Patricia Domínguez a Napoli: tra spiritualità ancestrale, resistenza ecologica e altari cibernetici

Un viaggio visionario che intreccia etnobotanica, spiritualità andina e nuovi orizzonti tecnologici. Così si presenta “Il cavallo bianco, gravido”, la prima mostra personale in Italia dell’artista cilena Patricia Domínguez, presentata lo scorso venerdì 26 settembre in anteprima a Napoli. L’iniziativa prende vita negli spazi del meraviglioso Chiostro Piccolo del complesso cinquecentesco di Santa Caterina a Formiello, nel cuore del capoluogo partenopeo, portati a nuova vita dalla Fondazione Made in Cloister. Il progetto, curato in collaborazione con nonlineare, iniziativa curatoriale indipendente, conclude il primo anno di “Rinascita”, programma dedicato alla trasformazione, al rinnovamento e alla resistenza delle specie in tempi di crisi globale.

“Il cavallo bianco, gravido” appare come il racconto, visivo, sonoro e spirituale, di una tradizione ancestrale fatta di connessione con gli elementi primordiali della natura – l’acqua, la terra, il verde delle piante e delle foreste – che si incontra con elementi a essa vicini e lontani rifiutando categorizzazioni nette: la mitologia e il sacro, la tecnologia con la pervasività della rivoluzione digitale e, soprattutto, la modernità nel senso più ampio del termine, come epoca di consumo, sfruttamento, depredamento.

Patricia Domínguez, il cavallo gravido, 2025. Crediti fotografici Francesco Squeglia. Courtesy the artist e Fondazione Made in Cloister

Altari cibernetici e cosmologie intrecciate

La mostra raccoglie un decennio di ricerca dell’artista, che si definisce “sciamana digitale” e ha dato vita a una piattaforma sperimentale di studi sull’etnobotanica, presentata attraverso sei video-installazioni che rivestono la funzione di veri e propri altari cibernetici: acqua, terra, animali, piante e ciò che è invisibile. Dai santuari emergono immagini e suoni che evocano un universo popolato da serpenti e tucani, rose e droni, manufatti precolombiani e icone corporate, creando un paesaggio sacro ibrido in cui tradizioni ancestrali e immaginari contemporanei si intrecciano e si contaminano.

Complessivamente, questi lavori costituiscono quella che l’artista definisce una “treccia planetaria”, in cui ogni video è un nodo: una trance onirica attraverso la realtà sudamericana, dove spiritualità, vicinanza agli animali, scarsità d’acqua legata alla privatizzazione e digitalizzazione della vita coesistono in una riflessione sul lutto ecologico, ma anche sulla speranza e sul rituale artistico. Oltre ai video, la mostra accoglie sculture, ex voto e acquerelli che trasformano il chiostro in un insieme di santuari artistici da vivere come luoghi di connessione e di cura e alla cui realizzazione hanno partecipato artigiani locali. 

Patricia Domínguez, il cavallo gravido, 2025. Crediti fotografici Francesco Squeglia. Courtesy the artist e Fondazione Made in Cloister

Patricia Dominguez: tra saperi antichi e narrazioni digitali

Nata a Santiago del Cile nel 1984, Patricia Domínguez si è formata tra Cile e Stati Uniti e oggi vive a Puchuncaví. La sua pratica, tra video, scultura e installazioni-santuario, unisce etnobotanica e immaginari digitali in una forma di hacking materiale: se il virtuale tende a smaterializzare il vivente, Domínguez compie l’operazione opposta, restituendo corpo e memoria all’immagine tecnologica. Ha esposto in istituzioni come MoMA, Hammer Museum, Gropius Bau, New Museum, Wellcome Collection, Gasworks, Frieze London e TBA21.

 “Ho visto – spiega Patricia Dominguez ad Artuu come ogni elemento del mondo si attivi attraverso le persone. Portare i miei santuari qui è stato come aprire portali verso piante, spiriti, terra e acqua. Il mio lavoro nasce in Cile, un laboratorio del neoliberismo dove l’acqua, le piante e la terra sono mercificate e sottoposte a estrazione continua. I video che fanno parte delle installazioni sono frammenti di immaginazione: una presenza che eleva e onora la memoria planetaria. Napoli diventa allora un crocevia di miti e resistenze multispecie, un luogo dove l’arte interroga l’invisibile, espande il cosmo e ci insegna a connetterci con l’ignoto, attraverso la scienza, le piante e la spiritualità”.

