Il mondo del graffiti writing è da sempre molto difficile da interpretare dall’esterno ed entrarne a farne parte non è facile. Ho viaggiato tanto negli ultimi 10 anni per soddisfare la mia voglia di conoscenza e per approfondire una cultura underground che ogni tanto prova a parlare con la superficie, ma con difficoltà. Un nome che costantemente era (ed ancora oggi è) presente nelle chiacchierate fatte con gli artisti in tutta Italia è Mr.Wany, una figura storica nel mondo del writing e dell’arte urbana; per me, e forse per molte altre persone, un punto di riferimento.
Sono passati diversi anni dal mio primo incontro con lui, ma oggi, in occasione di questa chiacchierata, mi ha invitato nel suo studio. La prima cosa che mi ha colpito è una scultura praticamente grande quanto me. Dopo avermi spiegato i vari passaggi realizzativi dietro questo importante progetto, Andrea Sergio (questo il nome all’anagrafe di Mr.Wany), mi ha mostrato tutto il materiale presente all’interno del suo spazio creativo e tra una domanda e l’altra mi ha raccontato come è andata la 18° edizione di Amazing Day, il festival dedicato alla cultura hip hop da lui organizzato, anticipandomi anche una novità sul suo futuro che non mi aspettavo.

18 edizioni di Amazing Day sono davvero tante, complimenti, o forse meglio dire congratulazioni! Qual è stata la scintilla che ti ha spinto a creare questo evento e che ti spinge ancora oggi a farlo cercando inoltre di introdurre sempre delle novità?
L’evento nasce a Bologna nel 2006 come festa di compleanno. Col tempo siamo diventati sempre di più e la volontà di fare sempre meglio ci ha portato, step by step, a diventare l’evento di cultura hip hop e street più longevo e incisivo d’Italia: ha portato migliaia di appassionati e artisti a ballare, suonare o dipingere nel nostro Paese, provenienti da ogni parte del mondo.
Per me l’Amazing Day è quasi una missione: un progetto che, come un figlio, regala grandi gioie ma anche inevitabili dolori. Oggi più che mai è faticoso portarlo avanti, i costi sono sempre più alti e mantenerlo gratuito per il pubblico diventa una sfida continua. C’è sempre l’imprevisto dietro l’angolo — dal meteo a collaborazioni che si rivelano poco affidabili — e spesso rapportarsi con persone che non appartengono al nostro mondo significa scontrarsi con chi lavora senza passione, senza cuore. Questo si traduce inevitabilmente in stress, invece che nella possibilità di godere del bel lavoro fatto.
La parte bella però è quella che mi spinge a continuare: ogni anno si raggiungono piccoli e grandi traguardi, si conquistano nuovi spazi creativi, nuovi amici e nuove aperture da parte del pubblico, si creano connessioni reali. Gli abbracci, i sorrisi, ed anche le lacrime, il rivedere amici da tutta Italia e da tutto il mondo in soli tre giorni riempiono il cuore di gioia e rendono questa esperienza unica, concreta e indimenticabile.
Nell’evento coinvolgiamo tutto il Paese: dai più piccoli con i workshop di writing con gli spray all’acqua, al momento di sketch collettivo su carta riciclata, gli street art tour, passando per il breaking e la danza mix di style, la proiezione di documentari, le presentazioni di libri, il dipingere su diversi supporti — come quest’anno sui cinque rimorchi di camion — e i contest musicali, showcase e live pazzeschi come quello di Jack the Smoker e Davide Shorty. Insomma, tantissime cose che rendono questo evento faticoso ma davvero Amazing. Come ogni traguardo sudato.
Sai che io ti considero un punto di riferimento per il writing e se posso confrontarmi con te lo faccio sempre, però tu oggi sei un artista che va oltre quel mondo, senza comunque allontanarti dalle tue radici. È stato difficile negli anni riuscire ad essere considerato anche in altri mondi al di fuori dell’underground? Quali sono state le sfide e i progetti più difficili che hai portato a termine?
Nel mio percorso mi sono approcciato a più discipline e contesti, sempre mantenendo la mia visione ma cercando anche di contestualizzarmi. Sin dagli esordi ho affiancato ai miei lavori in strada anche progetti artistici o commerciali. Uno non ha mai escluso l’altro: ero agli inizi, e in fondo entrambi rappresentavano ottime palestre per affinare tecnica, rapidità di esecuzione… o semplicemente per finanziare i lavori non commissionati.
A differenza di molti “colleghi”, non credo di aver mai rubato uno spray per dipingere — e anche se lo avessi fatto, non ne andrei certo fiero oggi. Ma questo non mi rende più o meno “real”, te lo assicuro.
Fin da subito, quando mi approcciavo a un lavoro, lo facevo con l’intenzione di fare arte e cercavo di essere il più professionale possibile, proprio per sfatare quel pregiudizio secondo cui chi proveniva dal nostro mondo fosse un “poco di buono”. Le mie prime commissioni, nei primi anni ’90 a Brindisi, arrivavano da ambienti tutt’altro che “puliti”. Ma verso la fine degli anni ’90 e l’inizio del 2000 hanno iniziato a contattarmi anche agenzie, TV e multinazionali. Lavorare a quel livello, in quel periodo, era tutt’altro che scontato: non eravamo in molti, e farsi rispettare è stato difficile, parte di un processo lungo e complesso, perché stavamo di fatto creando un lavoro che… non esisteva ancora.
Oggi sembra normale collaborare con brand automobilistici, dipingere grandi facciate o lavorare per grosse realtà aziendali. Ma vent’anni fa non lo era affatto.
In pochi forse sanno che una delle prime facciate pubblicitarie a Milano è stata dipinta da noi per Nike nel 2008, o che nei primi anni 2000 ho realizzato una tela per Adidas in TV su Italia Uno (Mediaset). Nel 2015 ho dipinto una Jeep Renegade per i suoi 75 anni e ho fatto un tour in Italia per presentare il mio calendario artistico. Ho anche ideato un progetto di arte performativa chiamato “Semiotic of Bboying” per la finale 2016 del Red Bull BC One durante il The Week di Cesenatico, unendo arte e danza… progetto che poi è stato copiato in Francia. Queste sono solo alcune delle esperienze che hanno segnato il mio percorso.
Oggi comunque tutto questo è diventato per te un lavoro, ti faccio una domanda un po’ banale, magari indiscreta, ma è per soddisfare la mia curiosità: quando hai capito che avresti potuto vivere della tua arte?
La mia prima commissione risale a quando avevo 13 anni… In qualche modo ho sempre vissuto un po’ della mia arte, lottando per raggiungere i miei obiettivi con il 101% dell’impegno, anche quando a casa erano preoccupati perché non vedevano una vera prospettiva lavorativa per me. Non li biasimo, perché effettivamente quel lavoro non esisteva ancora. Sicuramente c’erano altre realtà, ma io ricordo solo Eron, che in Riviera lo faceva a un buon livello.
Per rispondere alla tua domanda: vivo da solo da quando avevo 17 anni, prima a Roma nel 1997, cercando di non gravare troppo sulla mia famiglia. Nel 2000 ho iniziato a lavorare come direttore artistico per una casa di cartoon giapponese a Bologna, conquistando finalmente la mia indipendenza economica. Nel 2006/2007 ho firmato un contratto con una galleria di Milano, e da quel momento ho capito che potevo provare a vivere di arte a tempo pieno. Con il passare del tempo ho avuto la conferma definitiva: sono riuscito a comprare casa e studio a Opera (MI), dove lavoro a tempo pieno ancora oggi.

