Nel tempo sospeso dell’arte: un viaggio percettivo al Museo di Belle Arti di Valencia

Quando visito i Musei di Belle Arti, in tutta Europa, così come in Italia, mi assale sempre un sentimento di sospensione e di immensa fragilità eterea. Mi inchino simbolicamente al mondo senza età che è l’arte e così ha inizio la mia visita. Sappiamo tutti, o almeno coloro che si sono specializzati in ambito artistico, quanto sia errato parlare di evoluzione. Parliamo invece di passaggio, di cambiamento, di rivoluzione.

Osservare in uno spazio circoscritto, quale è il museo, secoli di storia compressa non è un’esperienza leggera, oserei dire, è necessario conservare energie per osservare al meglio le forme, la materia, i supporti artistici, per sincronizzare il tratto materico con l’età che possiede e legarlo al nostro presente. Eppure emerge, a vista d’occhio, nell’indistinto di un mondo lontano, penso al gotico, ad esempio, o al mondo medievale immenso nella sua grazia, la libertà creativa che ha sostenuto il cambiamento subitaneo nel mondo dell’arte.

Quando frequentavo ancora l’università mi iscrissi ad un corso che mi affascinò e che ritengo fondamentale per l’esperienza percettiva nei riguardi di tali musei, che sparsi nel territorio italiano e non, cristallizzano la storia del territorio in un’ottica di pienezza, di candore e di estrema cura per la conservazione. La storia dell’arte comparata insegna a legare gli influssi, le corrispondenze, a comprendere come il sistema dell’arte sia sempre stato costituito da un amore per l’esperienza. Un dare e avere sottile in cui riconosciamo il ruolo primo dell’Italia nella creazione di uno spirito nuovo artistico (penso a Giotto precursore del Rinascimento), o alle influenze fiamminghe portatrici di una prospettiva nuova.

Tríptico de la Crucifixión
Joan de Joanes 1570 79

Nello studio della semiotica dell’arte si percepisce vivo lo spirito culturale che ha plasmato le menti e il gesto creativo. Il simbolo, da sempre, poggia su basi archetipiche e socio-culturali ed è interessante notare come il pensiero che si ha del mondo influenzi il gesto e come il gesto influenzi l’Idea.

Tutta questa premessa sembrerebbe superflua, eppure è necessaria, per descrivere ciò che ho provato guardando un’opera al Museo di Belle Arti di Valencia. Joan de Joanes è un pittore nato a Valencia nel 1505. Nella metà dello stesso secolo dipinge questo meraviglioso trittico della crocefissione. Forse è l’ingenuità del mio occhio, che certo ha viaggiato, ma quanta arte esiste in tutto il mondo!

Il fondo nero che sospende i corpi estranei nel loro dolore mi colpisce. È la prima volta che osservo una tale oscurità pregnante nella visione di un’opera prettamente religiosa. Ciò che colpisce ancora di più il mio sguardo sono il Sole e la Luna dipinti nell’indistinto della notte. Mentre osservo penso all’esoterismo spagnolo che trasuda di intellighentia nei testi antichi, di un mondo fortemente conservatore e forse per tale motivo ancor più rivoluzionario nelle sue sotterranee correnti.

Nel Medioevo, vasto periodo voi direte, è frequente una compenetrazione di simboli antichi, pagani, che ancora sopravvivono alla visione prettamente cristiana che trova nel corso dei secoli una propria iconografia umanistica e monoteistica. Il Sole e la Luna vengono rappresentati con fattezze umane, antico richiamo delle divinità della Persia e della Grecia, e poste ai lati della crocefissione, come in questo trittico, rappresentano solitamente la luce e l’oscurità, il positivo e il negativo che si fondono, il passaggio dal Vecchio al Nuovo Testamento.

In quest’opera di Joan de Joanes è quindi possibile vedere la sopravvivenza di una metodologia iconografica medievale in un’opera che definirei rinascimentale. Tale sopravvivenza è presente anche nel grande secolo del Barocco della nostra tradizione italiana. Penso a Salvator Rosa, al suo parlante sottosuolo simbolico-artistico. Intrecci, richiami antichi, la storia dell’arte conserva il passato in forma nuova. Quale che sia il tratto del presente vi è sempre un rimando a ciò che lo ha plasmato.

Nel nostro mondo occidentale è affascinante osservare come l’iconografia istituzionale si confonda, viaggi oltre mare, oltre oceano. Per cui salgo le scale di questo vasto museo e cammino nel ‘700, e poi ancora nell’800, secolo di passaggio dell’“autoritarismo” semantico, per così dire, di dominio cristiano-cattolico, per poi giungere alla frammentazione creativa e libertaria del ‘900.

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