A Parigi 3 nuove opere di Banksy contro le politiche europee sull’immigrazione

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Nel pieno della crisi europea dei rifugiati, Banksy ha scelto i muri di Parigi per dire la sua al riguardo delle posizioni politiche prese dai leader del vecchio continente.

Banksy ha espresso il suo dissenso alle dure politiche intraprese dai leader europei nei confronti del fenomeno immigrazione, e lo ha fatto sui muri di Parigi. Lo suggeriscono 3 murales e i numerosi ratti (una firma che marchia moltissimi lavori dello street artist mascherato) che settimana scorsa sono comparsi sulle pareti delle strade parigine. La conferma è arrivato oggi sul suo profilo Instagram

È la prima volta che l’artista colpisce Parigi con commenti sociali e politici. Non a caso, il primo dei nuovi lavori è stato scoperto durante la Giornata Mondiale dei Rifugiati, il 20 giugno, vicino alla stazione della metropolitana Porte de la Chapelle a nord della capitale, dove fino a qualche tempo fa sorgeva il più grande centro di accoglienza per rifugiati della città: “La Bulle” (The Bubble).
Negli anni il centro ha fornito alloggi a circa 3.000 rifugiati fino a quando il presidente francese Emmanuel Macron ne ha ordinato la chiusura l’anno scorso. Molti dei migranti che vivevano a “La Bulle” sono stati trasferiti in rifugi temporanei,molti altri dormono ancora per le strade di Parigi. Negli ultimi tre anni, quasi 40 campi profughi improvvisati nella capitale sono stati rasi al suolo dalle autorità francesi.

Il primo dei nuovi murales attribuiti a Banksy mostra una bambina africana che con una bomboletta di vernice rosa copre una svastica su un muro, nell’intento di abbellire la sua nuova casa: proprio affianco a lei un sacco a pelo e un orsacchiotto che le fa compagnia nelle notti per strada. Il lavoro è stato interpretato come critica alle politiche anti-immigrazione promosse dai governi europei, nonché come un riferimento alla situazione dei giovani migranti che vivono nelle strade

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Il secondo murales utilizza un linguaggio ancora più esplicito nel prendere di mira l’establishment francese.Trovato nel centro della città, raffigura un uomo d’affari con gli occhi bendati che offre un osso a un cane a tre zampe dall’aspetto affamato .L’uomo nasconde una sega dietro la schiena, che presumibilmente ha usato per segare la zampa del cane, prima di distogliere l’attenzione dell’ animale con un osso.

. Sorbonne University

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Il terzo lavoro fa riferimento al noto dipinto di Jacques-Louis David “Napoleone che Attraversa le Alpi “. Al posto di Bonaparte però è ritratto un cavaliere dall’aspetto quasi ridicolo: un mantello spinto dal vento gli copre il volto, suggerendo che la leadership politica del Paese è ormai cieca. Il mantello potrebbe anche essere un riferimento al cosiddetto “Burka Ban”, provvedimento introdotto dal governo francese nel 2010 che proibisce la copertura del viso in pubblico, e di conseguenza gli indumenti religiosi come il burka pieno o il niqab indossato da alcune donne musulmane.

. LIBERTÉ, ÉGALITÉ, CABLE TV

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Come dicevamo prima, per la città sono comparsi numerosi ratti, che nei lavori dell’artista sono il simbolo del popolo, della massa e degli ultimi. I ratti comparsi a Parigi interagiscono con l’architettura degli edifici e con i graffiti realizzati da altri writer prima di lui.
Un pezzo ad esempio fa riferimento al periodo di disordini civili che si verificò in Francia nel Maggio 1968. Scoperto sulla riva sinistra della Senna, vicino all’Università della Sorbona, ritrae un topo seduto sotto le parole “Maggio 1968”. Il numero otto è però caduto (insieme allo spirito rivoluzionario della città) finendo proprio sulla testa dell’animale. Il rimando estetico è chiaramente alle orecchie di Mickey Mouse (il ratto porta anche il noto fiocco rosso di Minnie), e a Disneyland Paris, tra i maggiori datori di lavoro della città.

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Banksy, che di solito reclama le sue opere postandole sul suo sito web, ha appena confermato tramite il suo profilo Instagram che le nuove opere di Parigi sono state effettivamente dipinte da lui. I dubbi sull’attribuzione erano sorti poiché nessuna delle opere è firmata e la rivendicazione via web tardava ad arrivare. Tuttavia gli indizi che hanno fatto pensare sin da subito alla mano dell’artista erano molti. Non è infatti la prima volta che l’artista si occupa di questioni relative al trattamento dei rifugiati. Nel 2015, ha portato la sua vernice nella città di Calais, sede del campo profughi “Jungle”, raso al suolo dalle autorità nel 2016. Con un murales tra le baracche l’artista ha ricordato alle autorità che il defunto CEO di Apple, Steve Jobs, proveniva da una famiglia di migranti siriani. Sempre a Calais, l’artista ha realizzato un pezzo che fa riferimento al dipinto del pittore romantico francese Théodore Géricault “La Zattera della Medusa”, alludendo al destino delle centinaia di migliaia di migranti che tentavano di attraversare la Manica per raggiungere il Regno Unito. Più recentemente, nel 2017, l’artista ha creato un murale anti-Brexit a Dover, sul lato britannico della Manica.

via flickr

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