Intervista a Lorenzo Bruni, Artuu x The Others Art Fair

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Artuu Magazine è tra i media partner ufficiali della XII Edizione di The Others Art Fair in programma dal 2 al 5 Novembre al Padiglione 3 di Torino, nell’ambito della Contemporary Art Week Torinese (SCOPRI QUI THE OTHERS). Per l’occasione Artuu ha curato uno Speciale Ebook intitolato “Artuu Insight on: The Others Art Fair” con contenuti inediti, interviste e approfondimenti, un souvenir digitale scaricabile gratuitamente.

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Qui un piccolo estratto dall’intervista esclusiva a Lorenzo Bruni, direttore artistico e coordinatore del board curatoriale di The Others Art Fair.

Che cosa contraddistingue la fiera The Others dalle altre fiere di settore?

L’aspetto che sicuramente contraddistingue The Others Art Fair, ancora oggi alla sua dodicesima edizione, è una spiccata attitudine site specific. Pratica che è emersa fin dalla sua prima edizione portando gli espositori a confrontarsi non con il solito whit cube, bensì con stanze e ambienti fortemente caratterizzati e pieni di tracce all’interno di Ex carceri o Ex ospedali. Ovvero edifici che in stato di abbandono venivano restituiti alla città per il tempo dell’evento. Tale approccio è coinciso con la crescente richiesta dal 2010 in poi, sia da parte degli artisti che del pubblico, di reagire alla eccessiva virtualizzazione dell’esperienza della realtà che era sempre più mediata da immagini più vere dell’oggetto reale. Tale richiesta di esperienza senza filtri e mediazioni è l’anima che continua a far essere The Others una realtà fresca, sperimentale e fondata su un clima di dialogo curioso e di scambio democratico. 

Il site specific è la formula di the others?

Più che una formula è un attitudine. Attitudine che non deve essere data per scontata e per questo proviamo a metterla, con l’organizzazione di The Others, costantemente alla prova. Ad esempio abbiamo preso atto dal 2019 che l’idea di site specific di dieci anni fa è mutata. Gli artisti, oggi, utilizzano questa definizione non più soltanto per le opere che nascono e rispondono ad luogo fisico specifico che le contiene in quel momento. Bensì per sottolineare evidenziare aspetti della società a cui vogliono rispondere. Penso ad esempio ad argomenti sensibili come l’attenzione al climate change, al corpo come elemento fisico e non solo in quanto immagine fino alla necessità di destabilizzare il modello machista e patriarcale.

La trasformazione del concetto di site specifc d’altra parte, era prevedibile in un panorama in cui le due dimensioni di on line e off line si sono rivelare (soprattutto dopo la pandemia che ha velocizzato il percorso di digitalizzazione dei servizi) essere correlate e non più interscambiabili o parallele. Ad esempio i temi a cui rispondono in maniera site specific i progetti del 2023, a The Others, vanno da un’attenzione alle ricerche arcaiche della natura all’idea di una proposta performativa delle cose, da una attenzione ad una pittura che vuole reagire all’estetica gaming al riflette sull’incontro tra modelli culturali differenti, da un lavorare su una dimensione spirituale delle cose ad una riflessione sul tema di cosa si intenda oggi nella globalizzazione avanzata per marginale.

The Others ha registrato questo cambiamento di rotta non solo a livello di contenuti, ma lo ha assunto come strumento di lavoro visto che siamo stati costretti (per motivi di sicurezza dovuti alla pandemia mondiale) a spostarci nel padiglione 3 di torino esposizioni e che a differenza dei casi precedenti è un unica grande aula. Re-introdurre le pannellature, come nelle fiere classiche, nel sistema The Others è stato un trauma che però ha portato a una attenzione maggiore per la creazione di atmosfere site specific. Atmosfere evocate dalle opere e che il display non a griglia ha permesso di veicolare al meglio. Quello del 2021 era un display a stella, mentre quello del 2022 era a labirinto. Cioè sono display, non a griglia con un unico centro, che hanno permesso di far emergere, al pari di statment non impositivi ma dialogici uno scambio informale e non mediato o gerarchizzato tra artisti, opere e pubblico. 

Quale è il display del 2023?

LB: Quello della presente edizione 2023 è un display ad arcipelago. Anche se sarebbe più corretto, prendendo spunto dal visual di quest’anno di una eclissi, parlare di costellazioni. Ovvero il pubblico si troverà ad avere a che fare con tanti piccoli centri evidenziati da colori e nomi di costellazioni differenti. Questo sistema è la miglior soluzione per rispondere al sistema del whit cube con un contesto caratterizzato dal dialogo forzato tra i vari progetti, ma anche e soprattutto tra opera e spettatore.

Oltre a rendere chiaro un principio fondamentale, non esistendo un solo centro, ovvero che tutte le gallerie e gli spazi non profit hanno la stessa importanza nel creare la nuova lettura sui fatti e sulle ricerche dell’arte dell’ultimo anno. E’ in questa ottica che non esistono a The others le sezioni, ma aree dove diviene preminente un’atmosfera rispetto ad un’altra. A The Others infatti prediligiamo i progetti che sono a confronto tra loro senza dover evidenziare, separandoli tra loro e ricreando una gerarchizzazione tipica del sistema dell’arte del ‘900, tra il ruolo della galleria commerciale e quello dello spazio non profit, tra artist run space e galleria storica che vuole lavorare con i giovani. Per questo motivo The Others, oltre che una fiera, preferiamo definirla una piattaforma che permette incontri e confronti in maniera orizzontale.

Il visual delle costellazioni vuole invece suggerici di farci sorprendere e di rivolgerci a mete inesplorate. E’ il concept scelto per ricordare l’obbiettivo della fiera e degli espositori che partecipano per mostrare le ultime scoperte fatte. 

Come si colloca The Others rispetto al mercato dell’arte, si rivolge a un segmento particolare di collezionismo?

The Others Art Fair, allo stesso modo in cui cerca di dare voce a quelle ricerche artistiche sperimentali che non hanno spazio nel sistema ufficiale e normalizzato dalla globalizzazione, punta a parlare a quel pubblico che si sente escluso da una dimensione che parla solo in modo autoreferenziale.(….)

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