Per Napoli Contemporanea arriva Silent Hortense, la mega scultura di Jaume Plensa

Piazza Municipio a Napoli si prepara ad accogliere una nuova installazione di grandi dimensioni. Silent Hortense di Jaume Plensa sarà esposta dal 5 giugno e fino al mese di agosto, nella medesima area della piazza utilizzata per l’installazione Tu si’na cosa grande di Mauro Pesce e per la Venere degli Stracci di Michelangelo Pistoletto

L’arrivo di Silent Hortense, un gigantesco volto di donna con le mani incrociate davanti alla bocca, segna un passo ulteriore nel rullino di marcia della rassegna, dai connotati neo-rinascimentali, Napoli Contemporanea. Un’opera pensata per essere collocata negli ambienti metropolitani, tra grandi edifici e larghe piazze, in contrasto con la rigida spigolosità geometrica delle architetture, creando una relazione con esse, giocando con le forme sinuose del volto umano e con le grandi dimensioni.

Se verrà montata la stessa versione presentata nel 2022 alla Bienal do Mercosul di Porto Alegre, il volto avrà un’altezza di 7,5 metri, ma l’artista catalano ha spesso stupito, lavorando a progetti alti anche 24 metriPlensa per le sue strutture utilizza materiali leggeri come poliestere, resine e polvere di marmo, ottenendo l’effetto estetico di una scultura classica, riducendo per contro il peso del pezzo montato.

Questa componente fisica gioca a favore dell’organizzazione che, già per l’opera di Pesce, ha dovuto sottoporre lo spazio di Piazza Municipio utilizzato per l’installazione, ad un costoso studio di fattibilità per valutare la portanza del solaio della metropolitana sottostante.

Nato nel 1955 a Barcellona, Jaume Plensa è uno dei principali esponenti dell’arte contemporanea mondiale e punto di riferimento nella tecnica dell’installazione Personalità eclettica, la sua poetica appartiene a quella generazione di artisti che vedevano in qualsiasi cosa una possibile manifestazione di significato, come in una sorta di panteismo artistico. L’installazione nasce proprio da questo atteggiamento smaliziato degli artisti nei confronti delle tecniche che, in chiave anti-accademica, verso la fine del secolo scorso abbandonano le superfici bidimensionali e le tecniche tradizionali, per iniziare un’indagine materica ed ambientale.

BARCELONA, SPAIN – FEBRUARY 18: Artist Jaume Plensa posing after the installation of the first large-format piece “Silent Music” that will form part of the new exhibition of the Fundació Catalunya La Pedrera ‘Jaume Plensa. Poetry of silence’, on the roof of La Pedrera-Casa Milà on February 18, 2023 in Barcelona, Spain. (Photo by Mario Wurzburger/Getty Images)

Jaume Plensa è assolutamente legato a questo tipo di concezione, tra installazione e costruzione di ambienti, tramite l’utilizzo di forme e materiali appartenenti al concreto. Negli anni ’80 i suoi lavori sono caratterizzati dall’utilizzo di materiali pesanti come ferro, acciaio e bronzo, tramite i quali riproduceva elementi che cercavano un legame armonico con l’ambiente, ma in contrasto con la sua leggerezza, come in 451 del 1988. Plensa ha poi portato avanti questo tipo di ricerca negli anni ’90, ma inserendo nella composizione ambientale altri materiali concreti come vetro e luci in aggiunta al ferro, costruendo strutture sia all’interno di spazi che all’esterno, è il caso di Wie Ein Hauch del 1997 a Berlino o Gemelli del 1998 a Pistoia.

Tutta la sua carriera è incentrata sullo sviluppo del linguaggio tramite la ricerca e l’integrazione di nuovi elementi, tra i quali spiccherà da un certo punto in poi il suono a completamento dell’opera, come in Love sounds I, II, III, IV and V del 1998. Questo modo di procedere nel proprio lavoro, lo induce a cercare un approccio con l’ambiente sempre più armonico, leggero, tramite la sperimentazione di nuovi materiali, come la resina poliestere, il vetro fine e le stoffe e la ricerca di tecniche di lavorazione che a materiali pesanti come l’acciaio, riescano a conferire un carattere di leggerezza, giocando con il pieno e il vuoto, con le ombre e le luci.

Progetti come Overflow dei primi anni del 2000, in cui le leggere strutture composte da lettere in acciaio formano una figura umana, anticipando le poetiche e le scelte tecniche attuali di Plensa. Dal geometrico all’umano, entrambi concepiti come involucri, spazi vuoti. I suoi primi umani hanno un’epidermide di acciaio, rappresentano un costrutto culturale, l’alfabeto, un’insieme di lettere, forse nel tentativo di far comprendere che sia necessario cercare la via della comunicazione nel caos dell’incomprensione tra esseri della stessa specie.

La leggerezza risultante da questi corpi apparentemente pesanti è molto evocativa di una certa spiritualità, necessaria alla contemplazione per poter risolvere un problema ed è in questa direzione che vanno le teste di donna, genere che è origine della vita e custode della saggezza primordiale.

Da un lato la figura umana come mezzo per la rappresentazione poetica, dall’altro la resina poliestere e la polvere di marmo che conferiscono insolita leggerezza alle sue enormi installazioni come Sanna del 2016, alta 12 metri e collocata nell’immenso spazio verde dell’azienda vinicola The Donum Estate, Water’s Soul del 2020, alta 22 metri per Jersey Citiy e Silent Hortense del 2022, l’installazione di 7,5 metri che verrà montata a Napoli in Piazza Municipio.

Per certi versi e dal punto di vista prettamente concettuale, il lavoro di Jaume Plensa, pur mantenendo una propria caratteristica di indiscutibile originalità nella proposta di interazione con la metropoli, si ricollega in maniera anche non troppo velata all’opera di artisti come Christo, Richard Serra, Anish Kapoor, Giuseppe Penone o Michelangelo Pistoletto, sopratutto nel confronto con l’ambiente, questa apertura spaziale e di interazione dell’opera con la realtà che è una componente inclusiva, un invito a tutto ciò che è esterno a confluire al fine di comporre insieme il prodotto finale.

Da non perdere e possibilmente da abbinare alla mostra Napoli Metafisica, sempre per la rassegna curata da Vincenzo Trione, Napoli Contemporanea ed allestita presso la Cappella Palatina dell’adiacente Maschio Angioino. Una selezione di cinquanta foto di Mimmo Jodice in dialogo con le opere metafisiche di Giorgio De Chirico, visitabile fino al 1° settembre.

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