In occasione della mostra “Pippa Bacca: innesti”, che si tiene presso Palazzo Morando sino al 7 settembre 2025, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare Rosalia Pasqualino di Marineo, sorella di Pippa Bacca e una delle curatrici -insieme a Mirco Marino – dell’esposizione. Questo evento, che celebra i cinquant’anni della nascita di Pippa Bacca, rappresenta un’occasione unica per esplorare non solo la sua arte ma anche il suo lascito profondo, sia a livello artistico che umano. La mostra include una selezione di opere inedite dell’artista, tra cui i suoi celebri ritagli di carta e fotografie, e il vestito da sposa indossato durante la sua ultima performance, Sposa in viaggio.
Rosalia Pasqualino di Marineo, oltre a essere una delle curatrici, è anche una testimone diretta del percorso artistico e personale di Pippa. La mostra si inserisce nel contesto di una riflessione più ampia sulla memoria, sull’eredità culturale e sul significato dell’arte come strumento di dialogo tra i popoli. Oggi, più che mai, l’opera di Pippa Bacca continua a parlarci, portando alla luce temi di grande rilevanza sociale e umanitaria.

Abbiamo parlato con Rosalia di sua sorella, del suo lavoro, della mostra in corso e del significato che continua a trasmettere a chi la osserva. Un’intervista che non solo ci permette di conoscere meglio l’artista, ma anche di scoprire la forza e la sensibilità che hanno contraddistinto la sua vita e il suo straordinario impegno.
Pippa è sempre stata una persona molto intensa e profondamente legata all’arte. Come descriverebbe il suo approccio alla creatività? C’è qualcosa che vi ha accomunate, in questo ambito?
La creatività si sviluppa in tanti modi e può riguardare diversi ambiti. Naturalmente un artista è creativo, ma la creatività ha anche un senso pratico. Noi cinque sorelle abbiamo imparato da nostra madre a vivere in modo creativo e ad affrontare le cose con uno spirito artistico. Ognuna di noi ha il proprio percorso: io mi occupo della Fondazione Piero Manzoni e del lavoro di Pippa, un’altra sorella è maestra… La creatività può esprimersi in ogni ambito della vita. Pippa, rispetto a noi, aveva un approccio più inaspettato e originale, una prospettiva diversa sulle cose, forse fin da bambina.
Qual è il significato di ‘innesti’ per Pippa Bacca e come questo concetto si riflette nel lavoro che ha lasciato in eredità? In che modo avete scelto di inserire opere mai esposte prima nella mostra?
“Innesti” è il nome che abbiamo scelto per la mostra per due motivi. Il primo riguarda l’allestimento a Palazzo Morando: la mostra si è “innestata” nella collezione del museo, sostituendo alcuni quadri e integrandosi con le tematiche già presenti. Il secondo motivo ha a che fare con il concetto stesso di innesto, che in botanica permette di far crescere un frutto migliore. Anche l’opera di Pippa segue questa logica: il gesto di tagliare una parte di un’immagine e ricollocarla su un altro piano di pensiero genera un risultato nuovo e positivo. L’innesto porta con sé un’ambiguità affascinante: modificare qualcosa significa anche creare nuove prospettive.

