I Musei Civici Gian Giacomo Galletti, all’interno di Palazzo San Francesco a Domodossola, ospitano Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso. Il progetto esplora come il pensiero e l’azione di alcuni degli autori più importanti del Novecento abbiano aperto nuove possibilità narrative nell’arte tra le due guerre mondiali e i primi del Sessanta.
Sotto l’ideazione e la curatela di Antonio D’Amico, Stefano Papetti, Federico Troletti, Fuori dai confini della realtà. Tra Klee, Chagall e Picasso, visitabile fino all’11 gennaio 2026, rientra all’interno della 5ª edizione dell’Expo Italia-Svizzera. La mostra vive negli spazi di Palazzo San Francesco, un palazzo storico restaurato in centro a Domodossola, città che in passato e ancora oggi è un punto nevralgico per il commercio, trovandosi in una posizione rilevante tra Italia e confine appunto, che unì il saper fare italiano al coraggio di innovare svizzero.

Nella chiesa francescana del Duecento dedicata a San Francesco d’Assisi, con ancora ben visibili i meravigliosi affreschi, vivono i protagonisti Melotti, Novelli, Licini, Picasso, Chagall, Klee e Costantini, quest’ultimo padre di un’importante rappresentazione di opere in vetro. Al primo piano il Museo di Scienze Naturali con una vasta esposizione di animali imbalsamati e al secondo piano la parte dedicata all’archeologia e alla scuola della Val Vigezzo con numerosi ritratti e paesaggi.
Il centro di tutto il progetto è analizzare, a posteriori di qualsiasi rappresentazione, l’immagine come veicolo in grado di farci uscire da un modo di osservare troppo spesso classico. In questa capacità di farci guardare le cose da angolazioni inedite, emergono la sensibilità e la capacità di anticipare i tempi di questi artisti. Superare i confini del mondo reale è il compito di Chagall, Klee, Picasso e tutti gli altri. È affascinante come ognuno sia riuscito ad andare oltre il visibile con una padronanza di linguaggio e il coraggio di saper connettersi con il pubblico.

Un importante concetto di Gastone Novelli racchiude questo pensiero: «Un pittore è solamente un intermediario, un individuo che attinge qualche cosa dalla verità più nascosta e ne fissa l’essere e il divenire in un’immagine che è da guardare.» [P. Vivarelli, Gli universi linguistici di Gastone Novelli, in Gastone Novelli. Catalogo Generale 1. Pittura e scultura, a cura di P. Bonani, M. Rinaldi, A. Tiddia, Cinisello Balsamo 2011, pp. 17-18]
Il maestro del vetro Egidio Costantini, che per un paio di incontri fortuiti e determinanti conobbe uno dei pittori qui esposti: Pablo Picasso, instaurandoci un legame sia lavorativo che personale proseguito fino alla scomparsa del pittore spagnolo. Con Picasso condivise la passione per la figura femminile e per le sue proporzioni, dedicandoci con Ninfa una serie di sculture in vetro di un luminoso color blu. Il suo vetro non è mai pura tecnica, ma una forma poetica che ha dialogato anche con l’immaginazione di pittori come Chagall, traducendone la visione in una sostanza che sembra custodire luce e sogno.
Lo stesso Fausto Melotti esposto a Palazzo San Francesco con Brocca piatta (1958) e Osvaldo Licini con: Cielo senza luna (1957), Notturno (1957) e Missili lunari (1956), lavorarono con il blu, grazie all’enorme influenza trasmessa da Paul Klee. Inoltre, nei suoi tre lavori Licini ci rende evidente una sua particolare curiosità verso lo spazio e la Luna che verrà raggiunta nel 1969, dieci anni dopo la sua morte.

Testimoni di un’epoca storica duramente segnata, che seppero tradurre con un’arte popolala dall’immaginazione e dal sogno che sì diventa linguaggio, ma anche rifugio, e una capacità di restituire al pubblico immagini che trasformano la realtà, invitando chi guarda a sognare e immaginare un orizzonte mai definitivo, ha reso questi importanti artisti presenti a Domodossola influenti negli anni a venire, sempre spinti ad osservare controcorrente.
In un momento storico così duro come il dopoguerra, scegliere il sogno non come fuga, ma come resistenza è una chiara presa di posizione. I simboli, i colori, le forme spezzate o fantastiche diventano quasi un linguaggio parallelo che permette di affrontare l’indicibile. Ciò che colpisce è la loro capacità di entrare nel proprio io e di restituire leggerezza e immaginazione senza perdere profondità: Chagall che trasporta gli amanti nel cielo, Klee che affida alla linea e al colore il ritmo segreto delle cose, Licini che guarda alla luna come a una frontiera possibile. Il vetro di Costantini, fragile e luminoso, sembra dire che la bellezza può resistere nonostante le ferite. È come se tutti loro, in modi diversi, ci insegnassero che l’arte non è solo rappresentazione, ma anche una promessa di conoscenza interiore e collettiva.