Io ti chiamo MrWany perché è così che ti ho conosciuto, ma immagino che questo non sia stato sempre il tuo nome. Ho detto bene o sto inventando?
Hai detto bene. Nel tempo ho firmato con altri nomi e la mia tag è cambiata insieme a me, come parte di un percorso creativo ed evolutivo. Sono tanti anni, tante fasi diverse: il mio estro e le mie lettere sono sempre state in movimento, ed è diventato un po’ il mio gioco. Ti do un’anticipazione: nel mio nuovo libro racconterò tutta l’evoluzione della mia tag e del mio style, fino alla nascita del mio personaggio iconico Hiroshi Kabuki, insieme al percorso che mi ha portato a essere e a fare quello che faccio, sia nel campo artistico che in strada. Studio, dedizione, passione smisurata e testa dura.

Fermo. Hai appena detto che ci sarà un nuovo libro e questa cosa per un collezionista come me è importantissima. Puoi darmi qualche altra anticipazione?
Beh, partiamo subito col dire che non sarà un libro, ma saranno ben tre volumi diversi.
_Nel primo racconterò la mia nascita artistica: l’approccio alla cultura hip hop, la golden age e le nottate brave.
_Nel secondo parlerò dei lavori su commissione e delle collaborazioni con diversi brand, attraversando esperienze come il fumetto, la grafica, l’illustrazione e il tattoo. Qui racconterò anche l’inizio dell’evento Amazing Day e l’arrivo nelle gallerie.
_Nel terzo volume entrerò nel percorso delle prime mostre importanti nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo: le opere, i concept, il nuovo muralismo e la direzione che voglio intraprendere negli anni a venire.
I tre volumi, da 208 pagine ciascuno, saranno racchiusi in un box in tiratura limitata di 600 pezzi, di cui 100 collector che presenterò e personalizzerò in un private parti in una secret location solo su invito. È il mio primo e unico libro monografico in previsione, quindi consiglio di non perderlo… sta già volando via in preorder sul sito



