Scarpa, la Biennale e la passione per le arti, “una paziente opera di tessitura”

Nato a Venezia nel 1906 e scomparso a Sendai in Giappone nel 1978, Carlo Scarpa è considerato una delle figure più autorevoli dell’architettura e dell’allestimento del Novecento, tuttavia in pochi conoscono la sua grande passione per le arti coltivata nel contesto della Biennale di Venezia. Sviluppatasi nel tempo con un grande e paziente lavoro di tessitura, dapprima attraverso la semplice frequentazione delle mostre ai Giardini della Biennale, questa passione si trasforma in breve tempo in una serie di importanti collaborazioni professionali.

L’esposizione CARLO SCARPA E LE ARTI ALLA BIENNALE. Opere e vetri dalla Collezione Gemin, in programma al Museo Gypsotheca Antonio Canova di Possagno (TV) dal 22 giugno 2025 all’11 gennaio 2026, racconta proprio questo percorso, che conduce il grande architetto e designer ad una collaborazione quasi quarantennale con la Biennale. La mostra vuole mettere in luce questo legame significativo con il mondo delle arti e del design, un sodalizio artistico testimoniato dalla produzione di opere in vetro di Murano, ma anche dai disegni e dalle sculture provenienti dalla Collezione Gemin. 

Secondo Francesco Dal Co “Scarpa era abituato a lavorare lentamente, a concedersi distese pause di riflessione. Per nulla intimorito dall’eventualità del pentimento, era portato a concepire il progetto come una paziente opera di tessitura”.

Questa metodologia progettuale, questo paziente lavoro di “tessitura” permea infatti ognuna delle sue svariate attività per tutta la sua carriera. A partire dalla seconda metà degli anni Trenta Scarpa intreccia nella sua città natale approfondite collaborazioni sia con la Biennale che con le manifatture vetrarie di Murano, questi mondi interconnessi plasmano la sua arte, orientandone profondamente la ricerca progettuale e artistica.

Ala Scarpa Museo Gyptheca Antonio Canova Possagno foto Lino Zanesco

Carlo Scarpa collabora professionalmente con la Biennale di Venezia per quasi quarant’anni, dal 1934 al 1973, durante questo lungo periodo realizza decine di allestimenti e interventi architettonici tra cui figurano tanti piccoli, grandi capolavori: la biglietteria d’ingresso ai Giardini, il cortile-giardino nel Padiglione Italia, il soppalco nel Padiglione Italia, il Padiglione del Libro e il Padiglione del Venezuela.

Realizzazioni queste che testimoniano l’importanza del suo ruolo e il suo impatto duraturo sulla Biennale. Ma ancor prima di questa collaborazione pluridecennale la passione di Scarpa per le arti affonda le sue radici nella frequentazione delle mostre ai Giardini, un interesse precoce che plasmerà la sua visione e il suo approccio alla progettazione. 

Per apprezzare ancor meglio questo spaccato della sua vita artistica e progettuale, la mostra offre una ricca selezione di dipinti, disegni e sculture provenienti dalla collezione di Luciano Gemin, allievo, amico e collaboratore di Carlo Scarpa, la cui vicenda è strettamente legata sia alla storia del Museo Gypsotheca Antonio Canova che a quella dello stesso Scarpa.

Carlo Scarpa Crescita 1968 acciaio lavorato e foglia doro 55×43 cm foto Lino Zanesco

Il percorso espositivo, curato da Mario Gemin e Orietta Lanzarini, è suddiviso in tre sezioni.

La prima sezione propone una scelta di opere di artisti che hanno avuto un ruolo significativo nel contesto della Biennale e nella vita di Carlo Scarpa. 

Attraverso queste figure è stato possibile ricostruire la “geografia culturale” da cui il grande architetto, designer e docente dello IUAV, trasse ispirazione per le sue ricerche. Tra le opere in mostra sono di particolare interesse l’Angelo di Paul Klee (penna e acquerello su carta, 1937), alcuni disegni su carta di Gustav Klimt (studio per un ritratto, 1900), Giorgio Morandi (paesaggio, 1962) e Osvaldo Licini (Angelo ribelle , 1950), Donna che cammina di Alberto Giacometti (versione del 1949), in fine tre intense sculture di Arturo Martini: San Sebastiano (1927), Toro (1942), Fuga in Egitto (1940).

Alcuni lavori esposti mettono in evidenza capitoli decisivi della biografia scarpiana, tra questi spicca il Ritratto di Peggy Guggenheim di Alberto Giacometti (olio su tela, 1937) che rievoca l’allestimento magistrale curato da Scarpa per la collezionista americana alla XXIV Biennale del 1948.