Nuovi santuari digitali nel chiostro del ‘500

Il titolo della mostra deriva da un frammento di affresco emerso durante il restauro del chiostro: l’immagine di un cavallo bianco, riportata alla luce grazie agli interventi conservativi. Originariamente parte della narrazione pittorica di Santa Caterina d’Alessandria, oggi questo cavallo rappresenta un simbolo di rinascita e di nuove possibilità di resistenza e cambiamento. Anche grazie a iniziative come quella presentata oggi, il chiostro, nucleo originario del progetto di riconversione di Made in Cloister, si candida sempre di più a spazio di incontro e di creazione, aperto al dialogo con la città. Le residenze artistiche ne alimentano il battito, invitando gli artisti a radicarsi nel territorio. 

Con il programma RINASCITA la Fondazione riafferma la propria missione: operare affinché arte, comunità e memoria possano radicarsi e trasformare il territorio. Abbiamo scelto di dare tempo: tempo ai processi artistici, al dialogo con la comunità, al radicarsi delle idee”, sottolinea Eleonora De Blasio, direttrice della Fondazione Made in Cloister.

Il programma, nato in collaborazione con nonlineare, iniziativa curatoriale indipendente, parte dalla convinzione che l’arte possa attivare pratiche di rigenerazione, intrecciandosi con la vita quotidiana e con il tessuto della città. Ogni progetto di RINASCITA è un invito a pensare il cambiamento come processo collettivo, dove spazio, artisti e persone si trasformano insieme”.

Patricia Domínguez, il cavallo gravido, 2025. Crediti fotografici Francesco Squeglia. Courtesy the artist e Fondazione Made in Cloister

Il chiostro stesso – prosegue la direttrice – rinato più volte nei secoli, è la metafora di ciò che intendiamo per rinascita: la capacità di accogliere nuove forme senza perdere memoria. Ogni nuova produzione qui non solo trasforma lo spazio, ma ne rivela anche la dimensione sacra: la possibilità che dalle pietre del passato germoglino visioni del futuro. In questo orizzonte si inserisce ‘Il cavallo bianco, gravido’, di Patricia Domínguez, interamente prodotta a Napoli in dialogo con artigiani locali. Un incontro che intreccia tradizione e immaginazione di futuri possibili, rafforzando la vocazione della Fondazione: mettere in dialogo il patrimonio della città e l’energia creativa contemporanea”.

Accogliere artisti internazionali significa aprire il chiostro a mondi diversi, riconfermandolo come luogo di scambio e di rinascita. Con la collaborazione di Patricia Domínguez, la Fondazione rinnova la propria missione: dare voce a pratiche artistiche che sanno unire immaginazione e cura, visione e comunità”, conclude la direttrice.

nonlineare è nata con l’obiettivo di resistere alla frammentazione del mondo, riaffermando una mentalità cooperativa, coltivando un pensiero e una creatività genuini per superare le divisioni disciplinari, epistemiche e geostrategiche. Dopo la mostra collettiva Il Sol dell’Avvenir e il SUNPOSIUM, questo nuovo capitolo del programma RINASCITA indaga la dissoluzione dei confini tra le forme di vita, mettendo in dialogo i saperi ancestrali indigeni con le logiche di appropriazione e sfruttamento del tardo capitalismo e il degrado ambientale che ne consegue. Il cavallo bianco di Patricia Domínguez è un monito per ricordare che la rinascita è possibile senza rifiutare la contaminazione, bensì imparando a metabolizzarla, ripensando e ricodificando la tossicità in nutrimento, attraverso la paziente alchimia della resistenza delle specie”, spiega Teresa Iarocci Mavica, a nome di nonlineare – iniziativa curatoriale indipendente.

La mostra “Il cavallo bianco gravido”, è visitabile presso la Fondazione Made in Cloister (Chiostro di Santa Caterina a Formiello, Napoli) dal mercoledì al sabato, ore 11.00–19.00, e la domenica ore 10.00–14.00. Domani, sabato 27 settembre, opening dalle 17 alle 20.

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