Per Austin Young l’arte è una missione che consiste nella condivisione della bellezza che c’è nel mondo e nella creazione di un’esperienza di gioia. Dopo aver dialogato amabilmente con questo artista capace di “sfondare” le pareti degli ambienti invadendo gli spazi con “giardini lussureggianti” che attingono al potere simbolico della natura, anche se a distanza e tramite webcam, è venuta fuori un’intervista diversa dal solito.
Stavolta, infatti, la distanza fisica è stata colmata non solo dalla tecnologia ma anche da un’onestà emotiva e intellettuale che raramente mi è capitato di incontrare. Da questa intervista, realizzata in occasione della sua ultima personale Beauty!, recentemente inaugurata alla Mucciaccia Gallery Project di Roma, emergono i tratti di un’artista capace di essere profondo con leggerezza, di spaziare con disinvoltura dall’horror vacui barocco agli stand dell’Ikea.
Ciao Austin, vedo che sei alla Mucciaccia Gallery Project, stai completando l’allestimento della tua personale?
Sì, sono qui, ci sono tre diverse tipologie di installazioni e poi ci sono alcune opere d’arte incorniciate. Sono entusiasta! Sto giusto finendo adesso, sto completando l’illuminazione.
Dopo il successo di Temple of Flowers al Chiostro del Bramante, stai realizzando un nuovo progetto site-specific nella capitale italiana con la mostra Beauty! In che modo l’ambiente della Mucciaccia Gallery Project ha influenzato questo tuo nuovo lavoro?
Sai, gli spazi della galleria sono diversi rispetto a quelli del Chiostro del Bramante, per me è una vera sfida lavorare in un white cube per creare la sensazione di essere dentro un’opera d’arte, ma è anche molto divertente. Voglio dire, ora che sto facendo questo lavoro persino all’interno di una galleria, che normalmente si occupa di opere all’interno di una cornice, la mia idea è, semplicemente, far esplodere la cornice! Spero che le persone si divertano e si godano il lavoro.
Sei spesso a Roma, la Città Eterna sta diventando la tua seconda casa?
Sembrerebbe di sì, ho lavorato così tanto qui, sai. La amo davvero, amo le persone e ho altri lavori in arrivo. Sono davvero entusiasta di poter passare del tempo in questa città, mi sento a casa qui.
A Los Angeles, invece, ami lavorare nel tuo giardino, c’è un elemento naturale, un fiore o una pianta che ami particolarmente, alla quale ti ispiri?
Beh, sai, sono semplicemente ispirato dalla natura.

Ti definisci un attivista della bellezza, cosa significa per te?
Sì, sono un attivista della bellezza, lo intendo seriamente. Amo la bellezza. Penso semplicemente che il mondo, in questo momento, potrebbe essere curato con più bellezza.
In questo momento stai lavorando da solista, ma tutto questo è cominciato più di 20 anni fa con l’esperienza di Fallen Fruit.
Sì, abbiamo iniziato osservando gli alberi da frutto e poi abbiamo continuato a osservare tutta la flora che caratterizza l’ambiente di ogni progetto. Quando creo un progetto, sia con David Allen Burns, che è il mio collaboratore di Fallen Fruit, sia da solo, consideriamo sempre la cultura, il cibo e le persone locali. Amo anche fare ricerca, come consultare vecchie biblioteche e cose del genere.
Ti consideri un po’ nerd?
Sono una specie di nerd in quel senso. Amo imparare, sai, e amo anche il lavoro site specific. Mi piace molto creare un’opera che sia significativa per le persone di un luogo, ovunque esso sia. Per esempio, a Palermo David e io volevamo creare un’opera che fosse significativa per il team di Palermo e a Roma voglio crearne una che parli alla cultura locale e alle persone del luogo.

Tornando a Fallen Fruit, perché avete deciso di chiamarvi così?
Ci siamo ispirati a un passo della Bibbia che è nel Levitico e ad un’antichissima legge o consuetudine romana che consiste nell’idea di non mietere i tuoi campi fino ai bordi, ma di lasciare alcuni dei frutti caduti per lo straniero e il passante. Quindi abbiamo iniziato il nostro progetto artistico mappando tutti i frutti degli spazi pubblici, in modo che potessero essere condivisi. Poi abbiamo piantato veri e propri alberi da frutta con l’idea che nelle nostre città, invece di piantare fiori ornamentali, dovremmo piantare frutta, in modo da poterla condividere. In questo modo le nostre città diventerebbero grandi giardini comuni, come il Giardino dell’Eden.
È un’immagine bellissima! È interessante vedere come nel tuo lavoro riesca a mettere insieme, con estrema naturalezza, la bellezza estetica con le istanze politiche e sociali. Questo perché alla base ci sono degli studi che portano a delle riflessioni, come il lavoro di mappatura.
Sì, è così, quando siamo arrivati a Palermo, a Palazzo Butera, al centro della sala c’era una mappa della città con tutti i frutti che potevano essere raccolti negli spazi pubblici. Quando abbiamo mappato abbiamo scattato fotografie di tutti i frutti che abbiamo visto in giro per la città e anche di alcuni fiori. Poi sono stati messi sulle pareti e l’effetto è stato quello di un caleidoscopio, un arcobaleno di colori intorno alla stanza. Quindi ogni volta è davvero una celebrazione non solo del luogo e della città in cui realizzo le mie opere, ma anche dell’idea che possiamo condividere tutta questa bellezza.
Come percepisci questa condivisione da parte delle persone?
Quando le persone entrano in un mio spazio, puoi vedere la gioia visibile sui loro volti, o semplicemente il diletto. Si siedono, si guardano intorno o fissano un punto, poi devono fotografarsi all’interno della stanza. Quando ho iniziato a fare questo lavoro mi sono reso conto che riguardava la creazione dell’esperienza della gioia, e questa ha a che fare con il cambiare il modo in cui tu ti senti.

