“Un tempo il palazzo o il monumento avevano un valore di centro nella città ordinata e ideale, su una base fissa. Oggi è chiaro che le sculture sono piuttosto nuclei, o cristalli, oppure occhi, o fuochi, per la frontiera e per il viaggio, per l’immaginazione, per la complessità.” Sono queste le parole di una vera e propria icona dell’arte contemporanea, venuta a mancare nel giugno di quest’anno. Stiamo parlando di un’artista che definire scultore sarebbe riduttivo: Arnaldo Pomodoro.
Dal 2022 la sua Fondazione dedica a Pomodoro un ciclo di mostre dal titolo Open Studio, con lo scopo di offrire al pubblico approfondimenti inediti sul lavoro e sulla vita del grande maestro. Interessante è come questi incontri si focalizzino anche su temi o momenti meno noti della sua produzione artistica, restituendo agli spettatori la visione del suo pensiero, negli spazi attraversati tutti i giorni dall’artista stesso. La Fondazione Arnaldo Pomodoro, con sede in via Vigevano 3, nella città di Milano, a due passi dai Navigli, si trova infatti nell’ex studio dell’artista e ad oggi festeggia trent’anni dalla sua apertura. Istituita nel 1995, la Fondazione opera secondo la volontà di Arnaldo Pomodoro di creare un luogo aperto alla rilettura dell’arte del Novecento e alla creatività dei giovani artisti. Si tratta di uno spazio vivo e aperto alla collettività, dalle visite delle scuole alle ricerche dei dottorandi. Non è prevista staticità in questo spazio sempre in evoluzione, se non nell’ideologia dell’artista e nel suo modo di operare.

Pomodoro infatti afferma: “Ho sempre sentito la necessità di un coinvolgimento concreto dal punto di vista sociale: uscire dal proprio studio, dove si lavora e si è protetti, non è una facoltà: è un dovere. Il compito dello scultore è quello di mettersi in gioco e coinvolgersi con il tessuto urbano della città, facendo sentire l’importanza pubblica di tutta l’arte, non solo della propria.”
La quarta edizione di Open Studio dal titolo Arnaldo Pomodoro. Luoghi, memorie e visioni, inaugurata il 4 ottobre è visitabile fino al 31 maggio 2026. Dopo i primi tre capitoli del ciclo, dedicati rispettivamente alle sperimentazioni spazialiste degli anni Cinquanta, ai così detti “anni americani” (1967-1970) e alla Sfera, indubbiamente l’opera più nota della sua produzione, quello di quest’anno propone i temi del luogo, della visione e della memoria come chiavi di lettura della riflessione di Pomodoro sulla natura della scultura e sul suo rapporto con lo spazio. Fin dagli anni Settanta l’artista porta avanti una ricerca legata al tema dell’environment e di come la scultura si trasformi da oggetto espositivo in uno spazio museale a installazione ambientale, diventando essa stessa spazio. Ecco che i confini tra scultura e architettura diventano sempre più labili nel lavoro di Pomodoro che abbraccia fin da principio una forte multidisciplinarietà.
La mostra, a cura di Federico Giani, curatore della Fondazione, instaura un dialogo originale tra le opere e i materiali d’archivio. Questi da strumenti di ricerca utili all’artista, diventano documentazione espositiva carica d’informazione, volti alla comprensione del suo lavoro. È così che scopriamo la sua immensa passione per il teatro, i costumi e le infinite scenografie che ha realizzato nel corso degli anni o i così chiamati Progetti visionari, “luoghi ideali” o “utopie totali”, visioni fortemente poetiche in cui l’effettiva realizzazione passa in secondo piano a favore della sperimentazione. Per la prima volta la scultura di Pomodoro diventa narrativa e riguarda pienamente la sua produzione e la sua persona. Incredibile è pensare che nello stesso spazio in cui il grande maestro ha lavorato, sperimentato e vissuto, ci troviamo noi oggi ad ammirare la sua produzione. Nel suo ufficio, spazio quasi interamente rimasto come Pomodoro l’aveva lasciato, spicca una parete che per l’artista era intoccabile, divenuta quasi un collage delle sue memorie.
Premi, libri, ricordi di viaggio, fotografie con gli amici, cartoline, raccontano l’intera vita di un uomo che ha segnato la storia dell’arte.

Arnaldo Pomodoro. Luoghi, memorie e visioni si apre negli spazi del Cortile della Fondazione dove, insieme al Salone, sono presentate una ventina di sculture con un allestimento che si rifà ai display più sperimentali delle mostre presentate da Pomodoro tra gli anni Ottanta e Novanta. Sculture che dialogano tra loro grazie a un’aggregazione che restituisce la suggestione di ambienti allo stesso tempo concreti e ideali, ispirati al Mediterraneo e all’Egitto. Tra queste la più emblematica è forse la Rotativa di Babilonia che l’artista realizza nel 1991. Una sorta di grande ruota in bronzo patinato, esposta su una montagna di sabbia rossa, a ricordare quella delle dune del deserto egiziano.
Pomodoro racconta la sua storia: “Questa scultura mi è venuta in mente e nelle mani dopo un viaggio in Turchia nel 1991, con modi forse suggeriti da quelle frontiere: è una rotella, del diametro di 1,50 metri con tratti incisi nella striscia esterna circolare. Fatta rotolare su terreno morbido, come una ruota su fango fresco o su sabbia, la Rotativa traccia misteriosi e affascinanti segni, simili a quelli incisi nella creta dagli antichi sigilli mediorientali.”

La mostra prosegue nello spazio della Progettazione, dedicato a un gruppo molto particolare di opere, riunite dall’artista sotto il nome di Progetti visionari. A volte realizzati, a volte mai portati a termine, per Pomodro in questa serie di progetti non era importante l’effettiva realizzazione. Tra questi vi è il Nuovo Cimitero di Urbino, progettato nel 1973 e mai realizzato nonostante il progetto vinse il concorso, ma i lavori vennero bloccati dal comune. Insieme a disegni, grafiche e bacheche di materiali d’archivio, la mostra si conclude con il progetto dell’Ingresso nel labirinto (1995-2011) il più recente environnement nel quale Pomodoro riprende e rielabora nuovamente la sua ricerca attorno ai temi di luogo, memoria e visione. Ispirato all’Epopea di Gilgamesh, il primo grande poema allegorico della Storia dell’Umanità (2000 a.C. circa), il Labirinto è un’opera ambientale, sintesi perfetta del percorso artistico e creativo che Arnaldo Pomodoro ha sviluppato nel corso di una vita: una riflessione su tutto il suo lavoro a partire dall’elaborazione delle forme arcaiche della scrittura, fino a sfociare nell’architettura e nello spazio scenico. Nell’attuale Showroom FENDI, in Via Solari 35 a Milano, dal 15 ottobre riapre l’accesso al labirinto tramite visite guidate.



