Negli ultimi decenni, le istituzioni museali sono divenute il centro di complesse diatribe sulle restituzioni, questioni riguardanti opere d’arte trafugate, esportate illegalmente o acquisite con modalità assai discutibili. Queste richieste, quasi sempre avanzate da paesi stranieri, ex proprietari o autorità giudiziarie, portano alla luce un processo di riconciliazione delle memorie in grado di ridefinire il volto di molte realtà espositive. Le numerose rivendicazioni hanno acceso un fervente dibattito globale che mette in discussione le pratiche museali rimarcando ingiustizie storiche e soprusi, spesso legati al colonialismo e alla modificazioni delle eredità culturali ad esso dovute.
Una serie di eventi infatti sta contribuendo a cambiare le politiche culturali dell’Occidente, costruendo un nuovo ordine. Dopo anni, o meglio decenni, di rifiuto e immobilismo le opere d’arte, sottratte in epoca coloniale o durante il periodo buio dei totalitarismi, tornano a casa rinsaldando patrimoni spesso frammentati. Il nuovo millennio ha digitalizzato l’arte, rendendola democratica, ed ora la restituisce anche ai legittimi proprietari.

Un caso emblematico di restituzione recente riguarda il Madagascar, che ha ottenuto il rimpatrio dei resti del re malgascio Toera e di due guerrieri malgasci, decapitati durante una repressione coloniale da parte delle truppe francesi nel 1897. Nell’agosto di quell’anno, durante la conquista francese dell’isola, mentre il re malgascio stava negoziando la resa, i soldati francesi massacrarono centinaia di nativi nel villaggio di Ambiky. Il numero esatto delle vittime rimane tuttora sconosciuto. Le teste mozzate del sovrano e dei due guerrieri del Regno Sakalava furono inviate al Musée de l’Homme (parte del Muséum national d’histoire naturelle) di Parigi, dove sono conservate dal 1899. Il Madagascar ne ha chiesto la restituzione nel 2022.
Entro la fine del 2025, a distanza di oltre un secolo, questi resti torneranno a far parte del patrimonio del Madagascar come previsto dalla normativa francese che regola la restituzione dei resti umani trafugati in epoca coloniale. Il gesto, annunciato dal primo ministro francese François Bayrou, segna un passo importante verso il riconoscimento delle ingiustizie del passato.

La cerimonia di restituzione dovrebbe tenersi nel mese di agosto, in seguito a un precedente rinvio dovuto a motivi culturali locali (La restituzione dei resti umani del Madagascar, Le Monde). Quest’evento è solo uno dei tanti esempi di rinnovamento che stanno animando anche altre ex colonie, come l’Australia, che ha richiesto il rimpatrio dei resti di varie popolazioni indigene. La Francia, infatti, ha anche recentemente discusso il rientro del Djidji Ayokwe, un tamburo cerimoniale ivoriano saccheggiato dalle forze coloniali francesi e simbolo di un patrimonio culturale messo sotto sequestro.

Alla lista dei pentiti che tornano sui loro passi non poteva mancare il Regno Unito, o meglio, la Tate, che ha partecipato a una restituzione di rilievo: quella di un dipinto di Henry Gibbs, Enea e la sua famiglia in fuga da Troia in fiamme, datato 1654. Il dipinto, sequestrato dai nazisti nel 1942, è stato restituito agli eredi del mercante ebreo Samuel Hartvel, a cui era stato sottratto. L’atto di restituzione è stato reso possibile solamente grazie alla crescente attenzione rivolta alle spoliazioni dovute a questioni «razziali». L’istituzione aveva acquisito l’opera nel lontano 1994, tuttavia una serie di accurate ricerche ha svelato il legame criminale con il traffico d’arte gestito dai nazisti.

Si aggiunge all’elenco anche il celebre Metropolitan Museum of Art di New York, che ha restituito una testa bronzea di grifone originariamente prodotta nell’antica Grecia e risalente al VII secolo a. C. Il pezzo unico, probabilmente proveniente da Olimpia, era stato rubato negli anni Trenta, prima di finire nella collezione del noto museo newyorkese. Questo evento rientra in un più ampio programma di restituzioni che ha interessato anche altri beni, alcuni dei quali risalenti a migliaia di anni fa, anch’essi sottratti durante le due Guerre Mondiali. Tuttavia, dobbiamo sottolineare che tale azione è il risultato delle battaglie legali portate avanti dalla Grecia, nazione al centro delle contestazioni internazionali, che ha finalmente ricevuto il reperto che rappresenta un precedente necessario alla futura restituzione di parte del suo patrimonio storicamente collocato in altri Paesi.
La scultura tornerà brevemente negli USA in occasione di una mostra speciale programmata per il 2026, sottolineando il rapporto di collaborazione tra il governo greco e il museo. «Siamo grati per la nostra partnership di lunga data con il governo greco e siamo ansiosi di continuare a impegnarci e a creare opportunità di scambio culturale», ha affermato Max Hollein, responsabile del patrimonio e amministratore delegato del museo. «Apprezziamo molto il fatto che il Ministero sostenga l’imminente prestito del grifone, così come di altre opere d’arte significative, al Met, mentre perseguiamo il nostro impegno comune di promuovere la conoscenza e l’apprezzamento dell’arte e della cultura greca tra i nostri milioni di visitatori annuali». Difatti, il Metropolitan ha restituito altre 11 opere di inestimabile valore, sempre nell’ambito di un piano che vede tra i suoi promotori l’Unità per il traffico di antichità di New York, evidenziando la rinnovata sensibilità per la questione della provenienza delle opere.
Queste iniziative non sono un tentativo di cancellare il passato, bensì di restituire dignità alla storia di un popolo. Sono le fondamenta di una memoria collettiva consapevole che deve assumere un carattere universale. Fermare il processo di appropriazione, opporsi alla sua irreversibilità, è un obbligo di giustizia e un dovere verso le popolazioni assaltate dai coloni. In giorni in cui i diritti civili e le libertà personali sono in grave pericolo, attaccati da più fronti contemporaneamente, a volte persino demonizzati, nel silenzio delle sale dei musei si compie una rivoluzione: quella della revisione di un secolo e mezzo di furti e soprusi legittimati.