Vorresti che quest’esperienza estetica portasse il visitatore a una riflessione sulla natura effimera dell’esistenza e sulla bellezza di un mondo che sta scomparendo, oppure è solo uno strumento di evasione?
Penso che possano essere entrambe le cose, ma penso che la maggior parte delle persone, probabilmente, non vada troppo a fondo nell’opera d’arte quando la guarda. Quindi forse è solo una rapida fuga, ma quanto è meraviglioso avere una fuga! Il mondo là fuori in questo momento è semplicemente, sai, terribile!
Puoi spiegarci meglio cosa vuoi dire?
Per me, anche concettualmente, è davvero importante creare un’esperienza che ci allontani dall’orrore della nostra vita attuale. Voglio dire, sai, leggo le notizie ogni giorno e dico semplicemente: Oh mio Dio, cosa sta succedendo? E penso che sia davvero importante che noi non ci facciamo prendere dalla paura e dall’odio verso il prossimo, che restiamo il più possibile nella leggerezza e nella gioia, penso che questo sia un concetto davvero importante per il mio lavoro.
Cosa è per te l’esperienza della bellezza?
L’esperienza della bellezza è qualcosa che possiamo condividere tutti insieme. Sai, penso che sia importante sapere che tutti abbiamo qualcosa in comune. L’idea è che non importa chi tu sia, non importa se sei la persona più povera del mondo, l’idea è che tutti condividiamo qualcosa invece di… invece di decidere che qualcuno è il nemico!
Scusa.
(Austin Young si commuove interrompendo il flusso delle sue parole)
Non ti preoccupare, posso capire
(Sorridiamo)
Tornando a quest’ultima mostra, vorrei sapere cosa ha di diverso questa installazione rispetto alle precedenti?
Questa è probabilmente la mia prima vera mostra all’interno di una galleria commerciale, normalmente nulla è in vendita quando faccio la mia arte, si tratta solo di un’esperienza, che quindi non è in vendita. Di conseguenza questa è stata una sfida perché Giulia Abate, la proprietaria, ha detto: voglio fare una mostra con te, ma cosa venderemo? Quindi ho davvero dovuto pensare a cosa avremmo potuto vendere. Questa, infatti, è la vera cifra di quest’opera: tutto è in vendita, puoi portare un pezzo di questa esperienza a casa con te, puoi letteralmente aggrapparti a questa esperienza. Ciò mi ha fatto pensare al mio lavoro come a qualcosa di simile ai piccoli showroom dell’Ikea…
Dell’Ikea?
Sì, l’Ikea, il negozio. Le piccole stanze finte quando entri e tutto il resto. È stato un po’ il punto da cui ho iniziato a pensare cose del tipo “questo starà benissimo nella tua sala da pranzo o nella tua camera da letto”. Quello è stato il punto di partenza, poi ho davvero riflettuto molto sulla bellezza, la bellezza come qualcosa a cui davvero aspiro da sempre, quindi ho pensato di chiamare la mostra Beauty!

A proposito di bellezza, fin dai tuoi inizi con Fallen Fruit l’amore per la botanica e per i giardini ti avvicina ai celebri motivi floreali per carte da parati di William Morris, come il design “Fruit”. Oggi a quali correnti del passato ti ispiri?
Sono stato molto ispirato da William Morris, specialmente all’inizio del mio lavoro, ultimamente mi interessano anche aspetti che sono sul lato opposto della bellezza che è, sai, l’oscurità. Il Barocco è presente in tutto il mio lavoro.
L’accostamento delle tonalità giuste ha un grande peso nel far percepire la bellezza a chi osserva e i tuoi colori luminosi mi ricordano le fresche tonalità roccocò del Tiepolo
Penso che il colore sia la parte più importante del mio lavoro. Sai, il colore è emozione. Noto come piccoli cambiamenti delle tonalità modifichino il modo in cui ti senti. Quindi sì, il mio lavoro è sempre una meditazione sul colore e il colore è tutto per me. I miei colori provengono dalla mia esperienza personale e dalla mia prima infanzia, evocano ricordi lontani, tuttavia mi piace anche il Tiepolo perché ha una palette molto pallida, la amo molto.
Il Rococò era un’arte per pochi ricchi e privilegiati, al contrario quello che fai tu è portare la bellezza a tutti. Raccontaci quali colori hai scelto per questo tuo ultimo lavoro
In quest’ultimo lavoro uso anche colori scuri, c’è un fondo nero profondo e ricco, mi piace molto il concetto Barocco di “horror vacui”.
Il tempo è volato, ma voglio farti un’ultima domanda. Guardando i tuoi lavori passati con le persone queer e con la fotografia, ho notato che anche Mapplethorpe ha lavorato con la sessualità delle persone e poi con i fiori. Come te
In effetti ero ossessionato da Mapplethorpe, quando ero un giovane artista seguivo le sue orme. Lui ha iniziato facendo dei lavori molto espliciti sessualmente e poi si è spostato sulla ritrattistica semplice e sui fiori. E sì, credo di aver fatto un po’ lo stesso, in un certo senso.