La seconda sezione della mostra si concentra sull’esperienza di Scarpa nel campo del vetro, evidenziando le tecniche da lui introdotte nel periodo in cui collabora con le vetrerie di Murano Cappellin & C. (1927-1934) e Venini & C. (1934-1947). Grazie al suo lavoro in fornace Scarpa riesce ad esplorare varie possibilità progettuali, dando vita a manufatti unici, che combinano ricerca tecnica e artistica. 

Ciò non stupisce, dato che nel corso della sua carriera Carlo Scarpa ha sempre legato i suoi progetti ad una approfondita conoscenza dei materiali e delle tecniche di lavorazione. Si potrebbe dire che egli abbia progettato con la materia, facendola esprimere ogni volta secondo un linguaggio e una sintassi che, nel tempo, sono diventati la sua cifra stilistica, in particolare per l’attenzione al dettaglio, sempre visto in modo intelligente, mai pedante.

Un buon architetto sa che ogni materiale si esprime con un linguaggio diverso e Scarpa, che era un vero maestro, i materiali li conosceva bene, li osservava, li studiava attentamente. Per rendersene conto basterebbe osservare i gradini dal profilo esagonale in marmo di Billiemi o i piedistalli in acciaio e legno sui quali rivivono le mirabili sculture del Laurana a Palazzo Abatellis a Palermo, per non parlare di quel piccolo gioiello architettonico che è il negozio Olivetti di Piazza S. Marco a Venezia.

Tornando a quegli anni, vediamo che Scarpa progetta una serie interessantissima di oggetti con tecniche nuove e innovative. Con Cappellin realizza soffiati leggeri con forme geometriche e alcune serie di vetri in pasta coloratissima e leggera, alcuni dei quali ornati con festoni (Vetri Fenici), vetri “a canne verticali” e vasi “millefiori”, che riscuotono molto successo alla prima Triennale milanese del 1930.

Ma già nel ’32, per dissesti finanziari, Cappellin deve chiudere e Carlo Scarpa passa alla V.S.M. di Venini con cui apporta sostanziali novità nell’invenzione delle forme e nell’ideazione di nuove tecniche. Con Venini realizza vetri corrosi (una tecnica che impiega l’acido fluoridrico per ottenere un effetto “ghiacciato”), velati, battuti, tessuti, granulari e a murrine. Propone inoltre vasi pennellati, zigrinati e a fili, questi ultimi presentati alla Biennale del 1942.

La mostra presenta una ventina di questi pezzi straordinari realizzati per Cappellin e Venini, tra cui le serie: Incamiciati (1930), Decoro fenicio (1928-1929), Pasta vitrea (1930), A fasce verticali (1929-1930), Incisi (1940) e Battuti (1940).

Tra il 1934 e il 1942, grazie alla collaborazione con Venini, Scarpa partecipa a diverse edizioni della Biennale sia come progettista di vetri che come allestitore delle sale riservate alla ditta muranese.

La terza sezione si concentra infine su un rapporto diverso tra Carlo Scarpa e la Biennale, che lo vede protagonista non solo come architetto ma anche come artista. 

Nel 1968 in occasione di una rassegna tenutasi nel Padiglione Italia, Scarpa decide infatti di presentarsi come artista, esponendo tre sue sculture diventate iconiche che sono conservate nella Collezione Gemin: Crescita (acciaio lavorato e foglia d’oro), Erme e Scultura Diedro o Lente Contafili (acciaio spazzolato, dorato con inserti di pietre dure). 

È inoltre presente in mostra una selezione di disegni autografi, finora inediti, che testimonia lo sforzo progettuale di Scarpa per ampliare gli spazi espositivi del Padiglione Italia in quell’occasione.

Le opere in mostra, accuratamente suddivise in tre sezioni, raccontano alcuni dei capitoli decisivi della biografia scarpiana, testimoniando come il sodalizio con la Biennale abbia stimolato la sua ricerca e la sua espressione artistica.

Carlo Scarpa si spingeva sempre oltre, ad esplorare nuovi sentieri ancora poco battuti, forse per questo era capace di innovare con un approccio unico, spaziando dal design all’arte, con una costante attenzione al dettaglio e soprattutto con un paziente, continuo, lavoro di tessitura.

1 commento

  1. info molto interessante e opportunamente dettagliata con testi e immagini di ottima qualità.Per me è sempre un grande piacere poter ampliare e approfondire la mia conoscenza su Carlo Scarpa che indubbiamente brillava per capacità propositiva e non mancava di essere sorridente e ironico in moltissime occasioni.
    Grazie per aver rianimato i miei ricordi dei tempi che trascorrevo con lui e con Dino Gavina.

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