Nonostante: il nuovo film di Valerio Mastandrea racconta i fantasmi di una vita sospesa

Nonostante è la seconda prova registica di Valerio Mastandrea dopo Ride (2018), un’opera metafisica e malinconica dal grande impatto emotivo. Accanto allo stesso Mastandrea, nel cast ci sono Dolores Fonzi, Lino Musella, Giorgio Montanini, Justin Alexandre Korovkin, Barbara Ronchi e Luca Lionello. 

Il protagonista (senza nome) vive immerso in un limbo, un ospedale che, anziché luogo di sofferenza, diventa per lui un rifugio. Qui, nella rassicurante routine della degenza, trova un’inedita libertà, un’esistenza sgombra dalle responsabilità e dalle inquietudini del mondo esterno. Eppure, come ogni equilibrio apparente, anche questo verrà spezzato dall’arrivo di una nuova paziente: una donna che non vuole scomparire nel grigiore della malattia. Lei vuole vivere, ostinatamente, anche se ciò significa accettare la vertigine della sofferenza, lacerare la quiete di chi, come il protagonista, ha imparato a galleggiare senza più nuotare.

In questo incontro si condensa il senso profondo del film: il risveglio improvviso di un uomo che si credeva ormai al sicuro dall’attrito della vita. Il confronto con la donna gli impone di abbandonare il suo anonimato esistenziale e di affrontare il peso della propria inerzia. L’ospedale, con le sue pareti spoglie e i suoi corridoi sterili, si trasforma così in un purgatorio, un non-luogo in cui il tempo non avanza, ma si ripiega su se stesso, ingabbiando chi vi si rifugia.

La regia di Mastandrea osserva senza invadere, tratteggia senza sovraccaricare, affidandosi alla potenza del non detto. Ogni personaggio emerge con una verità cruda, scavata nei dettagli, nelle pause, nei silenzi. E quando infine l’amore si insinua nel racconto, lo fa con la forza di un terremoto. Non un amore idealizzato, ma un sentimento che sfida, che scuote, che demolisce le certezze fittizie. L’amore diventa l’unico antidoto alla morte in vita, il solo elemento capace di ridare senso al dolore e alla lotta. Perché in fondo, Nonostante è questo: un inno alla resistenza, all’ostinazione nel restare aggrappati alla vertigine dell’essere.

Mastandrea costruisce un film che ha il respiro delle grandi opere esistenzialiste, un cinema che non consola ma interroga, che si insinua sottopelle e obbliga lo spettatore a fare i conti con le proprie paure più profonde. In questa dimensione liminale, il protagonista si aggira come un moderno Damiel de Il cielo sopra Berlino, un angelo, un fantasma che ha scelto di non scegliere, di esistere senza vivere. E proprio come accade nel capolavoro di Wenders, arriverà un momento in cui anche lui dovrà lasciarsi trasportare dal vento del cambiamento, abbandonando la sua fragile fortezza di solitudine.

Nonostante è un film che indaga le nostre esitazioni, le nostre fughe, le nostre scelte mancate. Eppure, come suggerisce il titolo, esiste sempre un oltre, un al di là delle paure, un punto in cui si deve smettere di resistere e accettare la danza impetuosa della vita. Mastandrea inquadra questo territorio non realistico, una dimensione ectoplasmatica dove i confini e le persone si dissolvono. Nonostante è un’opera rarefatta e potente, un film sui fantasmi: i fantasmi della solitudine, i fantasmi della depressione, i fantasmi di una vita sospesa. Mastandrea, con la sua regia calibrata e penetrante, non offre risposte facili. Non si tratta di un processo catartico: piuttosto, ci guida nell’abisso, tra corridoi deserti e silenzi eloquenti. 

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