Trump è di nuovo Presidente: cosa ne pensano gli artisti / 1: Andres Serrano: “Siamo nati con la violenza, per noi non è una novità”

Per anni, è stato lo spauracchio non solo di chiunque, in America e fuori dall’America, avesse a cuore le sorti di quella che viene spesso definita “la democrazia più antica del mondo”: non solo per le sue politiche dichiaratamente classiste, xenofobe, estremamente aggresive in tema di immigrazione (ha annunciato “deportazioni di massa” contro gli immigrati irregolari), contrarie ad ogni conquista in tema di diritti civili e sessuali (ha annunciato che metterà fine al “delirio transgender” nel suo primo giorno alla Casa Bianca, tagliando i fondi per le politiche di inclusività e di transizione per le persone transgender), ma anche per la sua spregiudicatezza, la sua arroganza, il suo linguaggio violento, il suo trasformare chiunque abbia un’opinione diversa dalla propria in un nemico da additare al pubblico ludibrio, da screditare, da schiacciare; e ancora, per le iperboliche “balle spaziali” gettate in pasto al pubblico per acchiappare voti (vedi il caso degli “immigrati che mangiano i gatti” in campagna elettorale), oltre che per lo spregio sistematico dei meccanismi di bilanciamento dei poteri e delle regole di base della democrazia rappresentativa (l’inquietante tentativo insurrezionale del il 6 gennaio 2021 con l’assalto al Campidoglio da parte dei suoi sostenitori ne è stata la prova più eclatante).

Il web ha spesso rimbalzato meme, vignette e sfottò su di lui, e molti artisti si sono schierati contro la sua rielezione, anche appoggiando apertamente la candidata democratica, poi risultata sconfitta, Kamala Harris. Oggi, però, piaccia o no, Trump sta per insediarsi per la seconda volta come Presidente eletto degli Stati Uniti. In occasione del suo insediamento, abbiamo chiesto ad artisti, americani e non solo, un parere al riguardo. Ecco le loro risposte.

Andres Serrano: il ritorno di “The Donald”, un gioco che non finisce mai

Cominciamo con Andres Serrano, che del “fenomeno Trump” si è occupato spesso col suo lavoro negli anni passati, con il suo progetto, del 2018-2019 (The Game: All Things Trump), dedicato proprio al mito di “The Donald”, per il quale l’artista raccolse oltre mille oggetti dedicati al mito dell’uomo che più di ogni altro ha incarnato non solo il “lato oscuro” dell’America profonda, fatto di culto della personalità, autoritarismo, xenofobia, sessismo, violenza verbale, affarismo, disinformazione e alterazione sistematica della realtà, ma anche del mai morto “sogno di grandezza” degli americani, naufragato di fronte alla crisi economica globale, ai sempre maggiori squilibri sociali esistenti nel seno della società americana, alla disillusione profonda e allo scollamento con le élite politiche ed economiche, percepite sempre maggiormente come lontane anni luce dai bisogni reali dei comuni cittadini. Con i suoi lavori, Serrano è l’artista che più di ogni altro ha saputo scavare a fondo non solo nei traumi e nei non detti della società americana contemporanea, ma, più in generale, di affondare le mani fin nelle viscere più oscure dell’Occidente, nelle sue contraddizioni e nei suoi orrori imbellettati da prodotti di consumo e da avanspettacolo post-contemporaneo.

Andres Serrano

 
Andres, tu hai riflettuto spesso sulle “patologie del contemporaneo”, dal fanatismo dei razzisti del KKK alla pratica della tortura all’ossessione americana per le armi da fuoco. Oggi, con la rielezione di Trump alla presidenza, queste patologie sembrano trovare nuovo vigore. Complottismi, fake news, ossessioni verso nemici immaginari, autoritarismo: tutto il repertorio dei peggiori regimi autocratici. In questo contesto, come vedi il futuro dell’America e del mondo dopo il ritorno di Trump?

Alcuni vedono il bicchiere mezzo vuoto mentre altri lo vedono mezzo pieno. Non vedo molto nel futuro, ma so che un cambiamento sta arrivando e i cambiamenti sono spesso una reazione a ciò che c’era prima. Anche se alcuni se la passavano bene, altri no e una parte piaceva di più agli elettori dell’altra. È il momento di essere realisti e di sfruttare al meglio ciò che hai davanti a te e ciò che hai davanti a te è Donald Trump. È la seconda volta di Donald Trump.

