DEMNA GVASALIA: TERRIFIC FASHION

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Quella di Demna Gvasalia sembra un’ascesa inarrestabile: dopo aver ricevuto due Fashion Awards (come miglior International Urban Luxury Brand per il suo marchio Vêtements e come miglior International Ready to Wear Designer per  Balenciaga) nel 2016, oggi la sua carica magnetica accresce di giorno in giorno. Ma chi è davvero il giovane stilista? E perché le sue creazioni sono così irresistibili?

Classe 1981, Demna Gvasialia cresce nella Georgia Sovietica dove tutto doveva essere autoctono e uniforme.

Forse proprio in risposta a questa censura sviluppa da subito una curiosità morbosa verso i feticci della società occidentale che porterà a definire il sui stile come “kitsch capitalistico”.

Emblematicamente il giovane designer si forma alla Royal Academy of Fine Arts di Anversa, unica scuola di Moda Statale in Europa. La scelta non può essere migliore. Anversa ha infatti tenuto a battesimo le voci più originali del Fashion-system: dagli Antwerp Six ( Walter Van Beirendonck, Dirk Van Saene, Dries Van Noten, Marina Yee, Ann Demeulemeester) a Martin Margiela (Maison di cui Demna prenderà le redini dal 2009 al 2013).

Qui il giovane Gvasalia sposa il decostruzionismo, non tanto un concetto, quanto un metodo, inaugurato dal filosofo Jaques Deridda alla fine degli anni sessanta. Facendo implodere i costrutti dall’interno, e trattenendo solo alcuni elementi strutturali di cui ci si servirà per costruire nuove configurazioni di senso, lo stilista scardina l’istituzione moda.

Demna giunge così ad un’estetica della frammentazione, della distruzione, degli spostamenti e degli slittamenti di senso. Lo stilista si apre ad un universo polisemico, composto di segni, ma senza alcuna corrispondenza obbligata o univoca. Nel solco della tradizione Punk  si arma di spirito iconoclasta e si arma per quella che Umberto Eco definì “Guerriglia Semiologica”.

 

vetements weird lead | via gq.com

 

Presto la decostruzione lo conduce verso il Dadaismo: come la compagine Dada si definiva Arte che combatte l’ arte, l’operato di Gvasalia riserva lo stesso approccio alla Moda nella sua accezione più standard.

La sua prima collezione arriva nel 2007 con il debutto alla fashion week di Tokyo, segue l’esperienza da Margiela e quella da Louis Vuitton che lo vuole nel ruolo di Senior Designer per le collezioni femminili di prêt-àporter.

Nel 2014 Gvasalia riesce a portare sulle passerelle parigine il progetto indipendente Vêtements: un collettivo di designer anonimi di cui il fratello cura l’aspetto commerciale e che viene presentata significativamente e provocatoriamente presso Le Dépôt, uno dei cruising gay club più famosi della capitale francese.

 

Vetements Champion | via missbish.com

 

Con animo pionieristico, Vêtements diviene il simbolo di un megatrend sempre più in voga: quello delle patnership.

Le creazioni griffate dal collettivo, infatti, non sono semplici collaborazioni, ma vere e proprie riletture identitarie.

Champion, Eastpack, Levi’s, Reebook, sono solo alcuni brand che si sono uniti al designer in questa crociata alla riscoperta di se stessi, smettono i panni del casual wear per diventare pezzi di street style dal carattere avant-garde.

 

La forte innovazione e il contenuto concettuale della sua moda portano Vêtements tra i finalisti del LVMH Young Fashion Designer Prize del 2015, promosso dal gruppo francese di proprietà della famiglia Arnault. Poco dopo, con la diparita di Alexander Wang, il gruppo Kering decide di affidargli il timone creativo di Balenciaga.

La creatività di Demna distorce i volumi, infonde nuova linfa all’aspetto materico dei capi e crea nuove icone del desiderio seguendo una dialettica Warholiana.

 

L.H.O.O.Q.| via pinimg.com

 

Elevando ad oggetto del desideri gli elementi del quotidiano, per la primavera-estate 2016, Vêtements propone una capsule collection di t-shirt con il logo DHL (azienda internazionale di trasporto di merci che appartiene a Deutsche Post).

T-shirt normalmente vendute sul sito del corriere al prezzo unitario di 6 euro, si tramutano così in must-have da tutto esaurito nonostante il prezzo maggiorato del 400%.

Analogamente, per la sua prima collezione da Balenciaga, Gvasalia prende di mira Ikea: Frakta, inconfondibile shopping bag venduta al publico a 60 cent, viene riproposta in una versione in pelle da 1700 euro. La provocazione è evidente, e fa bene al mercato. Tutti ne parlano, con evidenti benefici per entrambe le realtà. Gvasalia porta nel fashion un paradosso che ne svela le ombre e i più intimi meccanismi. Non importa se in questo caso non è l’azienda svedese a copiare prodotti altrui, ma è una maison di lusso che invece si appropria di un suo prodotto, tutti vogliono Frakta. Non solo: Il gigante dell’arredamento ha replicato al falso d’autore, affermando che solo la sua borsa è quella originale ed enunciando le linee guida per distinguerle.

Assistiamo oggi all’avanzata di quella che Cristina Morozzi definisce come Terrific Fashion: una moda che “ha una logica estranea alle tendenze e agli stili e, paradossalmente non segue le mode. Ha un suo percorso autonomo, legato, più che al sistema moda e alle leggi stagionali che lo governano, alla fantasia deviante, al ghiribizzo artistico, alla sperimentazione spericolata, alla spudoratezza e all’istinto dissacratorio di alcuni creativi”.

Quella che ieri era definita Moda Radicale o addirittura Anti-Moda (Kawakubo, Miyake, e Yamamoto su tuttiI) si sposa oggi a dinamiche inedite. In un mondo globalizzato, in cui gli stimoli provengono da ogni dove alla velocità della luce, il radicale diviene commerciale.

Cortocircuiti contemporanei che fanno di Demna un vincente!

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