Alla A arte Invernizzi la mostra “L’occhio critico”

Il percorso espositivo che si articola sui due piani della galleria, presenta opere di artisti di diverse generazioni

La galleria A arte Invernizzi presenta la mostra L’occhio critico, che si inserisce nella serie iniziata con L’occhio musicale (2014) e proseguita con L’Occhio Cinematico (2016) e L’Occhio Filosofico (2018).

In questa occasione si rivolge lo sguardo non solo alle opere ma anche a chi vuole mostrarle. L’occhio critico è, ovviamente, quello del critico: quello di chi intende mostrare agli altri le opere, che ne indica la loro presenza e ne approfondisce la lettura. Ma occhio critico deve poter essere, anche, l’occhio di chi osserva le opere d’arte, scardinando l’ovvio e l’acquisito che c’è nel guardare.

Gli artisti esposti sono rappresentanti e protagonisti di diverse generazioni dell’arte contemporanea italiana e internazionale a partire dagli anni Cinquanta. La mostra permette di individuare un fil rouge che attraversa il “fare” di ciascuno di essi pur nella loro individualità irriducibile.

Francesco Candeloro<br>Linee angolo 2020<br>Plexiglass découpage and marker on paper and acetate 297x21x6 cm<br>Courtesy A arte Invernizzi Milan<br>Photo Bruno Bani Milan

Il percorso espositivo si articola su entrambi i piani della galleria. Nella prima sala del piano superiore sono presenti opere di Carlo Ciussi, Gianni Colombo, Philippe Decrauzat, Bruno Querci, Nelio Sonego e Elisabeth Vary; in modi assai diversi fra loro – tramite la superficie pittorica, per una costruzione aggettante, o scultorea in senso lato – si appropriano sia dello spazio fisico che mentale. La sala espositiva successiva, in continuità con la precedente, mette in dialogo opere di Gianni Asdrubali, Arcangelo Sassolino e David Tremlett.

Seguono nelle sale adiacenti, con opere più intime, Rodolfo Aricò, Francesco Candeloro, Lesley Foxcroft, Salvatore Scarpitta, Günter Umberg e Grazia Varisco, dando luogo a un passaggio riflessivo e invitando a un avvicinamento attento. L’opera di Riccardo De Marchi esposta sulla parete all’ingresso fa da cerniera fra i momenti della visita. Al piano inferiore sono presenti lavori caratterizzati da spinte spaziali, prevalentemente verticali, in Dadamaino, François Morellet, Mario Nigro, Niele Toroni e Michel Verjux, o longitudinali, come in Alan Charlton. L’opera di Pino Pinelli sintetizza in un certo modo le due direzioni attraverso una disseminazione ellittica.

Dadamaino<br>Il movimento delle cose + Il muro di Delfi 1996<br>Mordant on polyester 2265×100 cm<br>Courtesy A arte Invernizzi Milan<br>Photo Bruno Bani Milan

La varietà delle opere, caratterizzata da un forte restringimento dello spettro cromatico, è molto ampia sia sul piano formale sia per i diversi media utilizzati; l’assenza dei colori favorisce una visione prolungata e ripetuta.

La mostra vorrebbe rendere possibile un allenamento dell’occhio allo stupore ed essere un invito a osservare le opere nella loro unicità. Gli accostamenti presentati creano una continuità fra i diversi lavori, ma allo stesso tempo inducono a mantenere le distanze sia fra le singole opere, per evitare di uniformarle, sia fra esse e lo spettatore, per mantenere lo spazio della sorpresa.

Cover Photo Credits: Courtesy A arte Invernizzi

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