La mostra è anche un modo per celebrare i cinquant’anni di Pippa?
Sì, anche se in realtà Pippa era nata nel 1974 e quindi l’anniversario sarebbe stato l’anno scorso. Tuttavia, per una serie di ragioni, siamo arrivati al 2025 per questa celebrazione.
Qual è l’eredità che Pippa lascia oggi agli artisti e alle persone che la ricordano?
Non so se posso rispondere io a questa domanda, dovrebbero farlo gli artisti. Quello che posso dire è che il lavoro di Pippa unisce delicatezza manuale e messaggi forti. Nel 2008 la guerra in Jugoslavia era appena finita e non si pensava ai grandi stravolgimenti futuri. Più che un messaggio per gli artisti, il suo è un messaggio universale: apertura, positività, speranza. Il suo lavoro cercava sempre il bello e il buono in ogni cosa.
Un esempio è Cosimo, l’artista che ha dedicato un’opera a Pippa: è diventato artista grazie a lei, che gli ha fatto vedere la possibilità di seguire quella strada senza paura
Nella mostra, infatti è presente anche l’opera di Cosimo Piovasco di Rondò. Come si collega la sua installazione al lavoro di Pippa? C’è un legame emotivo o concettuale tra i due artisti?
Erano molto amici, anche un po’ fidanzati, avevano un legame profondo, sia personale che artistico. Cosimo ha sempre riconosciuto in Pippa la persona che ha ispirato il suo percorso creativo. La sua installazione To Shine esplora il tema del tempo attraverso lampadine che si accendono e si spengono in modo imprevedibile, simbolo dell’istante fugace. Il progetto richiama il pensiero di Pippa, che vedeva il tempo come un flusso mutevole e poetico. L’opera, che si concluderà quando tutte le lampadine si fulmineranno, riflette sulla memoria e sulla transitorietà della vita, in un dialogo profondo con la sensibilità artistica di Pippa.

Qual è l’influenza che Pippa ha avuto su di lei, sia come artista che come sorella? Ci sono aspetti della sua personalità o del suo lavoro che continuano ad ispirarla ancora oggi?
Sono più grande di Pippa, quindi non ho mai vissuto il nostro rapporto in quel modo. La sua morte è stata troppo prematura. Ho lavorato sul suo archivio cercando di tenere una certa freddezza, necessaria, ma l’incanto è che continuo a sorprendermi per la bellezza del suo lavoro. Tra l’altro grazie a questa mostra, ho scoperto opere che non conoscevo e che avrei voluto esporre.
Pippa riusciva sempre a mescolare la sua arte con la sua vita personale. Qual è il legame tra la sua visione artistica e la persona che era nella vita quotidiana?
Pippa non mescolava sempre arte e vita: aveva anche una quotidianità fatta di gesti semplici, come lavorare o andare in piscina. Tuttavia, alcuni momenti della sua vita si trasformavano in performance, ma solo quando era lei a deciderlo. Un esempio emblematico è la storia delle spille “Sono innamorato/a di Pippa Bacca. Chiedimi perché!”. Dopo una delusione amorosa, Pippa stampò 3.000 spille per diffondere, attraverso amici e sconosciuti, le qualità che l’avevano resa speciale. Un gesto ironico e provocatorio, in perfetto stile Pippa, che trasformava un’esperienza personale in un’opera partecipativa, capace di coinvolgere e far riflettere.
Pippa ha utilizzato l’arte come mezzo per affrontare temi di intercultura e di incontro tra popoli. Come pensa che la sua opera sia rilevante nel contesto globale odierno, in particolare nei tempi di conflitti e divisioni?
Pippa non parlava di politica, ma di persone. Il “Viaggio delle Spose” non era uno slogan, ma un’azione concreta di relazione con l’altro. Gli artisti creano simboli più che soluzioni dirette. Lei ci mostra che ognuno può costruire la propria piccola pace, partendo dalle piccole cose.

“Il viaggio delle spose”, ha avuto, come tutti sappiamo una fine tragica, vuoi raccontarci qual era l’intento di Pippa quando ha iniziato questa performance?
Il viaggio aveva tanti piani di lettura. Il vestito bianco raccoglieva la fatica dell’esperienza, diventando una seconda pelle che testimoniava il percorso. L’autostop era un modo per entrare in relazione con le persone dei paesi attraversati. Il culmine era la lavanda dei piedi alle ostetriche, un gesto di rispetto verso chi fa nascere la vita nei luoghi segnati dalla guerra.
Pippa lavava i piedi, li asciugava con il suo abito e li profumava con olio di lavanda, mentre conversava con le ostetriche sul loro lavoro. Era un atto di delicatezza e memoria, che celebrava la forza della vita nonostante le difficoltà.
Pippa vola via da questa terra il 31 marzo 2008, violentata e uccisa poco lontano da Istanbul. Il suo messaggio di pace, fratellanza, apertura e coraggio continua da allora ancora più forte a risuonare nel mondo.