“La linea retta non appartiene a Dio”, la mostra di Contemporary Cluster

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L’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso di Dante Alighieri rivisitati in chiave contemporanea da tre giovani artisti.

Nell’anno delle celebrazioni per i settecento anni dalla morte di Dante, Contemporary Cluster [Collective Intelligence] celebra il sommo poeta con una mostra dedicata e ispirata alla Divina Commedia, immensa opera cardine della lingua e cultura italiana.

In mostra dal 26 novembre 2021 al 15 gennaio 2022, La linea retta non appartiene a Dio è un progetto espositivo a cura di Giacomo Guidi pensato per le sale della galleria al primo piano di palazzo Brancaccio a Roma. Le sale espositive dell’Africano accoglieranno opere e installazioni di tre giovani artisti contemporanei, Alessandro Giannì, Bianca Millan e Luca Grechi, chiamati a interpretare ciascuno una cantica della Commedia. Inferno, Purgatorio e Paradiso rivivranno in chiave ultra contemporanea negli spazi di Contemporary Cluster, promettendo un percorso multisensoriale e una rilettura attuale della più grande opera mai scritta al mondo.

La mostra nasce con l’intenzione di celebrare l’immenso poeta partendo da una visione trasversale e dinamica della spiritualità, decostruita e spogliata dei suoi dogmi iconografici, reinterpretando il pensiero di grandi figure come Antoni Gaudí e Friedensreich Hundertwasser che condividevano una visione architettonica che teorizzava la linea retta come prerogativa degli uomini, mentre quella curva rappresentava la linea perfetta di Dio. Un’architettura dello spirito che spinge l’uomo al movimento, a ricercare nella circolarità una possibile vicinanza alla figura divina, anche se ciò comporta perdere l’equilibrio.«Oggi viviamo in un caos di linee rette, in una giungla di linee rette. Se non ci credete, prendetevi la briga di contare le linee rette che vi circondano, non finirete mai di contare. Questa giungla di linee rette, che ci sta coinvolgendo sempre più come detenuti in una prigione, deve essere sgomberata. Fino ad ora, l’uomo ha sempre spazzato via le giungle in cui si trovava e si è liberato. Ma per liberare una giungla bisogna prima rendersi conto che di essere uno, perché questa giungla ha preso forma furtivamente, inosservata dall’umanità. E questa volta è una giungla di linee rette». Friedensreich Hundertwasser, Manifesto per il boicottaggio dell’architettura (1968).

Courtesy Contemporary Cluster

L’elogio della curva prende vita e si manifesta nella vita spasmodica e dannata dell’uomo, sempre più orientato allo slancio vitale che solo l’incertezza contraria a un percorso lineare può garantire, distratto dall’ambizione che lo porta a smarrire la dritta via. La rettitudine, nelle parole dantesche, simbolo di un bene superiore, sfugge all’uomo, al suo tempo e al suo spazio, scivola, devia e confonde.

È solo nella cura e nella dedizione nei confronti di un’idea di non staticità che l’uomo può sperare di incontrare Dio, è lì che si forma il desiderio della sua visione. La linea retta conduce alla perdita dell’umanità, allontana l’essere umano da ogni bene, in un percorso fatto di disordine ciclico, di lontananze e del perpetuarsi di perdita di equilibrio. Solo tramite l’allontanarsi il più possibile dall’immagine divina, nel vivere la distanza fisica e avvertire quella sentimentale, quasi carnale, nel perdersi durante questa continua ricerca, il sottrarsi alla linearità, come in una spirale dantesca, l’uomo desidererà ambire a qualcosa di superiore, attraversando il caos di linee rette, in una giungla di immorali linee rette.

Cover Photo Credits: La linea retta non appartiene a Dio, Courtesy Contemporary Cluster

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