Alfredo Cramerotti e Auronda Scalera, i curatori “visionari” dell’arte digitale

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Intelligenza Artificiale, arte generativa, i NFTs, il Web3, Metaverso: Alfredo Cramerotti e Auronda Scalera sono un duo di curatori con un pregiudizio positivo nei confronti di tutto quello che è innovazione nella cultura digitale. La loro mission, che perseguono con incessante costanza, è scandagliare incessantemente il panorama artistico digitale contemporaneo per anticipare il futuro ed evidenziare le migliori pratiche del presente.

Il loro sodalizio curatoriale è nato 6 anni fa, e insieme hanno lanciato progetti come l’XXNFT & IAM-Infinity Art Museum e dal 2023 curano insieme la sezione Digital Arts + Advanced Technologies di Art Dubai.

In questa intervista, ci immergeremo nella loro filosofia di “teorici culturali”, dove curatela vuol dire “integrare diversi campi per promuovere una comprensione più profonda delle connessioni culturali“, in un risvolto che potrebbe essere definito “visionario”.

Alfredo e Auronda, ormai siete un duo di curatori conosciuto in tutto il mondo dell’arte per il vostro lavoro nell’ambito dell’Arte Digitale, AI, Arte Generativa, Web3 e Metaverso. Come è iniziato il vostro sodalizio curatoriale?

Il nostro sodalizio curatoriale, focalizzato sull’Arte Digitale, AI, Arte Generativa, NFTs, Web3 e Metaverso, ha avuto inizio 6 anni fa dalla condivisione di una visione comune e dalla passione per l’innovazione artistica. Ambedue veniamo da più di 20 anni di lavoro nell’arte contemporanea ma con un background in digital art, design e media, così abbiamo deciso di approfondire l’argomento quando la comunità blockchain ha creato un nuovo movimento come non se ne vedeva dagli anni’60.

Vi definite dei “teorici culturali”, che presuppone una visione olistica dei campi della creatività. Come viene tradotto questo concetto nel vostro approccio curatoriale?

Essendoci definiti “teorici culturali”, il nostro approccio curatoriale si traduce in una visione completa della creatività, integrando diversi campi per promuovere una comprensione più profonda delle connessioni culturali. Secondo noi la digital art espande le nostre percezioni con un impatto profondo sulla nostra mente e sulla nostra percezione. Ci vorranno anni per capire come questi effetti stanno modificando la nostra società.

Insieme curate la sezione Digital Arts + Advanced Technologies di Art Dubai. Quali sono le pratiche che vedremo nel 2024 e come si evolvono rispetto al 2023?

Nel 2024 vedrete pratiche evolute rispetto al 2023, con un focus su innovazioni all’intersezione tra vari aspetti della cultura digitale. Ci saranno le evoluzioni portate dai modelli linguistici dell’AI ed opere realizzate in sincronia tra umani e robot, per esempio. Molti artisti contemporanei stanno esplorando la digital art, creando opere ibride definite phigytal , dove arte fisica e arte digitale, e anche medium e formato si fondono in un tutt’uno. 

A marzo parteciperete ad un evento di DDX Conference a Dubai come panelist. Il tema: la User Experience nei mondi dell’arte contemporanea e digitale. Volete anticiparci qualcosa?

Nel panel di DDX Conference a Dubai, a marzo 2024, affronteremo il tema della User Experience nei mondi dell’arte contemporanea e digitale, esplorando come migliorare l’interazione dell’utente con le opere d’arte, dall’esplorazione attraverso i nuovi metaversi, alle tute sensoriali, ai nuovi Vision Pro della Apple che rivoluzionano il mondo di percezione spazi/oggetti/persone attraverso il cosiddetto spatial computing.

Recentemente avete partecipato all’AI House a Davos, un evento che vuole fare il punto sullo stato dell’arte dell’Intelligenza Artificiale nei suoi diversi campi di utilizzazione. Per l’arte, avete portato Studio Ouchhh che per l’occasione hanno anche creato un’installazione immersiva di AI Generated Visuals. Quali sono state le impressioni e gli insights che avete tratto da questo evento?

Essere a Davos su invito dell’AI House durante il World Economic Forum ha fornito impressioni positive e feedback consistente sul lavoro che stiamo facendo, mostrando in pratica il potenziale dell’Intelligenza Artificiale nell’arte, con insights sulle nuove prospettive e potenzialità creative. L’opera interattiva (nel vero senso del termine) di Ouchhh è una manifestazione lampante di come si sia evoluta l’AI tanto da riuscire a leggere cinque differenti categorie di onde cerebrali, combinandole con il battito cardiaco di ciascuno degli ‘utenti’, e trasformando il tutto in immagini real-time, irripetibili visto che venivano generate da questa combinazione persona/spazio/tempo. Nel futuro molto vicino l’AI si avvicinerà molto alle nostre funzioni umane, trasformando profondamente la nostra civiltà e di conseguenza, cultura.

A tal proposito, come definireste l’estetica generate dall’Intelligenza Artificiale? C’è una tendenza generale, oppure ogni artista segue la propria visione?

L’estetica generata dall’Intelligenza Artificiale è molto diversificata, con alcuni artisti che seguono tendenze comuni (per esempio, l’adottare e adattare data base esistenti in molteplici campi di conoscenza) e altri che esplorano la propria visione unica (per esempio, costruendo dei data base specifici su un qualcosa che non è catalogato). Alcuni artisti sono più proiettati sul mondo esterno per cosi dire, altri più sulla figura intima dell’essere umano. È una riflessione sulla varietà di approcci nell’utilizzo di questa tecnologia.

Quali saranno, secondo voi, le più grandi sorprese nel 2024 nell’ambito dell’Arte Digitale? Parlo di tecnologia, ma anche di artisti che, secondo voi, saliranno alla ribalta.

Domanda da 100 punti… Nel 2024, prevediamo sorprese significative nello spazio dell’Arte Digitale, sia in termini di avanzamenti tecnologici che di artisti (emergenti e affermati nel loro circolo) destinati ad arrivare all’attenzione del grande pubblico, contribuendo a ridefinire il panorama artistico digitale e contemporaneo. Le nostre previsioni? Artisti e autori come Krista Kim, Ana Maria Caballero, Sasha Stile, Operator, Auriea Harvey. Ce ne sono molti altri che potremmo menzionare, ma un po’ di trade secret non fa male!

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