L’ironia apocalittica di Emanuele Resce alla Nashira Gallery

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La Nashira Gallery, dopo un fruttuoso anno di mostre, inaugura un nuovo periodo nella sua storia artistica con l’apertura di uno spazio più ampio e centralizzato in via Valpetrosa 1 a Milano. Questo cambio di sede non è solo una transizione fisica, ma rappresenta l’aspirazione della galleria a incarnare un ruolo ancora più incisivo nel panorama culturale milanese, fungendo da catalizzatore di nuove espressioni artistiche e diventando un punto di riferimento cruciale per gli amanti e i collezionisti di arte contemporanea. Situato nel cuore pulsante della città, a breve distanza da luoghi iconici come la Biblioteca Ambrosiana e il Duomo, il nuovo spazio espositivo si prefigge di tessere ancor più strettamente le relazioni con la comunità artistica e il suo pubblico.

La nuova sede della Nashira Gallery è stata inaugurata ufficialmente lo scorso 8 febbraio con la mostra personale dell’artista Emanuele Resce, intitolata “Sinai Phone”. Attraverso le sue sculture e installazioni, Resce si immerge in una speculazione materica che esamina l’umanità sotto una lente sia preistorica che profetica, sollevando questioni che intrecciano il nostro futuro con il nostro remoto passato. L’artista campano, classe 1987, usa la sua pratica per capovolgere il punto di vista antropocentrico che permea le narrazioni storiche, creando opere che sono il risultato di un processo di elaborazione imperfetto e che si rifiutano di ricondursi a forme riconoscibili.

La mostra “Sinai Phone” mette in risalto la tecnica di Resce nell’utilizzare materiali grezzi come argilla, ferro e rifiuti metallici provenienti da auto e biciclette in disuso. Questi materiali, attraverso il tocco dell’artista, si trasformano in opere che sfumano la distinzione tra ciò che è antico e ciò che è contemporaneo, tra ciò che è vitale e ciò che è morto, e tra ciò che è nuovo e ciò che è stato scartato. In questo contesto, i detriti delle città in espansione diventano la tela su cui Resce delinea la forma di un’ipotetica creazione perfetta, che si rivela essere un esperimento umano, completo con i suoi errori e le sue imperfezioni.

Le opere di Resce mostrano frammenti di specchio e filamenti metallici che si intrecciano per formare strutture che interrogano il ruolo e il posto dell’umanità nel ciclo eterno della vita e della morte, portando lo spettatore a chiedersi se ciò che osserva sia un inizio o una fine, un interrogativo che l’artista stesso esplora considerando la posizione dell’arte nel contesto più ampio degli esseri e delle cose. La sua opera riflette un’operosa ironia, nata dalle campagne arse dell’Irpinia, la regione da cui Resce proviene, dove i guard rail diventano mangiatoie e gli architravi sostegni per le stalle.

Il titolo della mostra, “Sinai Phone”, è un prestito da un negozio di periferia milanese e trasforma il monte biblico della chiamata a Dio di Mosè in un simbolo di comunicazione universale, alludendo alla pratica artistica come un mezzo per superare il dualismo tra sé e il mondo. Il paesaggio quasi apocalittico che caratterizza la mostra non offre soluzioni o risposte definitive sul futuro dell’umanità, ma piuttosto testimonia la persistenza della vita al di là della nostra comprensione, sottolineando che la materia esiste semplicemente, senza necessità di consolazione.

In termini biografici, Emanuele Resce è un artista che, dopo un diploma al Liceo Artistico di Benevento, ha viaggiato dalla Germania a Milano, dove vive e lavora. La sua carriera artistica, ripresa dopo un intervallo di impegno politico, è stata caratterizzata dalla collaborazione con altri artisti e dalla co-fondazione di OMUAMUA, una community di artisti. Insieme a Valentina Avanzini, Resce ha lanciato il progetto TRANSPECIES, che continua a sviluppare parallelo alla sua pratica artistica. Le sue mostre personali e collettive sono elencate con dettaglio, evidenziando un percorso artistico di notevole rilievo e di continua evoluzione.

L’intera ricerca dell’artista rivela un approccio riflessivo verso la materia, la mortalità e la madre natura, che si manifestano nelle sue opere come una fusione di tempi e materiali. Resce utilizza l’arte come uno strumento per sfidare l’ideologia dominante che cerca di dare forma e ordine all’amorfo, permettendo invece alla casualità e all’errore di emergere come forme di resistenza estetica. Le sue creazioni sono testimonianze del tempo, stratificazioni di storie e di materiali che parlano sia del passato che del possibile futuro.

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