Nel silenzio dell’‘altra Langa’: Landandart trasforma il paesaggio del Monregalese in un museo a cielo aperto

Un’”altra langa”: così viene definito il Monregalese, in provincia di Cuneo. Un territorio che appare come incontaminato e sospeso nel tempo e nello spazio; ricco di tesori, sì, ma per lo più gemme ancora troppo nascoste. È proprio con il fine di valorizzare il luogo che è nata l’Associazione culturale VIA, che attraverso il progetto Landandart – andar per arte intende far conoscere il patrimonio naturale e artistico locale attraverso le espressioni artistiche contemporanee più disparate. Così, lo scorso 4 ottobre è stata inaugurata la terza installazione del progetto realizzata appositamente per il contesto in cui è inserita. Dopo le opere site specific degli artisti Emilio Ferro e Giovanni Ozzola, è infatti la volta di Antonio Capaccio che, con la sua creazione La Vergine dei Battuti, rende omaggio al territorio bello e remoto. 

L’”altra langa” è infatti più selvatica e più nascosta. Le sue montagne proteggono architetture rurali, tradizioni contadine, storie di pellegrinaggi e leggende arcaiche. Tra i colli e i boschi sorgono piccoli borghi medievali, vecchie cascine e cappelle perse tra i prati. Vicoforte e Mondovì sono i suoi luoghi di attrattiva maggiore. La prima conta appena 3200 abitanti: il suo centro storico, collocato tra le colline, sorse con il nome di “Vico” e fu un importante presidio romano; il piccolo fondovalle pianeggiante ai suoi piedi è sede del Santuario Regina Montis Regalis, che vanta la cupola ellittica più grande del mondo. Mondovì invece è una cittadina di circa 22000 abitanti che nacque alla fine del XII secolo dall’agglomerazione degli abitanti dei villaggi vicini. Mostrò fin da subito una spiccata vocazione urbana: divenne nel Trecento sede vescovile e nel Cinquecento sede universitaria, trasformandosi in una delle cittadine più popolose del Piemonte. 

Vicoforte Dietro San Rocco

È in questo contesto che Giulia Carbone, Geremia Siboni e Sergio Basso hanno fondato l’Associazione culturale VIA. La prima parte del nome – VI – rimanda proprio a MondoVI’ e VIcoforte, mentre la parte finale – la A – è quella di Arte e Ambiente. Qui, il patrimonio artistico e naturale locale viene infatti valorizzato da un punto di vista culturale e turistico. Le iniziative riguardano il dialogo del linguaggio antico monregalese con tutte le espressioni artistiche contemporanee, tra cui arti visive e performative, musica, letteratura e cinema. Ciò si è tradotto in pratica nel progetto Landandart, che prevede percorsi escursionistici che tessono connessioni tra i borghi e le cappelle locali, fomentano gli scambi tra le diverse realtà territoriali e incoraggiano un turismo lento e “a passo d’uomo”, rispettoso dell’ambiente. Ad oggi, sono previsti tre percorsi circolari; imprescindibile è comunque il tratto che collega il Santuario con il centro storico di Vicoforte, e in cui sono disseminate le opere che Ferro, Ozzola e Capaccio hanno realizzato apposta per Landandart

Il fulcro originario del Santuario Regina Montis Regalis è la Madonna col Bambino dipinta su un pilone alla fine del 1400. Un secolo dopo, in seguito a un’epidemia di peste e alle notizie di guarigioni e miracoli, la devozione alla santa immagine mariana si diffuse, con l’arrivo di pellegrini da ben oltre i confini locali. Iniziò così un processo di costruzione che portò al capolavoro architettonico che conosciamo oggi. Tutto il borgo, in cooperazione con la città di Mondovì e le comunità locali, dedicò risorse, tempo e denaro per contribuire alla realizzazione dell’edificio che doveva onorare la Vergine, ciascuno secondo le proprie possibilità.

Emilio Ferro Miracle 2024 ph Roberto Conte

La costruzione del Santuario durò tre secoli e ciò visivamente si traduce nella compresenza di tre stili differenti nella parte esterna del Santuario: la parte inferiore risale al primo Seicento, è costruita nelle forme tardo-rinascimentali e rivestita in pietra arenaria; il tamburo e la cupola sono settecenteschi, di gusto barocco e caratterizzati dal mattone a vista; la copertura in rame e le quattro torri campanarie furono realizzate nell’ultimo ventennio dell’Ottocento. All’interno però la differenza di stili è annullata da una decorazione barocca che si estende su tutte le pareti e sulla volta della cupola. Si tratta di una superficie di oltre 6000 metri quadrati a tema unico, altro primato mondiale oltre a quello riguardante la grandezza della cupola ellittica. Il campo pittorico riguarda interamente la storia della salvezza contemplata nella Beata Vergine Maria, con la rappresentazione della sua vita terrena e della sua assunzione in cielo. Il visitatore, guardando gli affreschi sopra di sé, rimane incantato e rapito, elevandosi anche lui verso l’alto. 

