Burning Green. Andriu Deplazes alla Collezione Maramotti

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Fino al 30 luglio è possibile visitare alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia la prima personale in Italia dell’artista Andriu Deplazes.

Burning Green si presenta come un corpus di opere dove la natura è protagonista insieme all’uomo di un viaggio drammatico e apparentemente privo di speranza.

Attraverso un uso del colore, dolce e quasi infantile, Deplazes si interroga su tematiche quali la crisi ecologica e la condizione umana.

ANDRIU DEPLAZE ALLA COLLEZIONE MARAMOTTI

La Collezione Maramotti di Reggio Emilia ha inaugurato Burning Green di Andriu Deplazes, artista svizzero con base a Marsiglia. L’esposizione si sviluppa all’interno dello spazio Pattern Room della Collezione con un cospicuo corpus di opere, realizzate utilizzando varie tecniche, guidando il visitatore alla scoperta di diverse aree tematiche.

Colpiscono i dipinti di grande formato dove funge da quinta scenica un arioso paesaggio montuoso colto sulle tinte di un tramonto; nella composizione dominano vaste distese di campi, possibile riferimento allo sfruttamento di suolo da parte dell’essere umano che disboscando utilizza la terra per l’uso agricolo intensivo.

Forse è proprio il “verde che brucia” a dare il titolo alla mostra, volendo illustrare una natura fortemente antropizzata in contrapposizione al paesaggio montuoso incontaminato dello sfondo.

Ci sono vari elementi nelle opere del giovane Deplazes, compaiono figure umane, in Body holds baby between cows, colpisce, ad esempio, un uomo fermo ed impassibile che culla tra le braccia un infante, la figura è compresa tra due bovini nell’atto di presentazione all’osservatore, la composizione richiama gli schemi delle sacre conversazioni tra santi delle pale d’altare della pittura Quattrocentesca.

Burning Green. Andriu Deplazes alla Collezione Maramotti
Andriu Deplazes Burning Green veduta di mostra Collezione Maramotti, Reggio Emilia Ph. Roberto Marossi

PERDERSI IN UN LABIRINTO DI OPERE

Il percorso della mostra è studiato in modo che il visitatore possa perdersi in un labirinto costituito da dipinti, sculture, opere su carta e plexiglass, percorrendo un viaggio intimo sulla condizione umana, dove l’essere umano è rappresentato da figure dai tratti deformi, esili ed alienate, avvolte in un’atmosfera scandita da un velo di malinconia.

Le figure, segnate dal passaggio del tempo, sono colte in scene quotidiane, spesso inquadrate in attimi di vita domestica, come cene familiari, mentre in altre si collocano all’aperto in atteggiamenti di ferma rassegnazione.

Sono presenti, inoltre, riferimenti al mondo militare e musicale, dove figure umanoidi in tenuta militare sono rappresentati con il proprio strumento musicale.

La musica in Deplazes non è il canonico sinonimo di libertà e leggerezza ma è musica marziale, un formidabile coesivo che conduce tanti singoli individui, come un potente esercito, ad agire come un’unica ed unitaria forza, raggiungendo così obiettivi che il solo uomo non potrebbe raggiungere da solo.

Burning Green. Andriu Deplazes alla Collezione Maramotti
Andriu Deplazes, Tambursoldat (Tambour soldier) 2023, Courtesy of the artist and Galerie Peter Kilchmann, Zurich. Ph. Roberto Marossi

L’uomo e la Natura sono dunque i principali protagonisti delle opere di Deplazes, dove i paesaggi montuosi, familiari alla terra d’origine dell’artista, si contrappongono a vaste aree disboscate. Ed in questa sospesa atmosfera c’è l’essere umano che Deplazes descrive come malato, abbandonato ad uno stato di rassegnazione di un mondo che lui stesso ha creato.

Tra l’uomo e la natura c’è però la musica suonata dalla banda di militari, forse simboli di speranza in un futuro migliore. In contrapposizione con questo clima inquieto c’è comunque un uso del colore dolce, quasi ingenuo, ed infantile che induce l’osservatore alla riflessione ed alla speranza.

Immagine di copertina: Andriu Deplazes Körper hält Säugling zwischen Kühen (Body holds baby between cows) 2023 olio su tela 209 x 309. Courtesy of the artist and Galerie Peter Kilchmann, Zurich. Ph. Roberto Marossi

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