“Radical Honesty”: l’ultima personale di Robbie Williams è un invito a spogliarsi delle apparenze

Sdoganato da tempo ormai il concetto di arte in quanto entità poliedrica, così come versatile e duttile è la creatività e il nostro modo di recepirla, nel pensare a Robbie Williams non pensiamo immediatamente a quadri e sculture. Eppure, è ben la terza volta che il Moco Museum ci racconta il contrario. Tra le colorate stanze della location di Londra, ha preso vita lo scorso 2 Maggio la mostra “Radical Honesty”, del cantautore britannico, presente all’opening.

Ma che artista è Robbie?

Lungo il filo conduttore delle lettere si snocciolano pensieri e riflessioni: piccoli grandi input su dipinti smart, fancy e appealing, tracciano la strada come mollichine di pane nell’universo del dubbio e dell’incertezza. La sua arte strizza l’occhio al fumetto, alla dolcezza dello sguardo, al dirlo con tatto. Visivamente, arriva la carezza di chi sa ringraziare la sofferenza, perché riesce ora a trattare l’arma delle parole nel miglior modo possibile.

“Cosa succede quando togli i filtri, le facciate, l’immagine accuratamente costruita di te stesso? Onestà radicale. […] Perché in un mondo ossessionato dal mantenere le apparenze, abbracciare il caos potrebbe essere proprio la cosa più radicale che tu possa fare.”

D’altronde, il cantante non ha mai fatto segreto delle sue fragilità. “Un luogo difficile in cui abitare”, era la sua mente. Il videoclip del singolo “Tripping(2005), esplorava in maniera lampante le alterazioni del sonno, allucinazioni e distorsioni percettive. Tra depressione, ansia e disturbi ossessivo-compulsivi, Robbie Williams si è messo a nudo per abbracciare la sua verità, sfruttando la popolarità per normalizzare sensazioni ed emozioni che spesso ci sforziamo di incasellare ancora oggi tra i tabù.

Blanche è una simpatica vecchietta dagli occhi grandi, sbarrati. Ha i capelli rizzati in testa, come i peli di un gatto in tensione. Robbie ce la introduce come la personificazione della sua ansia. “Give your anxiety a silly name”, ci recita la grande opera a parete, perché forse nel darle un volto sembrerà più facile conviverci. Radicalmente onesta, poi, la Sedia degli introversi: una piccola poltroncina con tanto di regole in cornice, dal divieto di approccio al messaggio di servizio “L’introverso su questa sedia è socialmente sopraffatto e si sta prendendo una pausa per la salute mentale.“. E poi il delizioso attacco al perenne e sfibrante senso di colpa dell’incessante titubare circa la nostra produttività, commettendo l’errore di confondere noi stessi con operosità e risultati concreti. “I will not honouring my committments today and I will be feeling marvelous about it”. Insomma pensieri, parole, opere e omissioni per le quali non bisogna però chiedere alcun tipo di perdono. Ascoltarsi di più per deteriorarsi di meno.

Il Moco Museum, dal suo canto, dichiara espressamente la sua mission: usare il potere dell’arte per scuotere la realtà, impostare una sveglia e trasformare il torpore in azione. Con il suo modello di inclusività, è diventato in breve tempo un punto di riferimento per l’arte contemporanea, promuovendo un concetto di accessibilità estremamente ampio. Il cambiamento parte dalla collettività, in un luogo che accoglie senza elitarismi, dove la moltitudine si fa comunità. Ed è in questo contenitore tutt’altro che sterile che Robbie Williams ci suggerisce una condivisione di emotività. Perché tutto va bene e tutto è lecito se i primi ad accoglierci siamo noi stessi, con luci e ombre.

Delle sue tre sedi, quella di Londra a Marble Arch – insieme ad Amsterdam e Barcellona – è la più giovane del Moco Museum, aperta il 10 Agosto del 2024. Nello stesso anno, il musical drama “Better man, ripercorre il successo e il declino di Robbie Williams: rappresentato provocatoriamente come una scimmia – egli stesso dirà ammaestrata – nel mondo dello spettacolo, il film empatizza con la sua umanità. Perché le debolezze ci avvicinano, ci accomunano, ci rendono meno soli. Nella canzone che dà il titolo al lungometraggio, l’artista riconosce come necessario un cambiamento personale per crescere e migliorare, diventare una versione migliore di sé

Sembra che ad oggi, fare il dono di un’arte leggibile, tangibile e fruibile, che incoraggia la profonda accettazione del proprio io, sia una promessa mantenuta.

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