Usciti dal Santuario, è possibile arrivare in una decina di minuti a piedi alla Cappella di San Rocco. Qui si trova la prima delle tre opere site specific del progetto Landandart. Si tratta di Miracle (2024), dell’artista Emilio Ferro, il quale inscena bene il legame tra arte e natura che l’Associazione culturale VIA è attenta a promuovere. Un albero regge una linea metallica di luce lunga 6 metri, creando un equilibrio tra l’irregolarità delle linee naturali dei rami e le forme geometriche nette dell’elemento metallico. Questa linea di luce nasce dal terreno e si indirizza verso la Cappella, dove ha luogo il fulcro dell’installazione: è presente al suo interno una seconda struttura metallica appuntita e di lunghezza totale di 18 metri, che nasce dentro l’edificio e si proietta al di fuori indicando la via verso il Santuario. Nel fare questo, l’artista si è ispirato al desiderio di trascendenza che prova l’osservatore proprio all’interno del Santuario di Vicoforte: in Miracle non sono gli affreschi ma la luce della linea metallica che proietta lo spettatore verso il cielo. Conclude l’installazione una colonna sonora che l’artista ha realizzato registrando i campi magnetici presenti nella Cappella e nel Santuario, e i suoni provenienti dal paesaggio circostante. 

Giovanni Ozzola Atto unico campane 2024

A pochi metri dall’opera di Ferro, si trova la seconda installazione site-specific di Landandart: Atto unico – campane (2024) di Giovanni Ozzola. Le campane in questione sono cinque e recano in sé un forte simbolismo. Tre di loro sono fatte di argilla e sono appese ai rami di un albero. La prima è decorata al suo interno da piccole stelle d’oro: l’artista parla dell’universo interiore che ognuno di noi ha e constata che è solo quando siamo connessi gli uni con gli altri che possiamo creare costellazioni. La seconda campana indaga l’importanza di conoscere realmente noi stessi come presupposto per presentarsi senza paura di fronte alla diversità dell’altro. Nella terza, in una tensione di opposti, le parole “io” e “tu”, presenti sulla campana, risuonano insieme e si fondono diventando “noi”. Possiamo infatti essere contemporaneamente noi stessi ma anche parte di qualcosa di più grande. La quarta e la quinta campana invece sono fatte di sabbia e calce e si trovano entrambe appoggiate sul terreno, destinate a essere alterate dal vento, dal sole e dall’acqua, e a tornare alla terra. Non sono altro che un invito da parte dell’artista a prendere consapevolezza del cambiamento e della mortalità terrena: una sorta di memento mori. Attraverso la fragilità delle sue cinque campane, Ozzola trasmette un toccante messaggio di ciclicità e rinascita. 

Si può camminare ancora una decina di minuti fino ad arrivare al centro storico di Vicoforte, sede del terzo atto del progetto Landandart: La Vergine dei Battuti dell’artista Antonio Capaccio. Si tratta di un’opera realizzata su tela con materiale acrilico, collocata nella nicchia che sovrasta l’altare all’interno dell’Ex Confraternita dei Battuti. Qui, un tempo era presente ciò che si pensava essere una classica pala d’altare. Tuttavia, in seguito a un restauro, si scoprì che erano dipinti entrambi i lati e che quindi si trattava di uno stendardo processionale. Sia sul recto che sul verso dello stendardo sono raffigurati due santi, due confratelli inginocchiati e incappucciati, un puttino e un paesaggio con cielo azzurro. Ma in entrambi i lati larghe parti sono state compromesse da una lunga e pessima conservazione: si può infatti intravedere sulle due superfici il pilone della Madonna di Vico, ma la Vergine con il Bambino sono andati purtroppo perduti. 

Antonio Capaccio, La Vergine dei Battuti, 2025 Ex Oratorio della Confraternita dei Battuti a Vicoforte

Le figure dei santi e dei confratelli tornano quindi nell’opera di Capaccio, il quale però decide di aggiungere pittoricamente anche la Vergine con il Bambino, che nello stendardo aveva solo potuto immaginare. L’artista fa così un «omaggio alla tradizione artistica di Vicoforte, reinterpretandola attraverso la propria sensibilità contemporanea» ha commentato Claudia Rozio, curatrice con esperienza pluriventennale. Nell’opera di Capaccio c’è la figura, il graffito e il ghirigoro astratto; c’è il colore, ma anche spazi bianchi e utilizzo di grigio e di nero. Si tratta di un «compendio di tutto il suo percorso artistico che ha visto nel tempo l’alternarsi di lavori prettamente astratti ad altri più barocchi e altri decisamente figurativi» prosegue Rozio «sempre e comunque connotati da un’estrema cura dell’equilibrio, della precisione tecnica, dell’armonia e dell’eleganza. In estrema sintesi: della bellezza».

Il progetto Landandart – andar per arte in futuro continuerà ad arricchirsi attraverso l’installazione di nuove opere site specific e il coinvolgimento di attori locali e nazionali per la valorizzazione del monregalese. Dei significati del nome dell’Associazione culturale che lo promuove – VIA – si è detto. Quello che emerge però dopo essersi immersi nel territorio è che si tratta soprattutto di una via intesa in senso fisico come sentiero alla scoperta del patrimonio artistico e naturale, e forse ancor più una via spirituale, di ricerca della quiete e di contemplazione del bello. 

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