Wicked: un musical che reinventa la leggenda del Mago di Oz

In un tempo in cui il cinema sembra ossessionato dal passato, esplorando incessantemente prequel e origin story, l’arrivo di Wicked sul grande schermo appare quasi inevitabile. Il film, che scandaglia le origini della Malvagia Strega dell’Ovest e della Buona Strega del Sud, attinge a una fonte potente e iconica: quel mondo incantato de Il Mago di Oz, che dal 1939 continua a brillare come un faro nell’immaginario collettivo. Tuttavia, Wicked non è soltanto un ritorno a Oz; è una reinterpretazione, un capovolgimento, un’operazione che, pur calcando un sentiero già illuminato dal musical di Broadway, si propone di rivelare i chiaroscuri dietro i volti, un tempo monolitici, del bene e del male.

La vicenda è monumentale e bifronte: il film diretto da Jon M. Chu è il primo atto di un dittico, il cui epilogo è atteso nel 2025. Al centro del racconto troviamo due figure diametralmente opposte, Elphaba (Cynthia Erivo) e Glinda (Ariana Grande), destinate a diventare, rispettivamente, la temuta Strega dell’Ovest e la luminosa Strega del Sud. Il loro incontro, ambientato tra le mura di una prestigiosa scuola di stregoneria, ha il sapore di un destino ineluttabile: due giovani donne, legate da un’amicizia sincera ma fragile, sono travolte dalle forze che le circondano, dalle avversità personali e, soprattutto, da un mondo che le condanna a ruoli antitetici.

Elphaba è il fulcro della narrazione. Nata con una pelle verde, simbolo di una diversità che il suo mondo non accetta, la giovane strega rappresenta un’allegoria struggente della discriminazione. Le sue origini, segnate da una relazione extraconiugale della madre e dalla nascita di una sorella disabile (Nessarose), la inchiodano a una vita di emarginazione. In questa figura si intrecciano le grandi domande del contemporaneo: cosa rende qualcuno cattivo? Fino a che punto il giudizio altrui, implacabile e cieco, può plasmare un destino?

Il film, come il musical da cui trae ispirazione, si appropria della metafora della gravità, rendendola non solo il centro della parabola di Elphaba, ma anche un’immagine universale: Defying Gravity, il brano che ha fatto la storia, diventa il grido di una donna che si rifiuta di essere schiacciata da un mondo che non la vuole accettare. Una ribellione interiore, un gesto di affermazione che risuona come un inno contro il bullismo, il razzismo e ogni altra forma di oppressione sociale.

Se Elphaba rappresenta l’outsider, Glinda è l’incarnazione di un privilegio inconsapevole, quello di chi attraversa la vita con il vento in poppa, celebrata per qualità superficiali come bellezza e carisma. Ariana Grande, sorprendente nel ruolo, dipinge una Glinda perfetta: non solo la reginetta frivola, ma una giovane donna capace di momenti di autoironia e sfumature di rimorso. È forse lei, più di Elphaba, a incarnare la grande tematica del film: il peso delle etichette, quelle assegnate dal caso o dalle convenzioni sociali.

L’interazione tra le due protagoniste è il motore emotivo della storia, un delicato equilibrio tra affetto e rivalità, che si infrange nel momento in cui le pressioni esterne – i giochi di potere del Mago (un istrionico Jeff Goldblum) e della manipolatrice Madame Morrible (Michelle Yeoh) – piegano i loro legami. Come due astri che si attraggono e si respingono, Elphaba e Glinda percorrono traiettorie opposte, ma parallele, verso il destino che Oz ha riservato loro.

Laddove il film tocca vette altissime è proprio nell’uso della musica: i brani iconici del musical di Broadway risuonano con forza e intensità, arricchendo le dinamiche emotive e illuminando il mondo di Oz con un lirismo che il solo dialogo non potrebbe raggiungere. In un brillante gioco di specchi, Wicked capovolge i ruoli tradizionali del bene e del male. Elphaba, perseguitata e manipolata, è un’eroina tragica, una vittima delle circostanze più che delle sue azioni. Al contrario, i buoni si rivelano spesso mediocri o superficiali, vittime di una loro inconsapevole arroganza. È un messaggio potente e quanto mai attuale: il confine tra il giusto e l’ingiusto non è mai netto e dietro ogni etichetta c’è una storia, un contesto, un’umanità che merita di essere compresa.

Pur non priva di difetti, Wicked si afferma come una delle opere più interessanti del panorama recente, un musical che osa rileggere una leggenda senza tradirla. Con un comparto visivo sontuoso e due protagoniste magnetiche, il film trova il modo di perpetuare la magia del Regno di Oz, aggiornandone il messaggio per un pubblico moderno. Oltre che una bellissima favola, è una riflessione sulle maschere che indossiamo, sui ruoli che ci vengono imposti e sulla possibilità di ribaltare il nostro destino. Wicked ci invita a sfidare la gravità, a guardare oltre le apparenze e a riscoprire il potere trasformativo dell’empatia.

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