Intervista all’artista Gianfranco Meggiato

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In questa intervista l’artista Gianfranco Meggiato presenta l’ultima installazione “L’incontro. Simbolo di Pace” presentata fino al 24 marzo in Piazza Cavour a Roma.

Intervista all'artista Gianfranco Meggiato
Installation view Gianfranco Meggiato. Credits Massimiliano Lazzi

L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità.

L’arte può ancora farci riflettere: è quello che pensa l’artista Gianfranco Meggiato che con la sua installazione “L’Incontro. Simbolo di Pace” presentata fino al 24 marzo 2023 in Piazza Cavour, a Roma, diventa teatro di dialogo sulla Pace.

Osservando i 4 metri di scultura installata al centro di 40 sacchi di iuta, simbolo della fragilità umana, viene da pensare: la Pace è ancora raggiungibile?

Per Meggiato “la Pace comincia nei pensieri di ognuno di noi”…

L’opera rappresenta un abbraccio collettivo – a un anno dalla guerra in Ucraina – che non può essere ignorato.

INTERVISTA A GIANFRANCO MEGGIATO

Negli ultimi anni il concetto di Pace sembra aver perduto il suo significato piú profondo: non solo la guerra, ma anche la divisione sociale. Perché realizzare un’opera d’arte così simbolica? 

Ultimamente si sente parlare solo di guerra e contrasti sociali, quasi nessuno parla di pace, di dialogo, di rispetto tra diversi.

Una delle quaranta frasi  impresse sui sacchi di juta che compongono l’installazione di piazza Cavour cita: “L’umanità deve porre fine alla guerra, o la guerra porrà fine all’umanità” (John Fitzgerald Kennedy dal messaggio all’ONU del 25 settembre 1961)

Ebbene io credo che viviamo in un pianeta relativamente piccolo, dai fragili equilibri, in parte già compromessi, un pianeta che di certo non può permettersi predazioni illimitate e guerre continue.

Compito dell’artista che vive dentro al suo tempo è a mio avviso quello di invitare alla riflessione con le proprie opere.

Dobbiamo risvegliarci e capire che, se non ci renderemo conto di come siamo tutti collegati, siamo tutti cellule di uno stesso organismo  (come ci ha dimostrato la recente pandemia) , rischieremo veramente che la guerra ponga fine all’umanità.

Io credo che la base dei rapporti tra esseri umani debba essere il rispetto tra diversi, sia a livello interpersonale che di potenze geopolitiche, solo così potremmo superare le divisioni sociali, le contrapposizioni e le guerre.

Installation view Gianfranco Meggiato. Credits Massimiliano Lazzi

L’arte è ancora in grado di farci riflettere sulla nostra storia contemporanea? In che modo? 

Secondo me l’arte può ancora farci riflettere,  è per questo che a me piace l’idea di porre installazioni nelle piazze tra la gente, tra quella stessa gente che non andrebbe mai in un museo, ma che si imbatte in un opera d’arte posta su uno spazio pubblico, ecco questo per me è il vero significato di arte popolare.

Questa installazione dedicata alla pace (L’Incontro Simbolo di Pace) è costituita di sacchi di juta posti a rircreare una fortificazione militare con al centro una scultura monumentale alta 4 metri: “L’Incontro”.

Simbolicamente la juta dei sacchi, essendo un materiale organico facilmente biodegradabile, rappresenta la condizione umana inevitabilmente destinata alla caducità.

È proprio nella consapevolezza della inevitabile fragilità della condizione umana che i conflitti tra uomo e uomo dovrebbero perdere di ogni significato ed invece la nostra storia contemporanea ci presenta nel 2023 una immane carneficina nel cuore della “civile” Europa.

La grande scultura verticale, posta al centro dell’installazione fa partire tutto da un’unico 

punto iniziale per farci ritrovare dopo mille percorsi intricati vicini e uguali.

Ecco che questa bianca fluida scultura in questo momento storico pone il tema del dialogo e del rispetto tra diversi nella consapevolezza che siamo tutti uno, e questo penso sia un tema di estrema attualità.

Intervista a Gianfranco Meggiato
Installation View Gianfranco Meggiato. Credits Massimiliano Lazzi

Perché e come sono state scelte le frasi poi presentate sui sacchi di juta? 

Quello che mi interessava era estrapolare i pensieri dei grandi della storia che condensano le loro esperienze riguardo al tema della guerra.

40 frasi di personaggi famosi sono state impresse sui sacchi di juta dell’installazione: da Martin Luther King, ad Albert Einstein, al Dalai Lama, a Nelson Mandela, a Mahatma Gandhi e molti altri.

Tra tutte una di quelle che mi ha colpito di più è quella di Anna  Frank: “Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora” ecco io voglio sperare che dopo un momento di generale follia, di miseria, di oscurità, si torni a parlare di pace, di bellezza, di rispetto tra diversi.

Nel libro che accompagna l’installazione (Editoriale Giorgio Mondadori) abbiamo accostato le frasi dei grandi ai disegni e alle frasi dei bambini.

Tra le più toccanti quella di un bambino ucraino: “la pace è l’infanzia felice”.

Ecco penso che nella loro semplicità i bambini siano capaci di dire tutto quello che c’è da dire.

Il ricongiungimento tra i popoli e gli individui è ancora possibile?

“Le norme giuridiche internazionali riconoscono che ogni essere umano ha diritti innati, quindi inviolabili e inalienabili, che preesistono dunque alla legge scritta.

L’individuo è soggetto originario di sovranità e viene prima dello stato e del sistema degli stati”

Io credo che tutto dipenda da noi, se andremo nella direzione del rispetto reciproco, della convivenza tra diversi nella consapevolezza che siamo tutti uno, abbiamo ancora una possibilità, se invece continueremo a schierarci umano contro umano, popolo contro popolo, stato contro stato non avremmo speranza.

La pace comincia nei pensieri di ognuno di noi.

Il panorama geopolitico è in rapida mutazione e solo il dialogo e il rispetto tra diversi può portarci alla pace.

Gianfranco Meggiato “Incontro. Simbolo di Pace”, Roma, Piazza Cavour. Credits Massimiliano Lazzi

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