Daniele Tamagni: l’eclettismo dell’identità nell’obiettivo

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Visitabile gratuitamente fino al 1° aprile 2024 a Palazzo Morando, la retrospettiva dedicata al fotografo dimostra come la moda possa diventare strumento di identificazione e finanche di resistenza culturale

O perlomeno lo sia in determinati contesti: ad esempio in molte zone del continente africano. La mostra “Daniele Tamagni: Style Is Life“, curata da Aïda Muluneh e Chiara Bardelli Nonino in collaborazione con la Daniele Tamagni Foundation e il Comune di Milano, è la prima grande mostra sull’artista di fama internazionale prematuramente scomparso nel 2017 a soli 42 anni. Vincitore di prestigiosi premi internazionali, Tamagni ha lasciato un’impronta indelebile nel mondo della fotografia grazie ad uno sguardo innovativo che ha fuso fotogiornalismo, street style e moda attraverso uno stile unico e inconfondibile. La sua carriera ha avuto origine da una passione nata durante un viaggio a Cuba nel 2004 che lo ha portato, dopo una solida formazione universitaria in beni culturali, ad iscriversi alla facoltà di fotografia della Westminster University. Le prime esposizioni si sono così tenute sia a Londra che a Milano, sua città natale. Dunque, dopo l’iniziale attrazione per la comunità caraibica, il fotografo ha sviluppato un forte interesse per il continente africano visitando Congo, Benin, Senegal, Sud Africa, Botsawana e Kenia: mete principali negli anni della maturità professionale. 

Dignified Queen and Katy, from Afrometals, 2012

L’elemento che maggiormente differenziava Tamagni da molti altri fotografi di moda era l’innata capacità di empatizzare con i soggetti degli scatti: ciò gli permetteva di ritrarli sempre con una sorta di spontaneità non appartenente alle classiche foto patinate. Sono nate così serie fotografiche che si concentrano su individui emarginati dalla società che sfidano le convenzioni, dando priorità alla loro espressione individuale piuttosto che alle tendenze dettate dal mercato globale. Non a caso il suo talento gli è valso molti riconoscimenti significativi, tra cui il Canon Young Photographer Award, vinto nel 2007 per la serie sui dandy congolesi “Sapeurs of Brazzaville”, e la pubblicazione di ben 25 libri come “Gentlemen of Bacongo” (2009), che ha ispirato la collezione Primavera-Estate 2010 dello stilista Paul Smith. Inoltre, sempre nel 2010, Tamagni ha ricevuto l’ICP INFINITY AWARD proprio nella categoria moda. 

Le sue foto sono state esposte nei principali musei mondiali: pochi, invece, i progetti commerciali commissionati e ciò fa riflettere su che distanza ancora separi l’arte fotografica dallo scatto per altre finalità.

A model, styled for the Fashion Week in Dakar, 2011

Forse il progetto più curioso e più noto di Tamagni è quello dedicato ai sapeurs congolesi, che traggono questo nome curioso dalla cosiddetta SAPE (Società degli Animatori e delle Persone Eleganti). Fin dall’origine del movimento, agli inizi del secolo scorso, i sapeurs hanno reinterpretato lo stile dei colonizzatori francesi esibendosi in delle specie di performance dove l’ostentazione, il lusso e la raffinatezza diventano strumenti di resistenza culturale. I protagonisti delle fotografie di Tamagni emergono così per lo stile e i colori degli abiti indossati, per i dettagli degli accessori quali occhiali da sole, orologi e cappelli, trasmettendo un gusto particolare e soprattutto tanta voglia di vivere ed apparire, in contrasto con l’idea che spesso si ha del paese africano. 

Untitled, from Kami, 2010

Il percorso espositivo allestito a Palazzo Morando presenta anche i metallari del Botswana evidenziandone lo stile attraverso un sapiente gioco di luci e contrasti. Un vero e proprio viaggio visivo in un immaginario “dark africano” che distoglie gli spettatori dai vivaci colori dei sapeurs. Proseguendo nella visita si ritrovano dei tessuti variopinti nei costumi tradizionali delle lottatrici boliviane, progetto premiato dal World Press Photo. Le cholitas, infatti, indossano una particolare gonna (pollera) e con le loro esibizioni sfidano le differenze di genere, promuovendo forme concrete e positive di emancipazione femminile sia a livello sociale che politico. Invece, passando agli scatti delle “Joburg Style Battles”, Tamagni ha dato vita a un esercito di dance crews e sottoculture, come i Vintage o gli Smarteez, documentando un mosaico di storie, stili e persone per le quali la moda viene utilizzata come riposizionamento identitario e espressione di una libertà conquistata a fatica.

Carmen Rosa flying, from The Flying Cholitas, 2010

La ricerca del fotografo non si è però limitata alla documentazione di trend e trasformazioni estetiche, bensì ha sempre posto al centro le persone e le loro storie. Daniele Tamagni ha sviluppato una forte sensibilità verso la cultura africana, immergendosi nelle comunità che fotografava con rispetto e autenticità, come ben emerge dalla selezione delle 90 fotografie, tra cui alcune inedite, esposte a Milano. Ad esempio fu uno dei primi fotografi occidentali ad interessarsi alla settimana della moda di Dakar, riuscendo a catturare l’intimità e la spontaneità di modelli e stilisti nei backstage delle sfilate e nei laboratori sartoriali senegalesi.

La mostra “Daniele Tamagni: Style is Life” si configura non solo come un tributo alla straordinaria carriera dell’artista, ma anche come un’opportunità per celebrare l’eredità che ci ha lasciato. Infatti la Daniele Tamagni Foundation, fondata nel 2019 per preservare e promuovere la memoria e l’eredità artistica del fotografo, sostiene giovani talenti africani attraverso il Daniele Tamagni Grant. Gli scatti dei tre vincitori della seconda edizione sono esposti proprio in conclusione del percorso di visita della retrospettiva milanese: un tributo tangibile a un artista che ha saputo cogliere l’essenza della moda come espressione di identità e resistenza, lasciando un’impronta indelebile nel mondo della fotografia e della cultura contemporanea.

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