccami la tela, che sono materia pittorica, ecco perchè l’IA si è messa a dipingere, perché riesce ormai ad essere meno scontata della pittura italiana.

Ma la pittura non si arrende scorre tra i secoli, nel Duomo di Monreale, tra le maestranze arabo normanne, mi ci ritrovo, mi trovo li a fare il muratore, scalpellino della Tracia, ad erigere un tempio d’oro, con la manodopera extracomunitaria, che non paghi un cazzo, a fare pittura musiva, a preparare la malta all’istituto d’arte Mario d’Aleo, a vedere la partita al baretto su Telepiù, a disegnare sempre i banchi, a scrivere frasi di Jim Morrison finte con le lettere cicce, è questa la pittura, vive tra i campioni di bigliardino.

Abbiamo bisogno d’amore per annullarci, abbiamo bisogno di amare ed essere amati, la pittura è in fondo questo, il dare amore, il bisogno d’amore, il chiederlo, il senso di inadeguatezza di tutto questo contemporaneo, l’arte è questo, la ricerca della felicità nella meraviglia della grazia, questo è punk oggi? Sì, questo è punk.

(Fine) – La prima parte la trovate qua.

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