Dal 30 novembre 2024 al 16 marzo 2025, il Museo Guggenheim Bilbao ospita Prologo alla storia della nascita della libertà, la più grande retrospettiva europea dedicata a Paul Pfeiffer, artista nato a Honolulu nel 1966 e oggi residente a New York. Curata da Clara Kim, Paula Kroll e Marta Blavia, la mostra riunisce circa trenta opere che attraversano i principali momenti della carriera di un artista che ha saputo ridefinire il rapporto tra immagini, spettacolo e identità attraverso una pratica multidisciplinare che abbraccia video, fotografia, scultura e installazione.
Paul Pfeiffer si distingue per una poetica che analizza il potere delle immagini nell’era della saturazione visiva. Le sue opere interrogano il rapporto tra spettatore e immagine, ponendo la domanda centrale: “Chi usa chi? È l’immagine a costruire noi o siamo noi a costruire le immagini?” Questa riflessione attraversa tutta la mostra, offrendo una lettura profonda della società contemporanea, dove il confine tra realtà e rappresentazione è sempre più sfumato.
Fin dagli anni ’90, Pfeiffer ha esplorato le potenzialità dell’editing digitale, utilizzando strumenti come Photoshop e QuarkXpress per frammentare e ricomporre brani visivi tratti da eventi sportivi, concerti e film di Hollywood. In un’epoca precedente alla diffusione delle GIF e dei brevi videoclip sui social media, l’artista anticipava una cultura dominata dalla circolazione di immagini istantanee, svelandone le implicazioni emotive, psicologiche e culturali.
Una delle dimensioni centrali del lavoro di Pfeiffer è la riflessione sugli spazi dello spettacolo – stadi, palcoscenici, arene – intesi non solo come luoghi fisici, ma come teatri del corpo collettivo e politico. Questi spazi diventano per l’artista metafore della società contemporanea, dove il singolo è al contempo esaltato e annullato all’interno della collettività. L’architettura degli stadi o dei set cinematografici riflette le dinamiche del potere, del controllo e dell’appartenenza, sollevando interrogativi sulla costruzione dell’identità e della comunità
Nelle sue opere, Pfeiffer rielabora immagini di atleti, popstar e attori, figure simboliche della cultura di massa, collocate all’intersezione tra adorazione e mercificazione. Questi corpi sono plasmati dai meccanismi dello spettacolo, trasformati in icone globali che catalizzano desideri e paure collettive. Attraverso la manipolazione digitale, l’artista decostruisce questi miti visivi, rivelando le loro fragilità e ambiguità.
La biografia di Pfeiffer – cresciuto tra le Filippine e gli Stati Uniti – conferisce al suo lavoro una prospettiva transnazionale sull’identità. L’artista esplora le stratificazioni culturali e storiche delle società in cui ha vissuto, intrecciando elementi legati alla diaspora, all’eredità coloniale e alla globalizzazione. Questo approccio emerge chiaramente nelle sue opere, dove la rappresentazione del corpo e dello spazio diventa un mezzo per interrogare le tensioni tra centro e periferia, dominazione e resistenza.
Pfeiffer gioca costantemente con le scale delle sue opere, destabilizzando le relazioni tradizionali tra spettatore e immagine. I suoi primi lavori in video e fotografia, caratterizzati da manipolazioni precise e dettagli minuziosi, richiedono una contemplazione intima. Al contrario, le installazioni più recenti – spesso monumentali – immergono il pubblico in esperienze fisiche e sensoriali, dove la dimensione visiva si intreccia con quella sonora e spaziale.
Il progetto espositivo al Guggenheim Bilbao trae ispirazione dall’architettura temporanea di uno studio di registrazione, richiamando la complessità della produzione cinematografica hollywoodiana. Attraverso l’uso di spazi teatrali e di riferimenti a scene iconiche della memoria collettiva, Pfeiffer sottolinea il ruolo del cinema e dei mass media nella costruzione dell’immaginario globale.
Il titolo della mostra, Prologo alla storia della nascita della libertà, allude al discorso introduttivo di Cecil B. DeMille per il film I dieci comandamenti (1956), una delle produzioni più costose della storia del cinema. Questo riferimento evidenzia l’interesse di Pfeiffer per i meccanismi narrativi dell’industria culturale e per il modo in cui questi processi influenzano le rappresentazioni di potere, libertà e autorità.
In ogni sua opera, Pfeiffer invita il pubblico a riflettere sulla politica dello sguardo. Attraverso la manipolazione delle immagini, l’artista mostra come i mass media modellino il nostro senso di appartenenza e identità, creando una narrativa condivisa ma al tempo stesso esclusiva. Questo approccio non si limita a una critica della cultura popolare, ma diventa un’indagine sulla costruzione della memoria collettiva e sull’influenza dei rituali dello spettacolo.
Con Prologo alla storia della nascita della libertà, il Guggenheim Bilbao celebra un artista che, attraverso una pratica rigorosa e multidisciplinare, esplora i confini tra realtà e rappresentazione. Pfeiffer non offre risposte, ma pone domande cruciali sulla nostra relazione con le immagini e con i luoghi dello spettacolo. La mostra è un viaggio che unisce intimità e monumentalità, decostruendo le strutture visive che definiscono chi siamo e il mondo in cui viviamo. Un’esperienza che invita lo spettatore a confrontarsi con le implicazioni profonde del nostro sguardo e del nostro desiderio di appartenere.