Dior: tra femminismo e femminilità nelle collezioni di Maria Grazia Chiuri

Claire Fontaine, I Say I, 2020. Photo by Adrien Dirand. Courtesy T293.

Maria Grazia Chiuri esplora il femminismo nelle collezioni di Dior ispirate alle artiste di ieri e di oggi

Nel mondo dell’arte la questione femminista non è certo una novità. Eppure prima che il mercato e la critica si accorgessero delle artiste che se ne erano occupate è dovuto passare un po’ di tempo… Oggi, fortunatamente, le cose sembrano essere cambiate e il femminismo è diventato un tema ampiamente dibattuto. 

La moda non è certo rimasta indietro e la maison Dior, da quando al timone della direzione creativa per le linee femminili è presente l’italiana Maria Grazia Chiuri, è oggi esempio di eccellenza in merito al trinomio arte-moda-femminismo

Un interesse che la Chiuri ha dimostrato fin dalla prima collezione presentata, la S/S 2017, che ha visto apparire in passerella una t-shirt bianca da subito diventata il manifesto della sua linea creativa: “We Should Be All Feminists”, uno slogan stampato nero su bianco che più che un invito è un vero proprio statement a partecipare attivamente al dibattito. 

Un appello a cui la stessa maison francese risponde e che si è concretizzata poi nelle sponsorizzazioni alle mostre collettive “Il soggetto imprevisto. 1978. Arte e Femminismo in Italia”, a cura di Raffaella Perna e Marco Scotini, tenuta da FM Centro per l’Arte Contemporanea /Frigoriferi Milanesi nel 2019, e “Io Dico Io / I Say I”, a cura di Cecilia Canziani, Lara Conte e Paola Ugolini, attualmente in corso alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma.

Certamente, però, la parte più interessante che Dior ha svolto riguardo a questo tema è da rintracciare nelle collaborazioni che ha chiesto alle stesse artiste come Tomaso Binga, Silvia Giambrone, il collettivo Claire Fontaine, Marinella Senatore e Lucia Marcucci solo per citarne alcune.

Tutte sono state chiamate a realizzare i set delle sfilate e Dior ha puntato poi le successive campagne di marketing dedicate alle collezioni presentate su messaggi, immaginari e slogan femministi. 

Le artiste hanno presentato lavori dal forte impatto scenografico, che oltre ad avere un sicuro effetto estetico, si fondevano perfettamente con la collezione per invitare ancora una volta il pubblico alla riflessione. Così nel marzo del 2019 Tomaso Binga, classe 1931, ha tappezzato i muri del Musée Rodin di Parigi con un monumentale “Alfabeto Murale”, o ancora il collettivo artistico palermitano Claire Fontaine ha portato in passerella frasi femministe ispirate alla scrittrice e critica d’arte Carla Lonzi formalizzati in luci al neon e LED e carta di giornale fino alla toscana Lucia Marcucci che per l’ultima collezione primaverile ha realizzato delle grandi vetrate ispirate ai suoi collage taglienti e dal piglio ironico. 

Nella visione di Maria Grazie Chiuri l’arte e la moda diventano quindi un inno al femminile e al potere delle donne: gli abiti e la cultura possono ridefinire il ruolo delle persone nell’intera società e Dior a colpi di t-shirt e grandi installazione sta facendo proprio questo.

Cover Photo Credits: © Dior

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