In un’intervista che mi avevi rilasciato un anno fa sempre su Trump, mi avevi detto: “Trump è pazzo ma non è pazzo. La sua follia è per il potere. Se potesse, Donald Trump si proclamerebbe Re e abolirebbe le elezioni. Lo vedo come un despota e sovrano che aspira a essere un Gengis Khan, un Alessandro Magno, un Giulio Cesare e un Napoleone”. Credi che, col suo ritorno al potere, la democrazia americana sia in pericolo, o che stia semplicemente cambiando pelle, trasformandosi in qualcosa d’altro, più vicina alle “democraship” delle ex repubbliche sovietiche, fatta da leader autoritari circondati da ricchissimi oligarchi cui viene concesso tutto?

Rimango fedele a ciò che ho detto prima su di lui. Non posso parlare per Donald Trump, posso parlare solo per me stesso. Ma una cosa che posso dirti se sai qualcosa di lui è questa: Donald Trump è sempre stato Donald Trump e continuerà a essere Donald Trump. Forse, speriamo, un Donald Trump più gentile e delicato.

Pensi che, con il suo ritorno al potere, la democrazia americana sia in pericolo, o che stia semplicemente cambiando pelle, trasformandosi in qualcos’altro, più vicino alla “democrazia” delle ex repubbliche sovietiche, composta da leader autoritari circondati da oligarchi molto ricchi a cui viene dato tutto?

Penso che la democrazia americana sia sempre stata una specie di mito in cui abbiamo creduto ma eravamo troppo a nostro agio nello status quo per fare qualcosa al riguardo. Ammettilo, se hai il tuo, cosa ti importa degli altri? La classe dirigente è sempre stata quella dei ricchi, dei potenti e di coloro che potevano trarre vantaggio dalle loro posizioni, a partire da coloro che sono venuti in America e hanno ucciso le persone che vivevano lì. Abbiamo fatto un ottimo lavoro nel ripulire la nostra storia di genocidio e schiavitù. Siamo nati con la violenza, quindi non è una novità per noi.

In passato hai lavorato molto sull’ossessione feticistica di moltissimi americani per Trump, considerato quasi alla stregua di una divinità contemporanea. Oggi credi sia ancora possibile intervenire in qualche modo, come artista, su un fenomeno così complesso e che ha preso contorni tanto inquietanti?

La mia mostra, The Game: All Things Trump (2018), è stata concepita come un ritratto di Donald Trump con circa un migliaio di oggetti realizzati per i casinò, gli hotel, le aziende e le società di Donald Trump. In seguito, ho realizzato un film sull’insurrezione del 6 gennaio intitolato Insurrection e l’ho aggiunto a The Game: All Thing’s Trump perché anche quello era ormai parte della sua eredità. Se la mostra ci dice qualcosa, ci dice che per più di cinquant’anni Donald Trump ha messo il suo nome su tutto ciò che poteva. Il suo nome e il suo brand sono circolati dappertutto e i media li hanno divorati perché Trump se li è suonati come un violino (espressione americana per intendere “li ha manipolati”, ndr). Come si può negare il potere di una cosa del genere? Come artista, piuttosto che intervenire, voglio riportare The Game in America perché mostra in che modo siamo arrivati ​​fin qui.

Pensi che l’immagine del grande alleato di Trump in questa elezione, Elon Musk, sia un fenomeno altrettanto interessante da indagare come artista? E se sì, come pensi che sia possibile affrontare un fenomeno così nuovo e sfuggente, con il suo carico di megalomania, intuizioni profetiche e mancanza di scrupoli?

La combinazione di Donald Trump ed Elon Musk è stata una combinazione vincente. Come puoi battere l’uomo più ricco del mondo e l’uomo di cui si parla di più al mondo? Per quanto riguarda l’affrontarli, penso di poterlo fare perché li capisco entrambi. Penso che abbiamo tutti qualcosa in comune: crediamo in noi stessi.

L’intervista successiva la potete trovare qua:

Trump è di nuovo Presidente: cosa ne pensano gli artisti / 2: Timothy Greenfield-Sanders

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